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Il «capolavoro» della ‘ndrangheta. «Vi spiego come ha pianificato l’ingresso nelle logge massoniche»

Le parole del gran maestro Di Bernardo nella relazione della Commissione parlamentare antimafia. «La massoneria è debole, preda delle mafie. Fino al 73% degli iscritti non individuabili, c’è il ris…

Pubblicato il: 17/11/2022 – 7:00

di Pablo Petrasso

LAMEZIA TERME Ci sono alcuni punti fermi nel racconto dei rapporti tra ‘ndrangheta e massoneria in Italia (e, di conseguenza, in Calabria). Uno di questi è Giuliano Di Bernardo, già gran maestro del Grande Oriente d’Italia. Nella relazione della Commissione parlamentare antimafia sui tentativi di infiltrazione delle mafie nelle logge, Di Bernardo occupa uno spazio importante. Le sue analisi sono tenute da conto nelle 86 pagine del rapporto divenuto pubblico nelle scorse ore. Per spiegare come le cosche calabresi siano – a suo dire – riuscite nel tentativo di mettere un piede nella massoneria, Di Bernardo parte apparentemente da lontano. E cita indagini che hanno acceso i fari sulla presenza della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta. Lo fa perché precisa di conoscerne «i vari risvolti». Ed evidenzia – i virgolettati sono tratti dalla relazione «come l’indagine abbia fatto emergere la raffinatezza criminale del modus operandi della ‘ndrangheta calabrese, che non esita a definire un vero “capolavoro”».

Il progetto «pianificato e realizzato» dalla ‘ndrangheta

Per il gran maestro «il progetto perseguito dai massimi esponenti della ’ndrangheta, già presenti in logge massoniche, di conquistare determinate posizioni di potere pubblico nella Regione è stato pianificato e puntualmente realizzato sfruttando abilmente la stessa rete di relazione massonica, cioè coltivando opportuni contatti con i “fratelli”, posti in posizioni chiave negli assetti locali di potere, iscritti alle logge aostane». Un meccanismo che riporta a quanto ipotizzato da Agostino Cordova, il procuratore della Repubblica di Palmi che aveva «teorizzato negli anni Novanta, senza essere creduto, cioè che il progetto di espansione al Nord della ’ndrangheta facesse perno su una pianificata infiltrazione nelle logge massoniche». Spiegazione, questa, che il magistrato avrebbe dato a Di Bernardo «quando questi gli chiese le ragioni per cui la procura di Palmi era interessata ad acquisire gli elenchi di tutti gli iscritti all’obbedienza massonica di cui egli era all’epoca Gran Maestro».

«In una obbedienza percentuale del 73% di nominativi non identificabili»

Da anni le commissioni parlamentari antimafia si interrogano sulla presunta “scalata” delle mafie alle obbedienze massoniche. Offrono suggerimenti che, per buoni o cattivi che siano, restano impantanati negli ingranaggi decisionali. Il gran maestro che figura in cima alle audizioni rievocate nel documento ha modo di ricordare gli esiti ai quali pervenne l’inchiesta svolta dalla Commissione parlamentare antimafia nella precedente legislatura dopo i sequestri degli elenchi degli iscritti. In quella circostanza, «furono trovati, in relazione a una obbedienza (G.L.R.I.) nominativi non identificabili in una percentuale particolarmente significativa (pari al 73,3%), tanto da escludere che potesse trattarsi di un mero errore nell’inserimento dei dati».
Il commento di Di Bernardo: «Vi rendete conto? Il 73,7 per cento degli iscritti non risulta identificabile! Anche nel Grande Oriente vi è una percentuale importante anche se di minore entità, allora la domanda è: “Che cosa significa tutto questo? Com’è possibile che a un nome, cognome e indirizzo non corrisponda una persona reale e concreta? Come è possibile?”. Finché io sono stato Gran Maestro ad ogni nominativo corrispondeva anche un fascicolo cartaceo, finché io sono stato Gran Maestro della Gran Loggia Regolare d’Italia, questo per nove anni, ogni anno io ho consegnato al Ministro dell’interno l’elenco degli iscritti alla mia Gran Loggia». Per il gran maestro «il vero cuore del problema» sarebbe «la mancanza di trasparenza degli elenchi degli iscritti alla massoneria». Ne discende che «la non identificabilità degli iscritti rappresenti un nuovo modo per realizzare una forma di copertura, ma non per questo meno pericolosa, in favore degli iscritti alle logge coperte di un tempo».

«Come ho scoperto le logge coperte»

Gli elenchi pieni zeppi di “anonimi” rimandano, ancora, a un altro episodio raccontato da Di Bernardo ai commissari. Nel corso dell’audizione, l’ex “capo” del Grande Oriente d’Italia «ha ricordato che all’atto di assumere la funzione di Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia ebbe l’opportunità di raccogliere “prove materiali e documentate” che il suo predecessore, Armando Corona, aveva costituito logge coperte e ha riferito di aver compiutamente reso pubbliche queste circostanze anche in uno dei suoi libri». La prova
materiale dell’esistenza di una loggia segreta la ebbe in particolare «quando un “fratello” si recò da lui, dichiarando esplicitamente di essere “all’obbedienza della loggia coperta di Armando Corona”, e chiese candidamente “poiché a me piace stare in compagnia dei Gran Maestri” di transitare nella loggia coperta di Di Bernardo, dando per scontato che anche lui, come i suoi predecessori, avesse all’atto della sua nomina a Gran Maestro, costituito un’entità separata di tale specie». Di Bernardo, a quel punto, chiese al massone «di formulare per iscritto tale singolare richiesta, beninteso indicando esplicitamente la loggia coperta di provenienza. Grazie a questo espediente ricevette una prova inconfutabile dell’esistenza di quella loggia coperta». Il caso segnalato, però, fu archiviato per un “buco” nella legge “Spadolini-Anselmi” («è stata scritta da massoni», dice Di Bernardo secondo quanto riportato nella relazione).

«La massoneria oggi è debole, può diventare facile preda delle mafie»

Da profondo conoscitore delle dinamiche della massoneria, Di Bernardo offre una lettura «delle caratteristiche assunte in Italia dal fenomeno che alterna periodi di splendore e potenza ad altri di crisi e debolezza». Il gran maestro «ritiene che la complessa costellazione dei movimenti massonici presenti sul territorio nazionale stia attraversando attualmente una fase di crisi e debolezza senza precedenti, “come non c’è mai stata in Italia” e che questa situazione sia tutt’altro che tranquillizzante, atteso che, com’è accaduto in passato e in altri Paesi stranieri, “quando un’obbedienza massonica è debole ed è in crisi, diventa facile preda di organizzazioni criminali che cercano di impossessarsene”». Considerazione, questa, che riconduce direttamente all’allarme per i tentativi di infiltrazione della ‘ndrangheta (e non solo): «Di Bernardo – sintetizza la relazione – ha affermato di credere, pertanto, che ciò sia quello che si sta effettivamente verificando nel nostro Paese e rileva che la consistenza della forma di copertura degli iscritti più sopra illustrata sia un indizio indiretto che confermerebbe la sua ipotesi». Bassa trasparenza ed elenchi virtuali sarebbero la spia di un fenomeno inquietante. Il «capolavoro» della ‘ndrangheta in Valle d’Aosta potrebbe essere soltanto un esempio. (p.petrasso@corrierecal.it)

fonte:https://www.corrieredellacalabria.it/2022/11/17/il-capolavoro-della-ndrangheta-vi-spiego-come-ha-pianificato-lingresso-nelle-logge-massoniche/