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Il burattinaio di Calabria, tra massoneria, clan e senatori di fiducia

L’Espresso, Venerdì 3 Giugno 2016

Il burattinaio di Calabria, tra massoneria, clan e senatori di fiducia
In carcere per aver favorito la ’ndrangheta l’avvocato Paolo Romeo. Secondo gli inquirenti è al vertice del comitato d’affari che gestisce Reggio. Detteva le interrogazioni da fare ad alcuni parlamentari. E poteva contare anche sull’amicizia con un importante prete calabrese

di Giovanni Tizian

Un circolo esclusivo e anonimo dal nome marinaro: Posidonia. Che cela una sorta di loggia massonica, simile a un comitato d’affari. Frequentato dal sacerdote, dal marchese, dall’ingegnere, dall’avvocato, dal magistrato, dal politico e dall’imprenditore. A gestirlo, sopra tutto e tutti, lui: Paolo Romeo, considerato l’eminenza grigia di Reggio Calabria. Nel club culturale più che di massimi sistemi si parla di questioni terrene, affari e finanziamenti.

Il protagonista di questa cerchia elitaria è proprio Romeo. La sua figura è la conferma alla tesi che gli inquirenti reggini sostengono da qualche anno: esiste un livello superiore del crimine organizzato. Un livello riservato sconosciuto alla maggior parte degli affiliati. Romeo è avvocato, nato nel ’47. È stato fascista tra le barricate dei moti di Reggio Calabria; massone per vocazione; deputato eletto con il Psdi nel primo governo Amato, l’anno delle stragi di mafia e di Tangentopoli; complice dei clan; professionista apprezzato, animatore di eventi cittadini. Uno che risolve problemi di ogni tipo. È, insomma il grande manovratore, dicono magistrati, investigatori e pentiti. C’è persino chi lo accosta ad apparati deviati dello Stato. Di certo la sua vita l’ha dedicata a influenzare le scelte degli altri. Politici, soprattutto, e imprenditori. Salvato dalla prescrizione dall’accusa di aver protetto la latitanza del terrorista Franco Freda. Per gli inquirenti è sempre stato il volto presentabile dei padroni del crimine reggino: i De Stefano. Condannato in via definitiva per concorso esterno nei primi anni del Duemila. Dopo aver scontato la pena non ha perso tempo. È ritornato in cella tre settimane fa insieme ad altre sei persone nell’ambito di un’inchiesta che conta molti indagati.

Romeo, questa volta, è accusato di estorsione e intestazione fittizia di beni con l’aggravante di aver favorito la ’ndrangheta. Ma c’è un’ipotesi molto più inquietante su cui lavorano i magistrati della procura antimafia di Reggio Calabria guidati da Federico Cafiero De Raho: l’esistenza di un’associazione segreta paramassonica, che lavora fianco a fianco all’organizzazione mafiosa, in grado di orientare le scelte delle amministrazioni pubbliche, della politica e di funzionari all’interno degli enti pubblici. Il capo di questa struttura “riservata” sarebbe proprio l’avvocato Romeo. Di questa cerchia, per gli inquirenti, farebbe parte anche don Pino Strangio. Parroco di San Luca, feudo spirituale delle ’ndrine di tutto il mondo, e rettore del santuario di Polsi. Luogo sacro sull’Aspromonte, meta di pellegrini ma anche di padrini, che qui organizzano summit annuali. Il religioso, ben voluto da vescovi e cardinali, è anche giornalista pubblicista, fino a poco tempo fa consigliere nazionale della Federazione della stampa. Per gli investigatori, però, è «portatore di plurimi interessi che beneficiano di contributi pubblici».

Questo è il terreno comune con Romeo, che interrogato dopo l’arresto si sarebbe definito un punto di riferimento per la città. E quando i pm gli hanno chiesto del rapporto con la ’ndrangheta, avrebbe risposto: «Macché, io sono un’altra cosa». Trascorrono gli anni, mutano gli scenari, eppure «Romeo mantiene il suo ruolo baricentrico nel governo “reale” delle dinamiche cittadine». Non conosce la rottamazione, l’avvocato. Che, per esempio, detta le interrogazioni da presentare ad alcuni senatori della Repubblica. Lo ha fatto con Domenico Scilipoti al quale scrive di suo pugno l’intervento da fare in Parlamento e gli suggerisce al telefono sinergie future. C’è feeling anche con il senatore Giovanni Bilardi (Ncd), già nei guai per la rimborsopoli calabrese. Secondo gli indagati è uno che «se dice le cose le mantiene…». I pm hanno accertato che il politico «ha presentato emendamenti sulle città metropolitane, in linea con i consigli di Romeo».
L’eminenza dello Stretto che tutti inseguono.