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Il cibo in carcere è un affare. Vince la stessa azienda a cifre stracciate

Il cibo in carcere è un affare. Vince la stessa azienda a cifre stracciate

NELLO TROCCHIA

18 aprile 2022 • 06:00

  • Nonostante le promesse di cambiamento, gli interventi della magistratura contabile e amministrativa, la presa di posizione della ministra Marta Cartabia, il cibo in carcere continua a essere un affare per pochi e soprattutto a basso costo.
  • Le ultime assegnazioni riguardano i pasti “offerti” ai detenuti e alle detenute campane. Il vitto è stato aggiudicato dalla società Ventura con un ribasso di circa il 40 per cento.
  • Soli 3,29 euro per garantire colazione, pranzo e cena. Già in passato i detenuti avevano lamentato la scarsa qualità del cibo. L’azienda non parla, il dipartimento risponde nel merito e promette verifiche. «Su entrambi i contratti saranno garantiti stringenti controlli», dice Lucia Castellano, provveditore regionale della Campania.

Nonostante le promesse di cambiamento, gli interventi della magistratura, la presa di posizione della ministra della Giustizia Marta Cartabia, il cibo distribuito nelle carceri di tutta Italia continua a essere un affare per pochi, l’ultimo caso riguarda gli istituti di pena della regione Campania: costi bassi e stessa azienda fornitrice.

Nel caso specifico, l’appalto per il vitto e il sopravvitto è stato assegnato alla ditta Domenico Ventura srl. Più in generale, il meccanismo di aggiudicazione degli appalti presenta diverse criticità, messe in evidenza negli anni anche dalla magistratura.

IL VITTO D’ORO

Il vitto è il pasto che viene distribuito ai detenuti dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap): colazione, pranzo e cena. Il sopravvitto sono i prodotti che i detenuti possono comprare dallo spaccio del carcere. Le aziende che vogliono candidarsi alla distribuzione giornaliera partecipano ai bandi di appalto presentando le relative offerte.

I problemi che si sono registrati negli anni sono tre. Il primo è relativo allo svolgimento delle gare, per decenni sono state segretate. Il Dap, nel 2017, dopo diverse proteste e denunce da parte dei garanti regionali dei detenuti e delle associazioni, ha eliminato il sistema della segretazione annunciando un corso nuovo.

Eppure, se un problema è stato risolto, il nuovo iter ha mantenuto inalterati altri due problemi. Innanzitutto, la partenza della base d’asta per il vitto a soli 3,19 euro. Una cifra insufficiente a garantire una qualità minima dei pasti, su cui è intervenuto anche il Consiglio di stato nel 2019.

È stato messo in discussione, questo il terzo problema, anche l’automatismo che concedeva la gestione del sopravvitto alle stesse imprese che si aggiudicavano la gara per i pasti giornalieri. Per risolvere i due problemi appena menzionati, il dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha emanato un disciplinare con cui ha aumentato la base d’asta a 5,70 euro e ha lasciato ai provveditorati la possibilità di scorporare i bandi per fornire vitto e sopravvitto.

IL CASO DEL LAZIO

Nonostante le indicazioni del Dap, molti bandi non hanno recepito le indicazioni. La Corte dei conti è intervenuta nel Lazio annullando una gara e, di fatto, terremotando le gare in tutta Italia.

A giugno 2021, Carmelo Cantone, provveditore regionale del Lazio, Molise e Abruzzo, ha firmato i decreti con cui venivano confermati gli affidamenti per l’approvvigionamento e la consegna delle derrate alimentari in carcere. A inizio settembre la sezione regionale del Lazio della Corte dei conti ha deciso di non registrare i decreti di approvazione dei contratti affidati alla ditta Domenico Ventura srl. I magistrati contabili hanno sollevato perplessità «sulla legittimità a monte delle modalità di determinazione dell’oggetto del servizio».

Il rilievo ha riguardato in particolare la decisione di assegnare alla stessa azienda sia il vitto sia il sopravvitto. Pratica che avrebbe potuto produrre, per come concepita dal bando di gara, «un potenziale conflitto di interesse a discapito della qualità dei servizi alimentari primari offerti ai detenuti».

I giudici contabili hanno evidenziato che se il vitto ha una base d’asta di 5,70 euro, e le aziende propongono cifre al ribasso, si genera il seguente effetto: per compensare il basso guadagno si produce un aumento del costo del sopravvitto.

Nel caso in esame l’azienda ha offerto un ribasso del 58 per cento, impegnandosi a consegnare una colazione, un pranzo e una cena a 2,39 euro per ogni detenuto. «I disciplinari non li crea il provveditore, ma il Dap che, fino a quando non si è materializzata questa bocciatura, non è mai stato soccombente», ha detto il provveditore Carmelo Cantone.

NULLA È CAMBIATO

Il caso è arrivato addirittura in parlamento dopo la presentazione di un esposto alla procura e alla Corte dei conti da parte di Gabriella Stramaccioni, garante dei detenuti di Roma. La ministra Marta Cartabia ha quindi annunciato la separazione delle gare di vitto e sopravvitto, l’annullamento delle assegnazioni e l’indizione di nuovi bandi. Ma non è cambiato molto.

Sul sito del ministero della Giustizia ci sono gli esiti delle gare bandite regione per regione. Le ultime assegnazioni riguardano i pasti “offerti” ai detenuti e alle detenute campane. L’appalto per il vitto è stato ottenuto dalla ditta Ventura srl a un costo di 3,29 euro per i primi due lotti, 3,47 euro per gli altri due lotti, con un ribasso di circa il 40 per cento. Ma la ditta Ventura si è aggiudicata anche la gara con procedura negoziata per il sopravvitto (quattro lotti, un altro è stato assegnato a Sepa), come emerge dal decreto firmato da Lucia Castellano, provveditore reggente della Campania.

Le gare sono state separate, ma separatamente le ha vinte sempre la stessa ditta, Domenico Ventura srl. La procedura era diversa, ma l’esito era identico. Un esito che i magistrati hanno bocciato perché denotava «un potenziale conflitto di interesse a discapito della qualità dei servizi alimentari primari offerti ai detenuti».

Come è possibile garantire tre pasti dignitosi con soli 3,29 euro a detenuto? «Hanno offerto questa cifra, riusciranno a garantire il servizio acquistando le cose all’ingrosso e giocando sulla quantità. C’è un controllo molto severo sulle gare, se ne occupa una commissione di vigilanza presso il provveditorato. Applicheremo penali nel caso in cui la qualità dovesse rilevarsi scarsa», dice Lucia Castellano, provveditore regionale della Campania che ha firmato i decreti di affidamento, già assessore nella giunta di Giuliano Pisapia a Milano e consigliera regionale lombarda.

Sul perché vitto e sopravvitto vengono affidati alla stessa ditta, Castellano dice: «Sono due contratti diversi e sono due procedure di controllo diverse. Comunque vigileremo sulla qualità del cibo, auspicavamo la partecipazione di altre ditte e un prezzo di aggiudicazione diverso, ma tutto è avvenuto secondo le disposizioni di legge».

Non si poteva prevedere un divieto di cumulo di entrambi gli affidamenti? «Il conflitto d’interessi non c’è perché il vitto è stato assegnato con gara, il sopravvitto è una concessione. La ditta ha l’obbligo di calmierare i prezzi, sono obbligati a fare sconti, a fare promozioni. Aver diviso vitto e sopravvitto è stata una scelta importante e questo permette una contrattualistica diversa. Su entrambi saranno garantiti controlli stringenti», conclude Castellano.

«A Poggioreale ho verificato che, nel nuovo listino consegnato ai detenuti, i prezzi di molti prodotti si sono abbassati e questa è una buona notizia, ma adesso dobbiamo vigilare sulla qualità dei pasti», dice Pietro Ioia, garante dei detenuti di Napoli. L’azienda, invece, non ha voluto rilasciare commenti.

Fonte:https://www.editorialedomani.it/fatti/il-cibo-in-carcere-e-un-affare-vince-la-stessa-azienda-a-cifre-stracciate-ypcbvk09