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IADELUCA – Mafie straniere Prbk. Editore Curcio. Un libro da acquistare e leggere‏.

Fabio Iadeluca

La criminalità mafiosa straniera in Italia

Collana Tracce dal passato

Roma, Armando Curcio Editore, marzo 2012

pp. 416, cm 14×21,5 – € 18,90

ISBN 978-88-97508-18-2

Con la prefazione di Vincenzo Macrì,

procuratore presso la Corte d’Appello di Ancona

Le mafie straniere sono tutte, in potenza, analogamente pericolose, perché immettono la propria carica di violenza e prevaricazione nella nostra società».

Saverio Mannino

Presidente di sezione Suprema Corte di Cassazione

In libreria da marzo 2012


Il Libro

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Le organizzazioni criminali straniere in Italia si sono ormai dotate delle strutture organizzative che caratterizzano le mafie tradizionali. Il libro propone un’analisi dettagliata delle singole mafie straniere che dagli anni Novanta, anche in seguito agli sconvolgimenti geopolitici che hanno segnato la storia dell’ultimo ventennio, sono riuscite a radicarsi nel Paese. Il volume si avvale di grafici e mappe inedite e di contributi degli specialisti Pietro Grasso, Vincenzo Macrì, Saverio Mannino, Olga Capasso, Luigia Spinelli ed Enzo Ciconte, che forniscono un quadro della situazione complesso e allarmante.

L’Autore

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Fabio Iadeluca, maresciallo aiutante dell’Arma dei carabinieri, è cultore della materia presso le cattedre di Criminologia, Sociologia della devianza, Diritto pubblico comparato ed europeo e Diritto dell’Unione Europea della Facoltà di Scienze Politiche, Sociologia, Comunicazione della Sapienza Università di Roma. Esperto in criminalità organizzata, ha pubblicato per la Armando Curcio Editore Cosa Nostra. Uomini d’onore e per Gangemi Editore La criminalità organizzata in Italia e la Camorra in Campania e La criminalità organizzata e la ’Ndrangheta in Calabria.


Letture

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In Italia, si sa, non ci facciamo mancare niente, neppure in materia di mafia. Non contenti di essere la patria delle tre organizzazioni mafiose più note e potenti d’Europa e più conosciute e diffuse nel mondo, ospitiamo, da quasi vent’anni, un buon numero di mafie straniere che, evidentemente, hanno trovato nel nostro Paese le condizioni ottimali per operare, arricchirsi e integrarsi nel circuito criminale.

La cosa è divenuta talmente evidente che persino il legislatore si è accorto della novità. Certamente non in tempo reale: sarebbe pretendere troppo. Lo ha fatto con un ritardo di circa quindici, venti anni, che è poi quello medio (almeno in Italia) tra la realtà e il suo riconoscimento legislativo. Lo ha fatto precisamente nel 2008 allorché, con la legge 24 luglio n. 125 che convertiva il decreto legge del 23 maggio n. 92, modificava il titolo e l’ottavo comma dell’art. 416-bis del codice penale, quello che punisce l’associazione di tipo mafioso. Nel titolo dell’articolo, all’originaria locuzione «associazioni di tipo mafioso» è stata aggiunta «anche straniere», mentre all’ottavo comma lo stesso inciso è stato aggiunto all’elenco delle associazioni alle quali andavano applicate le disposizioni dell’articolo 416-bis.

[…]

In molti dei Paesi di origine, le nuove mafie straniere presenti in Italia hanno una caratterizzazione spesso vicina a quella di vere e proprie organizzazioni terroristiche. Le mafie di origine balcanica, caucasica e mediorientale, in particolare, hanno tale duplice aspetto, mentre altre, come quelle russa e bulgara, risentono fortemente della provenienza di molti dei loro componenti dai servizi segreti, attivi all’epoca della guerra fredda. Tali componenti risultano estremamente pericolose, perché introducono nei Paesi di nuovo insediamento logiche che non sono soltanto criminali, ma asservite a interessi relativi a progetti politico-economici (si pensi all’espansione in Europa e in Italia degli interessi russi in materia energetica), ovvero a interessi collegati a conflitti intestini agli stessi Paesi di origine (e dunque ai traffici di armi). Un profilo particolarmente pericoloso, quest’ultimo, perché mette in diretto collegamento interessi politici, economici e criminali anche nel nostro Paese, aggravando ulteriormente il quadro di illegalità complessiva del sistema.

Vincenzo Macrì

Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Ancona

(da Premessa)

Dalle risultanze investigative derivanti dall’incessante attività della magistratura e delle forze dell’ordine, da quello che emerge nelle sentenze dei processi celebrati negli ultimi anni e dai numerosi fatti di cronaca che si verificano quotidianamente, segnati da particolare violenza e aggressività, possiamo ormai affermare che anche in Italia le organizzazioni criminali straniere hanno posto le loro radici, dotandosi molte volte – per la loro gestione criminale – di quelle strutture organizzative che contraddistinguono le articolate associazioni mafiose tradizionali (’ndrangheta, Cosa nostra, camorra, Sacra corona unita).

Il quadro che ci si presenta è preoccupante. Pensiamo alla mafia albanese, che in Italia organizza droga, prostituzione e comincia a infiltrarsi nel sistema dei subappalti; alla mafia russa, che sta spiccando per la sua forza dirompente nel sistema del riciclaggio anche nel nostro territorio; alla mafia slava, con i furti, le rapine e la prostituzione; alla mafia nigeriana, con la prostituzione e la droga; alla mafia cinese, che non solo riduce spesso in schiavitù i propri connazionali, ma si impone in quel traffico della contraffazione che mette a serio rischio ampi settori della nostra economia e delle nostre produzioni.

Colpisce la circostanza che proprio il nostro Paese, che forse per primo ha conosciuto l’esportazione di forme di criminalità organizzata attraverso l’infiltrazione di soggetti appartenenti a Cosa nostra negli Stati Uniti nei primi decenni del secolo scorso, debba oggi vivere una stagione in cui non riesce a sottrarsi alla proliferazione di fenomeni di associazionismo criminale estero.

Perché siamo arrivati a tutto questo? Partendo dalla considerazione doverosa che non tutti gli stranieri presenti in Italia sono criminali, anzi la maggior parte sono onesti lavoratori, i motivi sono molteplici: la globalizzazione dell’economia, le grandi migrazioni dovute in buona parte (ma non solo) ai mutamenti dell’Europa orientale che hanno provocato uno sconvolgimento geopolitico mondiale e l’oggettiva transnazionalità dei traffici illeciti. Sono tutti fattori che hanno determinato la progressiva penetrazione territoriale di criminali stranieri, interessati a costituire propaggini delle organizzazioni già operanti in madrepatria. Si tratta di organizzazioni che sono riuscite a indirizzare i propri interessi in alcuni settori illeciti e acquisire autonomia operativa e dimensioni stanziali, allargando la loro azione dalle attività illecite marginali fino a quelle più complesse, come ad esempio: i traffici di sostanze stupefacenti e di armi, la tratta e lo sfruttamento degli esseri umani (perlopiù donne e bambini da avviare alla prostituzione o ad altre forme di sfruttamento) che costituisce la nuova e macabra forma di schiavitù del XXI secolo, il riciclaggio, il traffico di prodotti contraffatti e, più di recente, indirizzando la loro attenzione anche alle offerte derivanti dal settore internazionale dello smaltimento di rifiuti inquinanti. Sono tutte attività delittuose che, per essere realizzate, necessitano di collegamenti a livello internazionale nonché di un’integrazione nel tessuto socio-criminale nel luogo dove si opera.

La criminalità transnazionale sarà per i legislatori il problema dominante del XXI secolo, così come lo fu la guerra fredda per il XX e il colonialismo per il XIX. I terroristi e i gruppi criminali transnazionali prolifereranno perché essi sono i maggiori beneficiari della globalizzazione. Acquisiscono vantaggi dalla facilità degli spostamenti, dai commerci, dai rapidi movimenti di denaro, dalle telecomunicazioni e dai collegamenti informatici e così hanno tutti i numeri per crescere.

L’Italia è diventata uno snodo ma, più spesso, un terminale delle rotte dell’immigrazione illegale; è interessata, infatti, non solo da una forma di immigrazione stanziale, ma anche da quella di transito, costituendo così un ponte naturale tra l’Europa da un lato, il Medio Oriente e il Nord d’Africa dall’altro. L’incremento dell’immigrazione clandestina ha permesso a questi gruppi criminali di fare il salto di qualità, rendendo possibile l’infiltrazione nel territorio nazionale di affiliati a pericolose associazioni di altri Paesi.

Non vanno inoltre trascurati due fattori: i rapporti di carattere familiare tra i malavitosi stranieri e i loro connazionali che, a causa del degrado sociale e delle condizioni di miseria in cui si sono trovati, sono facilmente influenzabili dalla prospettiva di migliorare la propria condizione di vita attraverso la carriera criminale; l’uso dell’intimidazione per assoggettare con l’omertà individui che spesso si trovano in una condizione di clandestinità, costituendo, in questo modo, quel serbatoio di reclute a cui attingere per potenziale le famiglie mafiose a base etnica già esistenti.

Propaggini delle mafie straniere sono presenti in molte regioni italiane. Attualmente le organizzazioni straniere godono di una maggiore operatività nei confronti della criminalità organizzata italiana, con la quale – questo è importante – tendono a instaurare rapporti di collaborazione, talora addirittura paritetici, a conferma della loro importanza assunta nello scenario criminale mafioso nazionale.

Non dobbiamo dimenticarci, a riprova dell’elevato livello di pericolosità raggiunto, che queste organizzazioni rientrano – in base alle modifiche apportate dal legislatore con la legge del 24 luglio 2008, n. 125 – a pieno titolo nelle associazione di stampo mafioso perseguite e punite con l’art. 416-bis del codice penale (associazioni di tipo mafioso anche straniere); molte volte, infatti, per gli associati la forza di intimidazione, l’assoggettamento e la conseguente omertà costituiscono l’essenza della loro struttura criminale.

Nell’autunno del 1990 il giudice Giovanni Falcone, in merito al pericolo che rappresentano le mafie straniere, osservava:

Organizzazioni come le Triadi cinesi, la yakuza giapponese, la mafia russa sono tutte dotate, al pari della mafia, di loro strutture formali – gerarchicamente organizzate – di grande flessibilità, con capacità di convertirsi in tempo straordinariamente breve a qualsiasi tipo di attività illecita. Queste organizzazioni godono di larghe disponibilità finanziarie, fanno ricorso alla violenza e tentano in tutti i modi di garantirsi il controllo della polizia e della magistratura oltre che la connivenza del potere politico.

Ma quali sono queste mafie straniere e come sono strutturate? Quale pericolo rappresentano per la nostra società e che tipo di rapporti intrattengono con le mafie tradizionali? Per rispondere a queste domande sono state doverosamente analizzate le vicende storiche, la struttura organizzativa, le attività illecite perpetrate e i rapporti intrattenuti con le mafie tradizionali da parte di quelle singole consorterie criminali straniere che, dagli anni Novanta, sono riuscite a ramificarsi nel nostro territorio: albanese, cinese, nigeriana, sudamericana, rumena, russa, turca, bulgara, nordafricana.

Risulta dunque importante individuare quali sono le peculiarità criminali che contraddistinguono ogni singola mafia straniera, al fine di poter descriverne il pericolo per la sicurezza e l’ordine pubblico.

Per avere un quadro definito della situazione, sono state intervistate diverse personalità che ricoprono importanti incarichi istituzionali, combattono o studiano il fenomeno delle mafie straniere: Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia; Saverio Mannino, presidente di sezione presso la Suprema Corte di Cassazione; Olga Capasso, sostituto procuratore nazionale antimafia; Enzo Ciconte, storico e docente di Criminalità organizzata all’Università di Roma Tre. Importantissimi sono stati inoltre i contributi forniti nella prefazione da Vincenzo Macrì, procuratore generale presso la Corte d’Appello di Ancona e, nel capitolo in materia di traffico illecito dei rifiuti, da Luigia Spinelli, magistrato e attuale consulente presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti.

Il quadro fornito mette in evidenza, con dovizia di particolari, una situazione complessa e allarmante che permette di ipotizzare i futuri scenari criminali delle mafie straniere in Italia.

(da Nota dell’autore)

D. Attualmente quale pericolo rappresentano per la nostra società le mafie straniere presenti in Italia e quali sono le più pericolose?

R. Le mafie straniere presenti in Italia si possono distinguere in due grandi categorie: le mafie che, pur senza perdere i collegamenti con i Paesi d’origine, sono caratterizzate da insediamenti permanenti e stabili, come la mafia albanese, rumena, nigeriana e cinese, e le mafie la cui presenza in Italia è strettamente funzionale ai loro traffici e ai loro investimenti, come la mafia turca, colombiana e russa, con presenze temporanee nel nostro Paese, organizzate in piccole cellule formate da pochi individui con compiti ben precisi che, portata a termine l’operazione inerente al traffico o al riciclaggio, in genere si sciolgono per poi riformarsi con altri soggetti in vista di una nuova missione. In entrambi i casi, sia le organizzazioni stanziali sia quelle temporanee mantengono stretti rapporti con le organizzazioni criminali esistenti nei territori di provenienza, che garantiscono gli approvvigionamenti delle merci trafficate (droga, armi, esseri umani ecc.). Operano, poi, in talune città del Nord Italia bande criminali urbane, formate da giovani prevalentemente di origine balcanica, slava o sudamericana, che si contraddistinguono per ferocia criminale nel compiere atti vandalici, di aggressione e di violenza alle persone, furti e rapine, ma non denotato una struttura associativa consolidata al punto da essere considerate e perseguite penalmente come associazioni malavitose o mafiose. A mio avviso questo tipo di criminalità urbana, nonché la criminalità albanese, alla quale va assimilata quella kosovara, macedone e quella proveniente dai Paesi balcanici, è percepita dai cittadini come la più pericolosa e ramificata forma di malavita di matrice straniera. Ciò perché è costituita da soggetti estremamente violenti che si dedicano a reati di tipo predatorio come furti, rapine, accompagnate da sequestri di persona e violenze carnali, che mettono in crisi il senso di sicurezza dei singoli cittadini, terrorizzati dall’eventualità di divenire vittime, insieme con le loro famiglie, di tali reati. Di contro, la presenza delle mafie che si dedicano soltanto ai vari traffici, e che tutt’al più si scontrano tra di loro, non è recepita dall’opinione pubblica come fonte di un pericolo visibile e immediato. Diversa è la valutazione della pericolosità da un punto di vista dell’analisi criminologica, perché non vi può essere alcun dubbio che le mafie più pericolose sono quelle che hanno le migliori e più collaudate strutture organizzative, che sempre di più si avvicinano ai modelli delle nostre tradizionali associazioni di tipo mafioso, come la stessa mafia albanese, quella cinese e nigeriana.

(da Intervista a Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia)