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Il delicato problema dell’adeguatezza degli impianti investigativi e giudiziari nel Lazio e, in particolare, nel Basso Lazio. Sta andando via da Latina, per fine periodo di comando, il Comandante Provinciale delle Fiamme Gialle Colonnello Kalenda, un Ufficiale dalle alte qualità umane e professionali e questo ci rende felici per lui ma ci preoccupa perché viene a mancare un pilastro,. forse insostituibile, per la lotta alla criminalità economica.

Si ripropone drammaticamente il problema della riorganizzazione di tutto l’impianto investigativo in provincia di Latina, e, con questo, anche di quello giudiziario, per quanto riguarda l’azione di contrasto delle mafie.
Nessuno ne parla più perché evidentemente la cultura mafiogena, diffusa a piene mani grazie anche alle complicità oggettive o soggettive di una parte della classe politica ed all’ottusità di un’altra parte, sta producendo i suoi frutti.
La lotta alle mafie, insomma, non è materia dell’agenda politica pontina e laziale, purtroppo.
La provincia di Latina in questo contesto assume una sua peculiarità perché la sua posizione a cavallo fra Roma e Napoli e la sua collocazione tutta sul litorale tirrenico l’hanno resa nei decenni trascorsi particolarmente appetibile da parte delle organizzazioni criminali e delle orde di speculatori e di affaristi di tutto il Paese, per non dire anche del mondo (non a caso all’inchiesta su “caso Fondi” è stato attribuito il nome “Damasco”… ). Organizzazioni che, infatti, sono presenti ed attive in massa, irrobustite, peraltro, da falangi di soggetti indigeni la cui esistenza ha fatto sì che oggi la mafia – o per meglio dire, le mafie- siano state in grado di contaminare in maniera perfetta il tessuto locale fino a diventarne parte integrante.
A fronte di tale fenomeno, lo Stato è stato completamente assente, tant’è che, se qualche azione di contrasto c’è stata, essa è stata la classica goccia d’acqua nell’oceano e, comunque, essa è
Commento [P1]:
stata svolta per lo più ad opera di apparati esterni alla provincia ed anche alla regione.
L’errore che oggi si fa è quello di continuare a guardare, alcuni in buonafede perché disinformati, ma la maggior parte in malafede perché evidentemente collusi, le mafie come corpi estranei al tessuto locale, a gente venuta da fuori regione, campani, calabresi e siciliani per lo più, analfabeti. Le vecchie generazioni di questa genia sono in gran parte morte ed oggi ci sono i figli, laureati nelle migliori università, professionisti affermati, individui con la fedina penale probabilmente pulita ai quali le leggi italiane, ipergarantiste nei confronti dei mafiosi, non consentono, purtroppo, di andare a chiedere la “provenienza” dei loro capitali (le carenze legislative in materia di lotta alle mafie! e nessuno provvede).
Poi c’è tutto l’esercito dei collusi, imprenditori, politici, uomini delle istituzioni, professionisti ecc..
Una situazione, insomma, che avrebbe imposto la costruzione di un apparato di contrasto, da parte dello Stato, di eccellenza.
Fatta qualche rara eccezione, tale apparato ha mostrato, invece, quasi sempre una mediocrità disarmante al punto da farci sospettare l’esistenza di un piano segreto di cessione di tutto il Basso Lazio e, in particolare, della provincia di Latina e del Cassinate ad una mafia diventata ormai Stato.
Non riusciamo, infatti, a comprendere le ragioni per le quali, ad esempio, mentre in Campania ci sono 3 DDA, nel Lazio ce n’è solo 1; mentre in Campania le Procure ordinarie sono attive, con
l’applicazione dell’art.51 comma 3 bis del CPP, sul piano dell’azione di contrasto delle mafie, nel Lazio è tutto il contrario; mentre in Campania si elabora il “modello Caserta” che vede la stretta collaborazione di tutti gli apparati investigativi e giudiziari, nel Lazio la mano sinistra non sa quello che fa la destra e viceversa.
E, dulcis in fundo, la qualità del personale.
Un discorso delicato, scomodo, ma che va fatto.
Nel Lazio, fatte alcune eccezioni come, ad esempio, il dr. Pignatone e qualche altro, non ci sono state quelle grandi figure di Procuratori che sono o sono stati in Campania.
Per non parlare, poi, dei Comandanti provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza, dei Questori e così via.
Vanno fatte, a questo punto, delle distinzioni.
Non tutto è grigiore e non tutto è mediocrità, ad onor del vero.
In provincia di Frosinone, ad esempio, abbiamo avuto grandi Comandanti provinciali della Guardia di Finanza come il Colonnello Salato il cui posto è occupato ora da un altrettanto eccellente comandante qual’è il Colonnello Piccinini già a capo del GICO regionale; poi ci sono anche il Colonnello Menga dei Carabinieri, ottimo Ufficiale e Comandante provinciale dell’Arma, il dirigente del Commissariato della Polizia di Stato di Cassino, il Dr. Francesco Putortì con una lunga esperienza nella DIA e che forse avrebbe meritato, perciò, di essere utilizzato come capo della Squadra Mobile in Questura.
Resta insoluto il discorso dell’utilizzo della Procura di Cassino come punta di diamante nell’attacco alla camorra proveniente dalla confinante Campania. Quello di Cassino è il primo presidio giudiziario del Lazio al confine con la zona dei casalesi e di tutti gli altri clan e dovrebbe, pertanto, essere il fortino più combattivo dello Stato contro la criminalità soprattutto economica.
Giudicate voi se lo è perché non vogliamo scatenare altre polemiche, oltre alle tante che ci sono già state al riguardo nei nostri confronti!
Veniamo a Latina.
Sta per andare via, dopo il rituale periodo di comando, il Colonnello Kalenda, Comandante Provinciale della Guardia di Finanza.
Abbiamo avuto modo di apprezzare le sue eccellenti qualità umane e professionali.
Forse ce ne siamo accorti in ritardo, distratti da tante altre vicende che hanno interessato in passato quel Corpo.
Possiamo dire, con assoluta tranquillità, che Latina ha avuto con la presenza del Col. Kalenda il miglior Comandante, almeno delle Fiamme Gialle, dal dopoguerra ad oggi.
Egli ha saputo ricostruire un’immagine dello Stato che si era andata negli anni andati deteriorando a seguito di comportamenti e vicende alquanto delicate.
Il vuoto che lascerà sarà sicuramente incolmabile e noi siamo veramente preoccupati perché, a dire il vero, a fronte di una
Guardia di Finanza che ha raggiunto, proprio grazie a Kalenda, un livello di efficienza abbastanza apprezzabile e che speriamo che con la sua andata via non si perda nuovamente, non altrettanto si può dire degli altri corpi di polizia.
Noi stiamo insistendo da tempo per la creazione a Formia di un Distretto di Polizia da creare con l’unificazione dei due Commissariati attuali di Formia e Gaeta, struttura unificata che bisogna rendere assolutamente efficiente, al pari, si può dire, di quella Scampia, su un territorio devastato da una camorra arrogante e padrona di quasi tutto.
La nostra proposta ha una logica in quanto fa parte di tutto un piano di ristrutturazione che noi abbiamo elaborato per evitare che si perpetuino ingiustificabili aree di inerzia o, comunque, di inadeguatezza veramente esiziali per lo Stato di diritto.
Abbiamo chiesto a TUTTI i gruppi parlamentari di confrontarsi con noi su queste proposte, ma HANNO VOLUTO INCONTRARCI SOLAMENTE I PARLAMENTARI DEL M5S.
Agli altri evidentemente non interessano i problemi della lotta alle mafie!
Ci ritorneremo.