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Il ” certificato antimafia”, un documento che non serve a niente! Ma nessuno ne parla e fa qualcosa per modificare la legge!!!

IL “CERTIFICATO ANTIMAFIA”: UN DOCUMENTO CHE NON SERVE A NIENTE!…

Si fa un gran parlare in Italia di mafia e della sua storia, ma sono pochi coloro che parlano del “ come” la mafia riesce ad inserirsi nei gangli vitali della nostra società e della nostra economia e, soprattutto, del “che” fare per evitare che tutto ciò continui.

In uno degli ultimi numeri di “LEFT AVVENIMENTI” si è parlato della… facilità con la quale talune imprese talvolta riuscivano ad ottenere il “certificato antimafia” da una Prefettura del sud Italia.

Parliamo, ovviamente, di imprese in odor di camorra.

La notizia avrebbe dovuto aprire un ampio dibattito sull’inutilità di un documento ormai vecchio e superato.

Basta, infatti, che un camorrista intesti la sua società ad alta persona, ovviamente “pulita”, e l’ostacolo è superato.

Oppure basta avere la persona “giusta” negli uffici competenti o, ancora, basta avere la persona “autorevole” che fa pressioni ed il problema è risolto.

Ma, a parte tutto ciò, c’è un altro aspetto che pochi finora hanno preso in considerazione.

L’Autorità Giudiziaria non potrà mai informare le Prefetture sui dettagli delle indagini in corso su tizio o caio.

Se facesse ciò, salterebbe tutto il lavoro investigativo in quanto l’indagato verrebbe a conoscenza, in virtù della legge sulla trasparenza che gli consentirebbe l’accesso agli atti, di quanto si sta accertando a suo carico e, ovviamente, con la legislazione che c’è in Italia farebbe del tutto per vanificarlo.

Le Prefetture, quindi, non dispongono di un quadro complessivo su un soggetto se non dopo una ventina di anni, ad iter investigativi e giudiziari conclusi.

Con la legislazione italiana, campa cavallo!

A noi capita spesso di entrare in conflitto con amministratori pubblici che… puntualmente ci accusano… di… “fare allarmismo” perché le… “carte sono a posto” e i… “certificati antimafia sono stati regolarmente acquisiti”!…

Amministratori pubblici in malafede, ovviamente, perché, se non fosse così, essi avrebbero –ringraziandoci per il suggerimento-fatto come hanno fatto i responsabili della Regione Piemonte i quali hanno stipulato un patto con la DIA in virtù del quale, prima dell’aggiudicazione di tutte le gare pubbliche, a tutti i livelli, viene trasmesso a quell’organo investigativo, per l’OK definitivo, l’elenco delle imprese che hanno chiesto di parteciparvi.

Questo significa voler combattere le mafie!

Ma nel Lazio chi ti ascolta???!