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Il CLAN DEI CASALESI imperatore degli appalti. Nicola Schiavone: “Con un sondino e una microcamera attivati da due super esperti di Torre Annunziata e di nostra fiducia, sapevamo ogni cosa delle offerte presentate. E su Michelangelo Madonna e Dionigi Giusti…”

19 Ottobre 2022 – 13:29

Quando abbiamo cominciato a trattare la parte dell’ordinanza del 3 maggio, imperniata sulla figura di Dante Apicella, non eravamo molto convinti che questa potesse offrire degli spunti interessanti e soprattutto originali. Al contrario, qui ci si confronta con un Nicola Schiavone un pò diverso da quello che eravamo abituati a leggere in altre sue dichiarazioni. IN CALCE ALL’ARTICOLO, LO STRALCIO ODIERNO DELL’ORDINANZA

CASAL DI PRINCIPE – (g.g.) Bisogna cercare sempre di essere sereni e scevri da pregiudizi quando si valutano le dichiarazioni che negli ultimi 4 anni ha rilasciato ai magistrati della direzione distrettuale antimafia Nicola

Schiavone, figlio di Francesco Schiavone Sandokan, di cui ormai declinare le generalità criminali è divenuto esercizio assolutamente pleonastico. Questo giornale ha rivendicato e ha utilizzato la libertà di pensiero quando le dichiarazioni di Nicola Schiavone non ci hanno convinti. Non abbiamo adottato una prosa suadente e caramellosa. Su Nicola Schiavone abbiamo anche formulato giudizi duri, che tali, però, sono stati solo nel momento in cui hanno rappresentato l’epilogo di trattazioni molto analitiche, mosse sempre e comunque da materiale documentale.

Oggi, con lo stesso approccio totamente laico, dato che non abbiamo nessun interesse nel voler dare a Nicola Schiavone la qualifica di bugiardo o di persona che carica di significati effettuali cose che lui ha solo sentito dire, andiamo ad osservare gli stralci degli interrogatori utilizzati dalla Dda, nel caso specifico dal pubblico ministero Antonello Ardituro, nella parte della ordinanza di mille pagine in cui questa tratta delle attività criminali dell’imprenditore-camorrista Dante Apicella. Un’attenzione che noi sviluppiamo e rivolgiamo a questi passi dell’atto giudiziario, dopo aver utilizzato più di 4 mesi per setacciare e raccontare dettagliatamente tutti quelli relativi ad una figura che pure ha contato e forse conta ancora nella vita della famiglia di Francesco Schiavone Sandokan stiamo parlando di un altro Nicola Schiavone, stiamo parlando di colui che viene definito dallo stesso Francesco Schiavone Sandokan nel corso di un colloquio carcerario registrato con i suoi congiunti, il monaciello, un suo coetaneo, nato dunque nel 1954 e divenuto un vero e proprio mattatore in grado di muovere come sue pedine i più alti dirigenti di Rete Ferroviaria Italiana, cioè una delle aziende di stato maggiormente strategiche.

Abbiamo già espresso qualche nostro punto di vista su queste specifiche propalazioni del primogenito del fondatore del clan dei casalesi. A nostro avviso, sono molto più convincenti di tante altre. Se infatti, è sicuramente vero che Nicola Schiavone possiede una cultura ben superiore a quella degli altri camorristi ed è dunque perfettamente in grado di leggere, di interpretare migliaia e migliaia di pagine di atti giudiziari da cui potenzialmente modellare o rimodellare i contenuti delle proprie dichiarazioni, è anche vero che nei casi di cui ci stiamo occupando, lui fa riferimento a fatti specifici, agevolmente controllabili, riscontrabili. Fa molti nomi e cognomi e li collega a procedimenti amministrativi ad esempio gare d’appalto che, o sono andati come lui li ha raccontati oppure non sono andati come lui li ha raccontati, essendo difficile trovare dentro alle dichiarazioni degli elementi di sfumatura, di terze verità.

Come sempre, non ci siamo tirati indietro e non abbiamo lasciata da sola la nostra valutazione sulla maggiore consistenza delle dichiarazioni, trafuse dalla Dda e poi dal gip del tribunale di Napoli Giovanna Cervo nella suddetta ordinanza, abbiamo formulato un’affermazione e abbiamo spiegato, come sempre facciamo, dettagliatamente, su quali basi questa poggia.
Oggi, pubblichiamo uno stralcio molto breve, ma solo perchè contiene un elemento interessante da non contaminare con ulteriori contenuti di trattazione. Sono parole, messe a verbale in un interrogatorio svoltosi il 12 ottobre del 2018, dunque a tre mesi di distanza dall’ufficializzazione del “pentimento” di Nicola Schiavone.
Siccome si tratta di una area dell’ordinanza relativa a Dante Apicella, si parla esclusivamente di lavori pubblici, di cantieri oppure, come abbiamo fatto lo scorso 24 settembre (CLIKKA E LEGGI), dell’incredibile capacità del clan dei casalesi di guadagnare soldi con gli appalti collegati ad attività di riqualificazione dei beni confiscati ad esso stesso confiscati e che rimanevano invece sotto il pieno controllo dei camorristi attraverso le vaste collusioni che il clan aveva con amministratori comunali, dirigenti e, più in generale con tutti coloro che in un comune erano titolari di una potestà. Attraverso quegli appalti il clan dei casalesi rideva dello stato, dato che i soldi incassati per i lavori venivano per la maggior parte utilizzati per ristorare i proprietari degli immobili sotto confisca.
Anche nello stralcio odierno fa qualche nome. Niente di clamoroso, niente di diverso da ciò che ha già coinvolto determinati personaggi, in passato, nelle trame della camorra.

Dionigi Giusti, fratello di Aniello Giusti, titolare della società Giada di Casal di Principe, sottoposta a sequestro preventivo nell’anno 2010 e nell’ambito dell’inchiesta denominata Normandia, e poi dissequestrata nel 2012. Il secondo nome è ancora più noto: trattasi di Michelangelo Madonna, oggi 64enne, con un significativo passato politico, visto e considerato che ha svolto la funzione di consigliere provinciale nei primi anni di questo secolo, sempre eletto nelle liste di Forza Italia.

Nicola Schiavone parla del rapporto con gli imprenditori Dionigi Giusti e Michelangelo Madonna come sottolineandone una consistenza, una solidità gradualmente cresciuta nel tempo. Schiavone afferma di essere stato, di fatto, l’assoluto monarca, l’assoluto dittatore di tutti i procedimenti amministrativi, relativi a quelle gare di appalto a cui era interessato. Era lui a decidere l’impresa che avrebbe dovuto aggiudicarselo, e incaricava Dante Apicella di montare il palcoscenico, di individuare, nella sua scuderia, quelle ditte che si sarebbero prestate a far finta di partecipare realmente, concordando preventivamente la propria offerta in modo da non creare disturbo, anzi in modo da valorizzare quella della ditta designata da Nicola Schiavone.

Questo controllo ferreo dei meccanismi delle gare di appalto, che ha messo nelle disponibilità del clan milioni e milioni di euro (Nicola Schiavone in questo stralcio ne cita una di due milioni di euro per lo scavo della rete idrica e fognaria di Casal di Principe) non era, a volte, sufficiente. E allora, non volendo lasciare tracce di apertura illegale delle buste, in modo da controllare le offerte presentate, rimodulando magari quella della ditta designata, il clan dei casalesi ricorreva a due autentici specialisti. A due fratelli di Torre Annunziata, i quali, racconta Schiavone “utilizzavano un sondino, manovrandolo, che introduceva una micro camera all’interno della busta e che consentiva di leggere l’offerta”.
In pratica, aggiungiamo noi, una sorta di ecografia, di gastroscopia o cistoscopia. In questo contesto molto organizzato, che Nicola Schiavone dichiara di aver gestito in maniera tutt’altro che estemporanea, ma avendo sempre a disposizione un quadro articolato di tutti gli appalti già banditi o in attesa di esserlo, Giusti che lui definisce un imprenditore dell’edilizia molto preparato, ma che poco aveva raccolto in quanto, avendo pochi mezzi economici, la sua ditta era piccola e si era dedicata a lavori di importo non elevato frutto di bandi e di gare realizzate in comuni diversi da Casal di Principe, comincia ad inserirsi, dichiarandosi disponibile a svolgere funzioni complementari in queste gare d’appalto. E lo stesso fa Michelangelo Madonna, ciò, sempre stando alla ricostruzione offerta da Schiavone, ha permesso questi due imprenditori di crescere nella considerazione di affidabilità, agli occhi del clan e di cominciare ad essere loro i terminali degli appalti milionari. Ed ecco quella modalità, riguardante il contenuto delle dichiarazioni di Nicola Schiavone che ce le fa considerare più solide, più importanti di alcune altre rilasciate in altri contesti investigativi.

Il figlio di Francesco Schiavone Sandokan, infatti, dichiara che, alla luce della disponibilità mostrata nel tempo dai due imprenditori, lui avrebbe deciso di assegnare, in autonomia, ci perdonerete la battuta, da vera centrale appaltante del comune di Casal di Principe, a Dionigi Giusti e a Michelangelo Madonna, i già citati lavori per un importo di circa due milioni di euro, consistenti nelle attività di scavo per la strutturazione della rete idrico-fognaria.
Insomma, Nicola Schiavone dice una cosa netta che, come abbiamo già spiegato all’inizio di questo articolo, è oppure non è.

Quel bando fu eseguito, trovò il suo sfogo in una gara d’appalto? O è sì o è no. E se è sì, quella gara fu vinta magari in Ati, dalle imprese di Dionigi Giusti e Michelangelo Madonna? O sì o no e se magari a vincerla fu un’altra impresa o altre imprese, queste sono facilmente riconducibili agli interessi e al portafoglio di Dionigi Giusti e Michelangelo Madonna? In questo caso, il controllo, la verifica è leggermente più complessa ma la mappatura delle relazioni imprenditoriali di Casale è arcinota a noi di CasertaCe e riteniamo o sia ancor di più ai magistrati della Dda di Napoli.

Fonte:https://casertace.net/il-clan-dei-casalesi-imperatore-degli-appalti-nicola-schiavone-con-un-sondino-e-una-microcamera-attivati-da-due-super-esperti-di-torre-annunziata-e-di-nostra-fiducia-sapevamo-ogni-cosa-delle-offe/