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Il dramma di Gennaro Ciliberto è il dramma di tutto il Paese.

A questo punto, dopo il ricovero di Gennaro Ciliberto in ospedale, non sappiamo noi stessi- che siamo stati, purtroppo, gli unici a stargli vicini dopo che si sono tutti defilati, abbandonandolo – quello che succederà e quello che egli intende fare quando uscirà dall’ospedale.
Confessiamo, con il cuore in gola, che – di fronte ad una Roma che in tutte le sue articolazioni, a cominciare da quella cittadina, si è mostrata inaspettatamente fredda, apatica, indifferente rispetto a questa vicenda tragica – siamo stati tentati di portare lo striscione dell’Associazione Caponnetto per esporlo sulla macchina di Gennaro Ciliberto davanti al Viminale per far comprendere che, per quello che questo rappresenta, l’offesa non viene fatta solo alla singola persona autrice di questo gesto disperato ma all’intero Paese degli onesti e di coloro che combattono veramente e non solo con le chiacchiere contro le mafie –
Alla fine, però, abbiamo preferito desistere da tale proposito ad evitare che qualche idiota – il mondo è pieno di questa categoria di omuncoli – ci accusasse di speculare su questo dramma.
Abbiamo preferito, invece, lavorare in apnea cercando di stimolare le coscienze di tutti perché mostrassero solidarietà e vicinanza con i fatti a questa persona eccezionale.
Gli unici, però, che hanno risposto al nostro appello sono stati -dobbiamo dirlo per onestà intellettuale e non per fini politici che non ci interessano – alcuni parlamentari del M5S i quali hanno promesso di presentare interpellanze, mozioni e quant’altro per
velocizzare la pratica in sede amministrativa e giudiziaria ai fini del riconoscimento a Gennaro Ciliberto dello status di Testimone di Giustizia.
Li ringraziamo, anche se, prima di pronunciarci definitivamente, aspettiamo che alle promesse seguano i fatti.
Nessun altro si è fatto vivo per stringergli la mano, per dirgli “grazie”, per portargli una coperta, un bicchiere d’acqua, l’insulina di cui Gennaro Ciliberto aveva estremo bisogno.
Nè il Sindaco, nè un consigliere o un assessore, un qualsiasi esponente politico, un sacerdote, né tutti i signori della Regione Lazio che si riempiono la bocca di parole come lotta alle mafie, legalità, giustizia e così via.
Nella telefonata drammatica che Gennaro ci ha fatto ieri sera, intorno alle 20, per annunciarci che lo avevano ricoverato, ci ha anche manifestato il suo proposito di ritrattare tutto quello che ha dichiarato alle Procure ” perché questo stato e questo paese non meritano niente e voglio andarmene all’estero”.
Un pugno in piena faccia che ci ha indotto a chiederci se anche da parte nostra non si è forse fatto tutto quello che era necessario fare per vincere la montagna di pastoie burocratiche che sono tipiche di questo Paese e che lo relegano agli ultimi posti dell’elenco delle nazioni civili, pastoie che stanno esponendo Gennaro, insieme alla famiglia che non vede da tempo, al rischio di possibili ritorsioni dopo le denunce da lui presentate.
Non sappiamo se ritratterà rendendo vano tutto il lavoro fatto dalla magistratura finora e ci auguriamo di no.
Ma se lo facesse non ce la sentiremmo di dargli torto perché l’amarezza di constatare che lo stato-mafia sta ormai prevalendo, con la responsabilità oggettiva o soggettiva di TUTTI, nessuno escluso, sullo Stato-Stato sta devastando anche la nostra mente ed il nostro cuore.