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I “servizi” e le indagini della Procura

I “servizi” e le indagini della Procura

15 Novembre 2020

Com’è noto, la legge di riforma dei servizi segreti del 2007 esclude in modo categorico impulsi di indagine da parte dell’autorità giudiziaria alle agenzie di sicurezza (AISI e AISE). Ma già la precedente legislazione era molto chiara nell’escludere ogni delega d’indagine tra magistratura inquirente e servizi (all’epoca SISMI e SISDE).
Su questo punto, le prime indagini sull’attentato di via D’Amelio si muovono su un crinale diametralmente opposto alle prescrizioni e ai divieti di leggi, registrando un’anomala, significativa e determinante (negli esiti) collaborazione tra la procura di Caltanissetta e i vertici dell’allora SISDE.
Il primo contatto lo accende il procuratore Tinebra, con una iniziativa personale assolutamente sui generis (ma senza che alcuno, tra i suoi pm, sollevi o registri obiezioni). Il giorno dopo la strage, Tinebra convoca nel proprio ufficio il dottor Bruno Contrada, all’epoca numero 3 del SISDE, e gli chiede di collaborare direttamente alle indagini con la procura di Caltanissetta.

Ecco come Contrada, nel corso del dibattimento del Borsellino quater, ha ricostruito gli avvenimenti in questione:
TESTE CONTRADA- La mattina dopo, il 20 luglio 1992, ebbi una telefonata dal dottor Sergio Costa, funzionario di Polizia, commissario di Pubblica Sicurezza, aggregato… nei ruoli del SISDE… ed era il genero del Capo della Polizia Vincenzo Parisi… il quale mi dice che, per incarico di suo suocero, il Capo della Polizia Parisi, ero pregato di andare dal Procuratore della Repubblica di Caltanissetta, dottor Giovanni Tinebra. (…) Io andai quella sera dal dottor Tinebra, che non conoscevo, con cui non avevo avuto mai rapporti, e il dottor Tinebra mi disse se io ero disposto a dare una mano, sempre in virtù della mia pregressa esperienza professionale, per le indagini sulle stragi.
Io feci presente varie cose al dottor Tinebra: innanzitutto che ero un funzionario dei Servizi e quindi non rivestivo più la veste di ufficiale di Polizia Giudiziaria, quindi non potevo svolgere indagini in senso proprio, la mia poteva essere soltanto un’attività informativa, non operativa; che per Legge noi non potevamo avere rapporti diretti con la magistratura; che, in ogni caso, io avrei dovuto chiedere l’autorizzazione ai miei superiori diretti, e parlo del mio direttore, che era allora il Prefetto Alessandro Voci, e che anche una collaborazione sul piano informativo poteva avvenire soltanto previ accordi con gli organi di Polizia Giudiziaria che erano interessati alle indagini. Nell’occasione il dottor Tinebra mi disse anche, così, per inciso, dice: “Sa, io mi rivolgo a lei perché a Caltanissetta è stato costituito un ufficio della DIA, Direzione Investigativa Antimafia, ma da poco tempo e mi sono reso conto che c’è personale che di fatti di mafia ne comprende ben poco”.

Un dato emerge con forza: di questa anomala collaborazione tra servizi segreti e procura di Caltanissetta non era al corrente solo il procuratore Tinebra, che la sollecitò, ma anche i vertici della Polizia di Stato. E non solo loro, stando alla ricostruzione che Pietro Grasso ha proposto in Commissione:
GRASSO. C’è una testimonianza del Capocentro del Sisde di Palermo, il colonnello Ruggeri, che espressamente dice che – mentre si trovava in ferie – venne chiamato dal genero del capo della Polizia, Parisi, Sergio Costa, un funzionario aggregato nei ruoli del Sisde, che gli fa interrompe le ferie per parlare con Tinebra. Da Tinebra Ruggeri riceve l’incarico, irrituale assolutamente, di fare indagini sulle stragi. Il colonnello però non accetta l’incarico se non autorizzato dal suo centro Sisde di Roma e di intesa con la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri, a cui secondo la normativa andavano le notizie di qualsiasi informazione che potesse aiutare le indagini. Non dimentichiamo che il tramite tra i Servizi e la Magistratura e soltanto la Polizia giudiziaria e non altro.
FAVA, Presidente della Commissione. Quando Ruggeri chiede l’autorizzazione a Roma, questa autorizzazione arriva?
GRASSO. Certo, c’è l’autorizzazione di Roma, c’è anche l’intesa con le forze di polizia giudiziaria che vengono informate che c’è questa attività … Questa attività porterà ad un rapporto su Scarantino che viene tirato fuori dal cilindro come un personaggio, probabilmente influenzabile, ma che aveva un rapporto familiare, in quanto era cognato di Salvatore Profeta, riconosciuto boss mafioso della Guadagna e un collegamento anche con Orofino… Ecco come viene costruito il tutto.

Nella notte tra il 19 e il 20 luglio 1992, il numero tre del SISDE, Contrada, e il capocentro di Palermo, Ruggeri, si attivano – dopo aver preso contatto con il procuratore di Caltanissetta – facendo sì che i servizi segreti assumono, di fatto, la guida delle indagini sulla strage di via D’Amelio. E il primo frutto di quella collaborazione e un appunto che verrà trasmesso alla Direzione di Roma del Sisde poche ore dopo la strage. Così riferisce Contrada davanti alla Corte di Assise di Caltanissetta:
TESTE B. CONTRADA – … In quella occasione, e parlo della sera del 20 luglio, cioè 24 ore dopo la strage, io detti al Procuratore della Repubblica di Caltanissetta quelle che, a mio avviso, erano le direttrici di indagine, una delle direttrici di indagine, fondamentale. Gli dissi: “Guardi, signor Procuratore, ogni volta che a Palermo ci sono stragi con esplosivi, attentati dinamitardi, bombe, e interessata la famiglia Madonia”.
P.M. Dott. LUCIANI – Oh, su questo, appunto, scusi, scusi un secondo se la interrompo, cioè quindi, lei da questa indicazione da subito.
TESTE B. CONTRADA – Subito, la sera stessa.
P.M. Dott. LUCIANI – (…) Io adesso le mostro un appunto, che risulta essere stato trasmesso via fax alle ore 01.00 del mattino del 20 luglio ’92 alla direzione, per capire se si tratta di una cosa che ha redatto lei o se, invece, sono cose redatte da altri. (…)
TESTE B. CONTRADA – Queste sono cose che ho riferito io al capocentro del SISDE la sera stessa, dopo il colloquio.
P.M. Dott. LUCIANI – E quindi era appunto che redige il capocentro del SISDE… e lo manda in direzione. (…)
TESTE B. CONTRADA – Questo e un appunto redatto dal colonnello Andrea Ruggeri… capocentro del SISDE di Palermo a quella data. (…) Chiesi anche, perchè pensavo che era una responsabilità che non volevo mia soltanto, …che il vicedirettore operativo del SISDE, Prefetto Fausto Gianni, con altri funzionari, il caporeparto operativo, il capo della divisione criminalità organizzata, il dottore De Biase, il dottore Sirleo, tre o quattro funzionari, credo il dottore De Sena, che era il capo dell’UCI, dell’Unita Centrale Informativa, venissero giù a Palermo e poi a Caltanissetta e tutti insieme venimmo qui a Caltanissetta ed avemmo un contatto con il Procuratore Capo e con i suoi Sostituti che lo collaboravano.
Dunque, di questa irrituale collaborazione fra servizi segreti e Procura di Caltanissetta, a Roma erano tutti informati: sapevano (e approvarono) i vertici del SISDE; sapevano (e approvarono) i vertici della Polizia di stato e dei Carabinieri.
E il governo? Poteva non sapere?
FAVA, Presidente della Commissione. Ecco, sempre su questo passaggio sui servizi… il Ministro della Difesa e il Ministro dell’Interno potevano essere non informati del fatto che agenzie ed intelligence stessero avviando un’attività di collaborazione nella più importante inchiesta giudiziaria che era in corso in quel momento?
GRASSO. Potrebbe essere anche il Presidente del consiglio in persona, perché è una delega (quella ai servizi ndr), quindi sempre fanno riferimento alla Presidenza. Ma naturalmente, anche il capo della Polizia o il Comandante generale dei Carabinieri ricevono le informative del SISDE… Un rapporto corretto non può celare nulla al responsabile politico…

Fonte:http://mafie.blogautore.repubblica.it/