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I beni confiscati alle mafie nel Lazio. Confische, e gli enti locali colpiscono duro la Mafia

ROMA – In Sicilia il numero dei beni immobili sequestrati alla mafia fino al giugno 2008 è stato di 2.224 unità, due sole in meno di tutto il 2007. E in Calabria e Campania, oltre che in Lombardia e in Puglia, alla stesa data, i beni immobili sequestrati dallo Stato alle diverse organizzazioni criminali avevano già superato abbondantemente la soglia del 50% del totale registrato l’anno precedente. Anche nel Lazio e in Emilia Romagna, infine, le confische hanno di fatto pareggiato i conti con il 2007 con sei mesi d’anticipo. Il 2008 potrebbe essere un anno eccezionale in tema di confische dello Stato alle organizzazioni criminali, mafia, camorra e ‘Ndrangheta in testa.

I dati dell’Ufficio commissariale del Governo per i beni confiscati parlano chiaro: nei primi sei mesi dell’anno il totale degli immobili definitivamente tolti di mano alle mafie è stato di 3.345 contro i 3.812 dell’intero 2007. Dati che indicano una tendenza chiara: le confische aumentano e la lotta dello Stato contro le organizzazioni criminali registra nuovi successi a favore della legalità.

Parallelamente alla conferma delle nuove confische, i dati registrano anche un aumento del numero dei beni che vengono destinati ad un nuovo uso: se nel 2007 erano 57 ogni mese, nel 2008 si è passati a 80,8. Si tratta di beni immobili -ville, appartamenti o casali di campagna- che tornano alla collettività e che spesso vengono trasformati in sedi per cooperative o uffici pubblici.

DON CIOTTI: ‘SERVE UN’AGENZIA NAZIONALE’

“Per aumentare le confische è necessario creare un’Agenzia nazionale che gestisca tutte le fasi del processo di sottrazione del bene immobile alla mafia: il sequestro, la stessa confisca, l’individuazione della destinazione d’uso e il futuro riutilizzo del bene nella sua piena valorizzazione”. Ne è convinto don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, l’associazione nata il 25 marzo 1995 con l’intento di sollecitare la società civile nella lotta alle mafie e promuovere legalità e giustizia.

Don Ciotti, intervenuto recentemente ad un incontro con i ragazzi delle scuole italiane impegnate contro la mafia nella sede della Provincia di Roma, ha le idee molto chiare su come incrementare il numero dei beni confiscati alla mafia. “C’è grande fermento- spiega- ma i passi da seguire sono estremamente concreti: l’Agenzia nazionale per le confische è il primo di questi, ma quello che serve è anche fare chiarezza su tutta la materia. Servirebbe un testo unico in materia di confische e sequestri e non guasterebbe un intervento sulle banche per evitare il fenomeno delle aste”. Molti beni sequestrati alla mafia, spiega infatti don Ciotti, sono sotto ipoteca e questo rende difficile per alcuni Comuni il successivo riutilizzo. “Si tratta di 1.700 beni già sequestrati che rischiano di tornare in mano alla criminalità organizzata- continua il fondatore di Libera- Il rischio è che alle aste, vista l’assenza dei Comuni, a riacquisire i beni precedentemente sequestrati siano prestanomi degli stessi mafiosi”.

Per facilitare le confische a livello internazionale, secondo don Ciotti, occorre però anche “creare una rete europea” perché sempre più spesso “le mafie hanno le loro interconnessioni in differenti Stati: ad esempio la ‘Ndrangheta calabrese gestisce il traffico della cocaina nel Nord Europa, mentre quella russa è arrivata persino dentro la finanza della City di Londra”.

Una prima risposta a questo problema è arrivata quest’estate con la nascita di Flare, un’associazione europea che raggruppa oltre 50 organizzazioni che si battono per legalità e giustizia. Don Ciotti in quei giorni era a Bruxelles. “Il prossimo passo- spiega Davide Pati dell’associazione Libera- sarà quello di chiedere al commissario europeo alla Giustizia, Jaques Barrot, e al presidente del Parlamento europeo, Hans-Gert Poettering, il via libera al mutuo riconoscimento in tema di confisca”. Ciotti, inoltre, ha chiesto alla Commissione europea di provvedere all’estensione su tutto il territorio comunitario del riutilizzo per finalità sociali dei beni confiscati.

SICILIA E CAMPANIA IN TESTA

Le mafie italiane sono dunque sempre più internazionalizzate. Ma è nelle regioni italiane, non solo al sud, che l’attività di cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta fa sentire maggiormente i suoi effetti. Vediamo a che punto è la risposta dello stato in merito alle confische di beni immobili e aziende.

La classifica delle regioni dove sono state registrate il maggior numero di confische, aggiornata al 31 marzo 2008, fotografa un’Italia come al solito spaccata in due. In testa c’è la Sicilia con 2.224 beni confiscati dei quali 1.559 già destinati a nuovo uso (tra quelli accumulati nel corso degli anni, non solo nel 2008). Seguono la Campania con 346 confische e 867 beni destinati, la Calabria (265-904), la Puglia (214-398), la Lombardia (183-404), il Lazio (106-223), l’Emilia Romagna (27-30), il Piemonte (24-76), la Sardegna (15-78) e la Liguria (10-17). Dietro tutte le altre regioni italiane con quantità di beni confiscati che non superano le due cifre.

Dati estremamente positivi sono quelli relativi all’aumento dei beni immobili già destinati nei sei primi mesi di quest’anno in confronto a quanto fatto durante l’intero 2007. In Sicilia l’aumento è di 102 unità, in Campania di 90, in Calabria 126, in Puglia di 57 e in Lombardia di 85. E ancora il Lazio, con 223 beni già destinati, a giugno 2008 ha perfettamente pareggiato i conti con la somma di tutto il 2007, l’Emilia Romagna registra un aumento di 2 unità e il Piemonte di 10. Nessuna regione italiana, nonostante i sei mesi d’anticipo, registra raffronti negativi.

NEL LAZIO BLITZ A ROMA E LATINA

E’ il litorale sud la parte più esposta all’infiltrazione della criminalità organizzata della Regione Lazio. Ed è sempre il litorale sud, Roma esclusa, a registrare il maggior numero di confische da parte dello Stato a mafia, ‘Ndrangheda e camorra. Se si scorre l’elenco dei beni immobili destinati e già consegnati dal 1996 ad oggi, si nota subito che buona parte delle ville, degli appartamenti e dei terreni sono stati confiscati nelle provincie di Frosinone e Latina.

Spiccano, tra gli altri, i Comuni di Gaeta, Pontinia, San Felice Circeo, Anzio e Ardea. Per quanto riguarda la provincia di Roma, invece: Grottaferrata, Marino, Pomezia, Valmontone e Velletri. Naturalmente è nella Capitale che sono state effettuate la maggior parte delle confische con 118 tra appartamenti, box auto, centri sportivi e terreni già consegnati al Comune, la maggior parte dei quali negli ultimi tre anni. Tra i beni ancora in mano all’Agenzia del Demanio e quelli consegnati ai Comuni (ma ancora non di loro proprietà) spiccano, inoltre, diversi appartamenti tra Formia, Fiuggi e Monterotondo.

Protagoniste dell’infiltrazione nel Lazio, spiega Davide Pati, dell’associazione Libera, “sono soprattutto la camorra e la ‘Ndrangheta. Appartengono a loro, oltre che all’ormai disciolta Banda della Magliana, la maggior parte dei beni già riconsegnati ai Comuni e ora gestiti da enti pubblici o cooperative. Tra queste ultime una bella realtà è il Gabbiano, una cooperativa di Cisterna di Latina che produce un vino di Libera sulle terre confiscate al clan Schiavone”.

FICHERA: ‘PRONTI AD ACQUISIZIONI’

“La Regione Lazio è pronta a fare la sua parte: è nostra intenzione acquisire una serie di beni già individuati insieme all’assessorato al Patrimonio e procedere con trasparenza alla loro riassegnazione”. Le parole di Daniele Fichera, assessore agli Affari istituzionali e alla Sicurezza della Regione Lazio, dimostrano concretamente come le Regioni, dopo anni di attesa, siano finalmente diventate attori protagonisti, assieme ai Comuni, della corsa all’acquisizione dei beni sottratti alle mafie. A permettere alle Regioni italiane di poter acquisire beni immobili e aziende confiscate alla criminalità organizzata è stata una nuova norma inserita nella Finanziaria 2006, con effetti dal 2007, che estende anche a Regioni, Province e altri enti come le Asl la possibilità di acquisire beni mafiosi seppur dando la precedenza ai Comuni”.

Fino ad oggi, spiegano però gli esperti di Libera, ancora nessuna Regione ha fatto il primo passo. Il Lazio, dunque, potrebbe presto diventare la prima ad acquisire una serie di beni “fatta salva- spiega Fichera- la precedenza data ai Comuni in quanto a scelta”. Nel “mirino” della Regione, ad ogni modo, sono finiti beni riconducibili alla camorra disseminati nella zona di Formia e in quella di Spigno Saturnia. Fichera, inoltre, ha appena pubblicato un bando da un milione e 850 mila euro, di cui 900 mila destinati alle associazioni che gestiscono i beni confiscati. Obiettivo: sostenere i processi di ristrutturazione. “Potranno accedervi associazioni di volontariato, onlus ed Enti locali regionali”, conclude l’assessore.

L’EMILIA-ROMAGNA SOSTIENE IL RIUTILIZZO

La situazione in Emilia Romagna in quanto a presenza di organizzazioni mafiose è decisamente più positiva rispetto a molte altre Regioni italiane. Tuttavia anche tra la via Emilia e la pianura Padana si registrano casi di confische di beni immobili di provenienza mafiosa, oggi gestiti da cooperative e dai Comuni. Nel maggio 2006 erano in 25. Oggi, due anni dopo, sono in 52 riuniti nell’Agenzia ‘Cooperare con Libera Terra’. Le province maggiormente interessate, in particolare, sono quelle di Bologna e Forlì. Nel capoluogo regionale è la località Pianoro ad aver fatto parlare di se con l’individuazione di una serie di villette a grezzo appartenute al clan Cuomo.

I centri maggiormente colpiti da questo fenomeno sono però Forlì e Cesenatico: in quest’ultimo Comune è stata recentemente confiscata una colonia appartenuta alle organizzazioni mafiose, mentre il capoluogo di provincia registra il più altro tasso di confische in una città sola con 21 beni immobili. A Ferrara, poi, i beni sono 7 mentre a Piacenza 5. Complessivamente i dati dell’Emilia parlano di 57 beni confiscati, di cui 27 in mano al demanio, 28 consegnati e 2 destinati ma non ancora consegnati.

Ad accomunare l’Emilia Romagna alle altre Regioni italiane, invece, è il problema legato all’acquisizione dei beni. “Spesso a causa dei costi i Comuni non sono in grado di sostenere l’acquisizione- spiega Daniele Borghi, referente dei Libera in Emilia Romagna- Il problema- è che i beni individuati sono spesso fatiscenti o allo stato grezzo e quindi da ristrutturare”.

Nonostante ciò i dati emersi alla riunione dell’Agenzia Cooperare con Libera Terra nel maggio scorso sull’attività 2007 sono incoraggianti. Oltre all’aumento del numero degli associati il presidente Gianpiero Calzolari ha voluto sottolineare anche alcuni numeri del bilancio 2007. “La campagna versamenti 2006- fa i conti- tra contributi associativi ed erogazioni liberali dei soci, aveva raggiunto un totale di 88.250 euro”. Una cifra abbondantemente superata lo scorso anno quando la quota raggiunta è stata di 110.400 euro, con un aumento di oltre 22.000 euro. E i risultati positivi del 2007 non sono finiti.

Tra gli altri che Calzolari ha voluto ricordare, gli oltre 100.000 euro spesi in servizi a supporto della crescita imprenditoriale delle Cooperative Libera Terra; i progetti imprenditoriali nel settore vino curati dagli associati Slow Food e la costituzione di un consorzio per rilanciare un’economia sana e pulita in Sicilia. La speranza ora, ha spiegato ancora il presidente, è di “dare vita a coordinamenti regionali composti dall’Agenzia, Legacoop regionale, sindacati, Università e altri soggetti che possano supportare politicamente e operativamente il progetto Libera Terra”. A riprova dell’efficacia del percorso, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, parla di “intercettazioni di boss-italo americani” che appurerebbero come “il potere mafioso sia preoccupato dalla nostra azione”.

DE FICCHY: ‘UFFICI COMUNALI AD HOC’

“Creare uffici comunali specializzati. Riorganizzare l’Agenzia del Demanio in base alle reali esigenze dei territori. Superare gli attuali problemi legati alle complicazioni burocratiche quando un immobile confiscato viene poi occupato illegalmente”. Sono queste le tre criticità maggiori che, secondo l’ex sostenuto procuratore antimafia e oggi Procuratore di Tivoli Luigi De Ficchy, frenano ancora l’attività dei Comuni interessati ad acquisire i beni appartenuti alle organizzazioni criminali.

“Ci sono diversi problemi ancora da risolvere- spiega De Ficchy, oltre 25 anni in prima linea contro le mafie ed esperto delle questioni legate alle confische- uno di questi è quello della non immediata disponibilità del bene. Non parlo solo della questione delle ipoteche, ma anche di quella relativa all’occupazione degli immobili interessati da parte di persone estranee ad organizzazioni criminali ma bisognose di una casa. In questi casi bisogna conciliare le esigenze sociali di chi è senza una casa e quella legittima dello Stato che ha tutto l’interesse a far sì che un bene appartenuto alla mafia sia presto ridestinato alla collettività’.

‘Altro problema è che nei Comuni- conclude De Ficchy- mancano task force specializzate in questo settore. Ma per fare tutto ciò bisogna snellire la burocrazia, vero ostacolo ad una più forte ripresa dell’acquisizione dei beni delle mafie”.

(tratto da Agenzia DIRE – Lazio)