
I fuorilegge di Ostia
di ATTILIO BOLZONI
Il lungomuro è sempre lì, impasto di cemento e prepotenza, gigantesco corpo di reato a cielo aperto che certifica come anche la legge può diventare fuorilegge. Sono ancora lì anche le sue mafie, quella pidocchiosa e sfrontata e quell’altra più ammanigliata e protetta. Ogni tanto si annusano, si mischiano, a volte fanno anche finta di non conoscersi. Metà Brancaccio e metà Casal di Principe, questa periferia romana è un laboratorio politico-criminale che produce veleni e profitti, malacarne e vergogne. Il mare è privato, sequestrato. Un mare che non si vede mai.
Un paio di anni fa in una delegazione comunale ai confini della pineta di Castelporziano mi hanno fatto trovare documenti molto interessanti, le fotocopie (gli originali erano custoditi in cassaforte, in una località segreta per paura che qualcuno li potesse distruggere) delle cartine catastali del lido risalenti al 1992. Confrontandole con le immagini di Google Maps ho potuto verificare com’era e com’è, Ostia prima e Ostia dopo. Un “sacco” che mi ha fatto venire in mente la Palermo sfregiata degli Anni Sessanta.
Sono sempre gli stessi i padroni e i padroncini del territorio, con i Triassi o i Senese che un anno scendono di quotazione e l’anno dopo salgono, con i Fasciani che tengono banco nonostante le mazzate giudiziarie, con la tribù degli Spada sparsa nelle “viette” intorno a piazza Gasparri.
Il X° Municipio resterà sciolto per mafiosità ancora per qualche mese, nonostante il rumoreggiare nervoso dei più impazienti.
Non ci sono più “sceriffi” come il commissario Alfonso Sabella, che da assessore alla Legalità al Comune di Roma aveva provato a riportare alla normalità un quartiere di Roma con più di duecentomila abitanti. Non si mostrano più in prima fila certi personaggi appartenenti a clan politici invischiati in Mafia Capitale, quelli che regolavano il traffico delle tangenti da Ostia e per Ostia. Si manovra nelle retrovie, la banlieue romana rimane un incrocio strategico per esperimenti malavitosi e per mascheramenti che ormai – in realtà – non disorientano più di tanto. Tutto alla luce del sole.
Poi c’è la giustizia schizofrenica. In primo grado dice che a Ostia la mafia esiste, in Appello la fa sparire, la Cassazione sentenzia per fortuna che c’è ancora. Ritardi culturali – di una parte di magistratura – che rivelano quanto Ostia sia ancora troppo sconosciuta.