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Gli obblighi dei Prefetti.Dobbiamo cominciare a far sentire sul collo di tutti il fiato dell’Associazione Caponnetto per obbligarli a fare i loro DOVERI.

A TUTTI GLI AMICI DELL’ASSOCIAZIONE
CAPONNETTO IN ITALIA

GLI OBBLIGHI DEI PREFETTI

Amici,in una situazione in cui si parla di  golpe
striscianti,di disfacimento dello Stato di diritto ,di
occupazione di questo  da parte delle mafie,il dovere
di un’associazione antimafia seria é quello di
pretendere che coloro che per legge  sono chiamati a
tutelare l’integrità ed il ruolo delle istituzioni
assolvano in pieno ai proprio doveri,
Chi ha giurato di servire lo Stato DEVE servirlo.
Senza se e senza ma.
Siamo ormai alla battaglia finale:
o vince lo Stato o la mafia.
Non ci sono più alibi per nessuno.
Chi ha scelto di schierarsi con l’Associazione
Caponnetto ha il dovere morale e civile di non stare
alla finestra aspettando che la democrazia e la civiltà

vengano mandate in soffitta e di impegnarsi in prima
linea per difendere lo Stato contro l’assalto mafioso.
Bisogna ,insomma,cominciare in tutta fretta ad
individuare i punti nevralgici delle criticità nelle
strutture dello Stato per renderle   affidabili ed
efficienti in vista della battaglia finale contro la mafia.
E’ un compito “ALTO” e complesso  di fronte al quale
nessuno di noi può tirarsi indietro.
La storia e soprattutto la gratitudine dei nostri figli e
delle giovani generazioni ci compenseranno dei
sacrifici e dei rischi che stiamo affrontando.
Oltre all’azione   di  INDAGINE e DENUNCIA,che
comunque va accentuata e qualificata-
finendola,peraltro,talvolta ,con il correre dietro a
problemi localistici di mala amministrazione politico-
amministrativa che non servono ad altro oltre che a
distrarci dai veri problemi della lotta alle grandi
organizzazioni criminali-  é necessario subito
verificare  l’efficienza delle Prefetture.
I Prefetti per legge dispongono di un potere immenso
sul piano della lotta alla criminalità.
Essi   –  fra  gli altri compiti importanti come quelli di
indirizzare e coordinare  attraverso i Comitati
Provinciali per la sicurezza e l’ordine pubblico,tutta
l’azione  delle forze dell’ordine,di proporre lo
scioglimento per mafia dei Consigli comunali e tanti
altri ancora – hanno anche il potere dell’azione
PREVENTIVA,in virtù della quale,sulla base di una
semplice informativa delle forze di polizia ,di

decidere  se un’impresa ha diritto o meno a
partecipare ad una gara,
Non lo fanno o lo fanno in pochi e talvolta anche
male.
E ,se c’é qualcuno di essi che lo fa,il “sistema” lo
emargina,lo butta fuori,lo allontana,lo
elimina,trasferendolo ,sottraendogli le funzioni,
Coloro che si allineano,quasi tutti,e diventano così i
“figli del sistema”,cosa hanno fatto e continuano a
fare?
Quello che é successo  a Venezia con il Mose,a
Milano con l’Expo,a Caserta con l’Ospedale,a Fondi
con Damasco,a Latina,a Roma con “Mafia Capitale”,a
Napoli e quasi dovunque ,dove SOLO DOPO
L’INTERVENTO DELLA MAGISTRATURA E
DELL’AUTORITA’ ANTICORRUZIONE
PRESIEDUTA DA CANTONE,ci si é accorti che la
mafia si era accaparrata appalti e quant’altro riuscendo
a condizionare ogni cosa e quasi tutte le persone della
politica e delle istituzioni.
NOI NON DOBBIAMO PIU’  CONSENTIRLO  E
DOBBIAMO COMINCIARE,TUTTI, AD
AVVERTIRE IL DOVERE di intervenire PRIMA
CHE questi fatti vergognosi si verifichino,scoprendoli
PRIMA,denunciandoli pubblicamente ed alla
Magistratura,facendo presentare interrogazioni da
parte di qualche parlamentare disponibile,insomma in
ogni forma che la legge ci consenta.

Ripubblichiamo – e continueremo a farlo fino alla noia
in modo che nessuno possa dire “io non sapevo”- una
nostra nota che spiega quali sono i DOVERI di un
Prefetto e vi chiediamo di segnalarci tutti i casi di
inadempienza.
Aspettiamo da voi tutti notizie.

Il fenomeno del condizionamento delle istituzioni e degli Enti
locali.
Pubblicato 7 Marzo 2015 | Da admin3
Tenere d’occhio quello che fanno –o non fanno – i Prefetti sul versante della lotta alle
mafie.Il  Prefetto per legge é il massimo responsabile in una provincia della sicurezza e
dell’ordine pubblico e spetta a lui attivare le forze dell’ordine.Bisogna pretendere che essi
emettano a centinaia le interdittive antimafia rispetto alle imprese in odor di mafia,cosa che
raramente fanno.Avete visto quello che é successo all’EXPO di Milano?Centinaia di imprese
sospette,se non fosse intervenuto Cantone,avevano già preso in appalto milioni di
lavori.Vergogna! A Roma dicevano che………………non c’era mafia e sta venendo fuori il
marciume.E così é un pò dovunque,fatta qualche rara eccezione! Da oggi in avanti occhi
aperti sui Prefetti e se non fanno il loro dovere bisogna cominciare a denunciarli all’Autorità
Giudiziaria per omissione di atti di ufficio e probabile concorso esterno.Ora basta !
——————————————-
MA I PREFETTI COSA FANNO ?????????

DOVREBBERO FARE” PREVENZIONE” MA
POCHI E RARAMENTE LA FANNO.
NELL’AZIONE DI CONTRASTO ALLE MAFIE
SI PUNTA TUTTO SUI MAGISTRATI,MA
QUESTI POSSONO INTERVENIRE
SOLAMENTE “DOPO”,QUANDO IL
REATO E’ STATO GIA’  COMPIUTO.
IL COMPITO DI INTERVENIRE ” PRIMA”,
QUANDO,CIOE’,I BUOI NON SONO
ANCORA  SCAPPATI DALLE
STALLE,SPETTA SOLAMENTE AI
PREFETTI,MA QUANDO QUESTI  NON
FANNO NIENTE AL RIGUARDO ED
ADDIRITTURA DICONO,COME E’
AVVENUTO A ROMA,CHE ” A ROMA
NON C’E’ MAFIA”!!!!!!!!!!!!!!!!!(
QUANDO STIAMO VEDENDO CON
“MAFIA CAPITALE”) IL MARCIUME
CHE C’E’-E STIAMO SOLO ALL’INIZIO
-O CHE,ADDIRITTURA,” ROMA E’ LA
CITTA’ PIU’  SICURA D’ITALIA
“O,COME E’ AVVENUTO IN
CAMPANIA, DOVE UN’IMPRESA DI
TRASPORTI,PUR GRAVATA DA
INTERDITTIVA
ANTIMAFIA,CONTINUAVA A
PRENDERE L’APPALTO  A CASERTA
DALLA REGIONE,ALLORA l’UNICA
SOLUZIONE SONO LA SCOPA ED I
CALCI NEL SEDERE.

BISOGNA PRETENDERE A GRAN VOCE DAI
PREFETTI CENTINAIA DI
INTERDITTIVE ANTIMAFIA
ALL’ANNO E,SE CONTINUANO A NON
FARLE,BISOGNA DENUNCIARLI
ALL’AUTORITA’ GIUDIZIARIA PER
OMISSIONE DI ATTI DI UFFICIO E PER
CONCORSO ESTERNO.
E’ NECESSARIO,PERTANTO,APRIRE UNA
STAGIONE DI CONTROLLO
RIGOROSO DELL’OPERATO DEI
PREFETTI IN MATERIA DI LOTTA
ALLE MAFIE E FAR SENTIRE AD ESSI
IL FIATO SUL COLLO DELLA
SOCIETA’   CIVILE.
SONO ESSI,NELLA LORO VESTE DI
RESPONSABILI PROVINCIALI DELLA
SICUREZZA E DELL’ORDINE
PUBBLICO,GLI UNICI RESPONSABILI
SE LE FORZE DELL’ORDINE LOCALI
NON INDAGANO COME SI DOVREBBE
SUI PATRIMONI,LE
MOVIMENTAZIONI BANCARIE,GLI
INVESTIMENTI ECONOMICI
,DISATTENDENDO,COSI’, QUELLO
CHE GIOVANNI FALCONE DICEVA  ”
SEGUITE IL FILONE DEI SOLDI E
TROVERETE LA MAFIA”.
OSSERVATE I ” RISULTATI” DELLE
ATTIVITA’ IN UN ANNO DEI COMANDI
TERRITORIALI !!!!!!!!!!!!!!!
PIETOSI !!!!!!!!!
SE NON INTERVENISSERO DAI GRANDI

CENTRI LA DIA,IL GICO,IL ROS,LO
SCO,I CORPI CENTRALI CIOE’,
SAREMMO ANCORA AL MEDIOEVO.
E,SE SULLE SCRIVANIE DEI PM NON
ARRIVANO LE INFORMATIVE,LA
MAGISTRATURA NON PUO’
NEMMENO APRIRE I PROCEDIMENTI.
QUESTI SONO I PROBLEMI REALI CHE
DOVREBBERO AFFRONTARE TUTTI
QUELLI CHE PARLANO    – SENZA
NEMMENO  SAPERE DI COSA  SI
TRATTA – DI MAFIA ED
ANTIMAFIA!!!!!!!!!!!
QUELLA CHE  DOVRA’  VEDERCI
IMPEGNATI  NELL’ANNO APPENA
INIZIATO – UN’ATTENZIONE
PARTICOLARE SULL’AZIONE DELLE
PREFETTURE SUL PIANO DELLA
LOTTA ALLE MAFIE – DOVRA’ ESSERE
LA MADRE DI TUTTE LE BATTAGLIE.
I PREFETTI DISPONGONO DI UN POTERE
ECCEZIONALE IN MATERIA,UN
POTERE CHE NON TUTTI HANNO
USATO COME ERA NECESSARIO.
E QUESTO NON DOVREMO PIU’
TOLLERARLO.
INVITIAMO SIN DA ORA  GLI AMICI E LE
AMICHE DI TUTTA ITALIA,ISCRITTI E
SIMPATIZZANTI, A SEGNALARCI
OGNI COMPORTAMENTO ANOMALO
,OMISSIVO,COLLUSIVO.
E’ NECESSARIO COMINCIARE AD
ESSERE,SE VOGLIAMO  SERIAMENTE

FARE LA LOTTA ALLE
MAFIE,ACCENTRARE LA MASSIMA
ATTENZIONE SULLE PREFETTURE.
—————————————————

IL RUOLO    DEI PREFETTI E LA NECESSITA’ URGENTE   DI    MODIFICARE    LA
LEGGE.
L’ASSOCIAZIONE CAPONNETTO    PUBBLICA  QUESTA   NOTA    AL  FINE  DI
AVVIARE   NEL  PAESE   UN’ APPROFONDITA   RIFLESSIONE    SUL
RUOLO   DEI   PREFETTI   SUL   VERSANTE   DELLA   LOTTA   ALLE
MAFIE  E  SULL’URGENTE    NECESSITA’   DI  UNA  MODIFICA DELLA
LEGISLAZIONE IN  MATERIA.
NON    E’    POSSIBILE    PARLARE    SERIAMENTE   DI    LOTTA    ALLE   MAFIE
PERPETUANDO     L’ATTUALE   STATO  DELLE   COSE.

il fenomeno del condizionamento delle istituzioni e  degli Enti locali –

Il degrado delle Istituzioni
I recenti eventi giudiziari  che hanno coinvolto due ex ministri dell’Interno ( Scajola e
Cancellieri )
per fatti di rilevante gravità nonché i recenti arresti di prefetti ( Blasco, La Motta , Ferrigno) e
l’incriminazione di ex Prefetti  ( Maria Elena Stasi e Maddaloni entrambi condannati  in primo
grado  ) sempre per fatti riferibili ad ambienti della criminalità organizzata o meglio ad
ambienti
politici contigui alla criminalità organizzata,   devono necessariamente indurci a fare una
riflessione
sul ruolo e sui poteri che la legge assegna all’Amministrazione dell’interno nella lotta alla

criminalità organizzata.
Ovviamente occorre  doverosamente  sottolineare che l’amministrazione dell’Interno
registra  la
presenza di una stragrande maggioranza di persone  che dedicano la loro vita lavorativa e
in molti
casi anche personale,   al servizio esclusivo  dello Stato.
Proprio per tutelare anche questa categoria di servitori dello Stato e per consentire a questi
di poter
svolgere con serenità e senza interferenze della politica,  le azioni  istituzionali di contrasto
al
crimine organizzato,   occorre capire quali siano state le cause  che hanno determinato la
devianza
dell’azione di settori dell’amministrazione dell’interno ad appannaggio degli interessi di
contesti
socio politico criminale.
Analizzando bene i fatti di cronaca giudiziaria  che vedono coinvolti ministri dell’interno e
prefetti
si capisce subito che nelle vicende stesse hanno un ruolo centrale interessi personali
riferibili a
politici spesso di rilevo nazionale. Basta citare a solo titolo esemplificativo il   caso dell’ex
parlamentare Nicola Cosentino ed il recente coinvolgimento dell’ex prefetto Stasi .
Infatti i fatti giudiziari in questione rilevano come  spesso le contestazioni formulate  dalla
Magistratura  riguardino condotte  volte a favorire uomini politici . Basta vedere la vicenda
del
prefetto Stasi nell’ambito dell’indagine sui distributori di carburanti  di proprietà della famiglia
Cosentino ovvero la vicende di appalti  al comune di Caserta  per la quale sono state
condannati i
prefetto Stati e Maddaloni per interessi riferibili a ditte di  Nicola  Ferrara, esponente politico
regionale dell’UDEUR , oppure la vicenda esaminata nel corso del processo cosentino del
mancato
scioglimento del consiglio comunale di Mondragone la cui compagine politica era
riconducibile
all’ex ministro Landolfi ovvero al mancato rilascio del certificato antimafia interdittivo alle
ditte
ECO Quattro e Aversana Petroli , entrambe riferibili ad interessi della famiglia Cosentino.
Appare quindi evidente la correlazione tra condizionamento dell’azione dei Prefetti ed in
genere
dell’amministrazione dell’Interno  con la politica nella quale ampi settori    spesso sono
contigui ad

ambienti della criminalità organizzata ( soprattutto nelle regioni meridionali) .

Ma perché i prefetti si piegano alla Politica ovvero perché sono condizionati dalla stessa ?
Prima di rispondere a questa domanda vediamo chi sono e cosa fanno i prefetti .
Il prefetto è il massimo organo amministrativo periferico, terminale politico-operativo
dell’apparato
della sicurezza, agente elettorale del governo, motore della vita economica e sociale della
provincia,
tutore dell’ente locale.
Il prefetto  ha una  posizione di eminenza del Prefetto rispetto alle altre cariche
amministrative
periferiche in virtù del riconoscimento della rappresentanza dell’esecutivo nella provincia e,
conseguentemente, il carattere tendenzialmente “generale” del campo delle attribuzioni.
L’art. 2 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.), concede un’amplissima
facoltà
al Prefetto di adottare atti contingibili e urgenti per esigenze di sicurezza pubblica.
Il  Prefetto presiede i  Comitati Provinciali della Pubblica Amministrazione e dei comitati
metropolitani; ha  funzioni in materia di droga, scioperi nei servizi pubblici essenziali,
antimafia,
statistica; della ricostruzione del ruolo del Prefetto rispetto alle autonomie territoriali.
Insomma la legge ha conferito ai prefetti poteri enormi. Tra questi   è appena il caso di
ricordare
quelli che esercita attraverso il Comitato provinciale Ordine e sicurezza pubblica, che vede
la
partecipazione, in posizione di subordinazione funzionale, del Questore e dei Comandanti
Provinciali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. E’ proprio nel comitato che si
decidono  le
proposte  al consiglio dei ministri degli scioglimenti dei consigli comunali per infiltrazioni
mafiose,
le misure di tutela da assegnare ai magistrati , ai cittadini minacciati, ecc. ecc.
Gli stessi vertici delle Forze dell’ordine  a livello provinciale  sono soggetti, ai fine
dell’avanzano di
carriera,  delle valutazioni da parte dei prefetti.
Quindi i prefetti sono potenzialmente in grado di incidere sulle figure apicale delle tre forze di
polizia e indirettamente sui magistrati esposti a pericoli di attentati o di sicurezza  personale
,
dovendo il prefetto decidere  se e  a chi assegnare le misure di tutela ( vigilanza  , scorta,
nei sui diversi livelli di gravità, ecc )
Ci si renderà conto che il Prefetto , stante la delicatezza dei compiti assentatigli dalla legge
e il
ruolo centrale nelle vicende più delicate  di ordine e sicurezza pubblica , deve  svolgere le
proprie
finzioni nel pieno ed inderogabile rispetto del principio di imparzialità dettato dall’art. 97 della
nostra carta costituzionale.

Il prefetto è posto nelle condizioni di poter esercitare liberamente e fuori da ogni forma di
condizionamento le proprie delicatissime funzioni ?

Per poter rispondere è necessario capire come  si articola la carriera prefettizia e come
vengono
nominati i prefetti e assegnati alle sedi provinciali .
La nostra carta costituzionale non prevede, come per l’ordine giudiziario, un organo di
autogoverno
che possa assicurare l’indipendenza e l’autonomia dei Prefetti . Invero non prevede neppure
la
figura del prefetto la cui presenza deriva dalla normativa del ventennio fascista.
Invero i prefetti vengono nominati dal Consiglio dei ministri.
Sono cioè nominati  dalla politica che in un dato momento storico è posta alla presidenza
del
consiglio dei ministri e ne ha maggioranza politica in seno allo stesso Organo.
Quindi, come è agevole, comprendere , i perfetti vengono nominati a secondo della loro
contiguità o
meglio del gradimento di quella o   quell’altra forza politica.

Quindi, per esempio,  ci troveremo che nel periodo del Governo Berlusconi sono stati
nominati
prefetti , coloro ritenuti di gradimento di quella forza politica. In genere queste scelte
risentono
anche  delle indicazioni provenienti dai coordinatori regionali. In Campania nel periodo dei
governo
Berlusconi,   per un lungo lasso tempo il ruolo di coordinatore regionale è stato assunto
dall’ex
parlamentare Nicola Cosentino, oggi sottoposto a processo per concorso esterno in
associazione
mafiosa.

Insomma l’imparzialità che deve inderogabilmente risiedere alla base delle scelte dei
prefetti  può
inconfutabilmente essere minata da questi meccanismi di nomina  che ineludibilmente
possono
creare momenti di devianza nelle scelte prefettizie.

Non è la prima volta che prefetti non allineati alla politica  ovvero ad una certa parte di
politica
deviata, siano stati  gravati da provvedimenti dal carattere sanzionatorio. Tutti ricorderanno il
prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli che sciolse il consiglio comunale di Reggio e
con
l’insediameno del Ministro calabrese Alfano è stato repentinamente trasferito altrove.
Ovvero il
prefetto di Agrigento Fulvio Sodano trasferito dal sottosegretario all’Interno Antonio D’Alì,
quest’ultimo  poi incriminato per concorso in associazione mafiosa.
Insomma appare improcrastinabile l’esigenza di  blindare talune delicate funzioni di ordine e
sicurezza pubblica   assegnate ai prefetti.
Due sono le strade: o si modificano le leggi prevedendo un meccanismo di nomina dei
Prefetti
attraverso un sistema simile a quello previsto per i magistrati oppure si trasferiscono queste
funzioni
strategiche per la sicurezza   dei cittadini e dei servitori  dello stato alla magistratura.

Appare inaccettabile che debba essere un funzionario dello stato nominato, prefetto,  dalla
politica a
decidere se un magistrato ( che spesso si trova ad indagare politici di rilievo nazionale
presenti
direttamente o indirettamente nel consiglio dei Ministri) debba o meno avere  misure di
tutela a
fronte di minacce anche potenziali o di esposizioni  elevante a rischio attentato. Appare
paradossale
che debba essere il prefetto, espressione della politica a formulare giudizi e valutazione sul
questore
e sui Comandati provinciali dell’arma e della g di f . Innegabilmente gli stessi possono per
questi
giudizi subire  una sorta di condizionamento o di timore reverenziale nei confronti del
prefetto ogni
qual volta si trovano a  dover indagare su fatti e vicende che riguardano gli stessi prefetti o
politici che hanno espresso gradimento per quello stesso prefetto.
O peggio ancora, appare  assurdo   che debba essere il   prefetto  a decidere se  e quando
sottoporre
ad indagini antimafia, un consiglio comunale   per infiltrazione  della  criminalità organizzata,
quando lo stesso consiglio comunale è  dello  stesso partito politico che   risiede nel
Consiglio dei
ministri e che quindi  potenzialmente può incidere sul prefetto stesso.
Non è la prima volta che pur in presenza di evidenti episodi di infiltrazioni della criminalità
organizzata non si sia proceduto allo scioglimento delle amministrazione risultate permeabili
alla
c.o. . ( basti citare i casi del Comune di Fondi, del comune di Mondragone, Castellammare
di stabia,
di torre annunziata, di torre del greco,  e di tanti altri comuni ). Analoga considerazione vale
per il
rilascio dei certificati antimafia. Appare assurdo che un imprenditore per poter stipulare
contratti
con la pubblica amministrazione debba essere sottoposto alla valutazione del prefetto ai fini
del
rilascio della c.d. liberatoria antimafia. E’ evidente che in siffatto contesto e meccanismo di
nomina
e rimozione dei prefetti, l’imprenditore che sarà di gradimento della politica di maggioranza e
quindi dei prefetti,   risulterà immune da problemi di antimafia ( vedi il caso della società
Aversana
petroli dei Fratelli Cosentino, la Eco Quattro di Castel Volturno riferibili agli stessi politici
della
corrente di Cosentino, alla società dei fratelli Buglione, e tante altre società notoriamente
infiltrate
dalla criminalità ma che operano indisturbate e di contro ditte che  non si sono piegate ai
voleri
della politica che invece vengono colpite da interdittive antimafia per vicende banali ed
insignificanti
La democrazia in siffatti condizione è messa a dura prova.

La politica sana e la società civile devono  farsi carico di indicare le soluzioni . Occorre che
in
attesa di una legislazione che garantisca l’imparzialità e l’indipendenza dei funzionari dello
stato
preposti all’esercizio  di delicati compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica e
soprattutto nella lotta alla criminalità organizzata,  dette funzioni vengano trasferita alla Magistratura che , per
effetto dell’autonomia ed indipendenza garantitagli dalla Costituzione possa adottare le
decisioni
più giuste ed imparziali e scevre da condizionamenti della politica che ,  come si diceva
risente della
presenza di ampi settori  contigui alla criminalità organizzata .

Le implicazioni con la vita politica napoletana  costituiscano  il punto di partenza storico di
un
intreccio perverso che ha determinato il consolidarsi  del fenomeno dell’infiltrazione e del
condizionamento degli Enti locali
Nel corso degli anni ottanta , infatti,  In Campania tanto per citare un esempio,  si è assistito
all’espandersi ed al consolidarsi  di un fenomeno sociale  molto grave che ha messo in luce i
diffusi
rapporti  nell’ambito della gestione della “ cosa pubblica”  tra politica, affari e malavita
organizzata
di tipo mafioso .
Il degrado delle Istituzioni a Napoli era  tale da indurre il Procuratore Cordova a una
denuncia
amara ma non disperata: «Lo Stato a Napoli, dice Cordova, è un’entità eventuale, aleatoria,
virtuale.
Parlo dello Stato ufficiale non di quello reale, l’unico che a Napoli la gente conosce e teme
per
davvero: la camorra. Le leggi dello Stato sono lente, i processi non finiscono mai e la pena è
un
evento remoto, prescrivibile, amnistiabile, depenalizzabile. Le leggi della camorra sono
ferree e
immutabili, semplici e inderogabili, i giudizi si celebrano fulmineamente, e le sentenze sono
rapidissime, inappellabili e immediatamente esecutive. È ovvio che i cittadini temono lo stato
effettivo, quello camorristico, e non quello ufficiale».
La camorra si è trasformata in stato, che ci si trova di fronte ad un vero e proprio fenomeno
di
banditismo sociale, di neo brigantaggio populista.
La fiducia dei cittadini nelle Istituzioni cala di giorno in giorno.
Non vi e’  indagine su organizzazioni camorristiche che non riveli preoccupanti fenomeni di
penetrazione   collusiva nelle istituzioni.

Per molti versi, lo Stato sembra corrispondere a modelli ideali di sviluppo degli interessi
criminali,
anziché« di salvaguardia degli interessi della collettività    e delle istituzioni statuali.
In estrema sintesi si può quindi affermare che si è di fronte ad un nuovo soggetto che
oramai può
essere definito Alta  Camorra che ha dato prova di non essere più ai margini della società,
ma sta
conquistando progressivamente –  o forse ha già conquistato –   i centri dei poteri politico,
economico e sociale. Insomma  la camorra sta tentando di non porsi in posizione esterna o
antitetica, ma di stare ben dentro lo Stato, la politica, la società, l’economia.
Insomma la repressione dei delitti e delle illegalità, che è un  sacrosanto dovere dovrebbe
essere
accompagnato da un controllo capillare, da un meticoloso accertamento sulla debolezza
istituzionale di fronte alla pressione corruttiva e alle collusioni di gran parte di essa con l’Alta
Camorra. In definitiva è condivisibile quanto sostenuto da un noto giornalista che
“ I grandi camorristi  stanno nell’ombra “.
L’intreccio tra criminalità, politica e affari negli enti locali è sicuramente quello maggiormente
avvertito dal cittadino comune in quanto gli stessi  Enti più di ogni altra istituzione risultano,
in
considerazione delle funzioni istituzionali cui sono deputati per legge , a stretto contatto con
la
collettività amministrata. Le indagini condotte dalla magistratura
Il primo ed incisivo intervento,  che il  legislatore ha  posto in essere per tutelare gli enti
locali dalle
ingerenze della criminalità organizzata   si è avuto con l’approvazione  della Legge
22.7.1991, n.
221  che ha introdotto l’art. 15 bis della L. 55/1990 concernente lo scioglimento dei consigli
comunali e provinciali coinvolti in fenomeni di infiltrazione e di condizionamento mafioso. La
stessa norma oggi è confluita nell’art. 143 del D.lgt. 267/2000
E’ una norma sicuramente di carattere eccezionale,  in quanto  a prescindere dal giudizio
penale,
l’amministrazione  locale  risulta evidentemente  inquinata , al punto che nessun’altra misura
, al di
fuori  dello scioglimento, potrebbe risultare  idonea al recupero della legalità.
Era presente  nell’ordinamento un vuoto normativo, che  consentiva di fronteggiare  queste
situazioni , e per riempirlo si era  fatto ricorso ad un uso indiretto  della potestà di
scioglimento dei consigli comunali  per motivi di ordine pubblico ( si ricorda il caso del comune di Quindici,
retto
da un esponente apicale di una  nota famiglia camorristica, sciolto nel 1983 per motivi di
ordine
pubblico  dall’allora  Presidente della Repubblica Sandro Pertini .
La legislazione speciale antimafia in questione  intende, prioritariamente, salvaguardare gli
interessi
pubblici dalle mire della criminalità organizzata, ancora prima che si vengano a determinare
le
condizioni oggettive e concrete dell’aggressione a beni giuridicamente protetti.
In particolare  il procedimento di accertamento scaturente dai poteri previsti e demandati
dalla
suddetta legislazione ai Prefetti, ovvero alle Commissioni delegate, all’uopo istituite,
risponde alla
funzione di prevenzione cautelare globale che prescinde, nella sua applicazione, da istituti e
concetti
dell’ordinamento penale, da cui se ne discosta dichiaratamente.
Particolarmente  innovativa risulta la disposizione contenuta nell’art. 143 del D.lgt.
267/2000   che prevede la possibilità che il prefetto , nella fase istruttoria  del procedimento
di
scioglimento , acquisisca dal procuratore  della repubblica notizie utili a motivare la
decisione , in
deroga all’art. 329 del codice di procedura penale , superando cioè l’obbligo di segretezza
disposto
da tale norma  con riguardo alle esigenze  del procedimento penale .
Ma la facoltà più significativa conferita dal legislatore al prefetto per la ricerca  di ogni
elemento di valutazione utile allo svolgimento dell’azione amministrativa assegnatagli dalla
stessa
norma scaturisce  dal disposto normativo di cui al Decreto legge 354/1991, convertito nella
Legge
30.12.1991, n. 410 che consente, attraverso poteri investigativi, di verificare se ricorrono
pericoli di
infiltrazione tipo mafioso  nell’ambito dello svolgimento dei “ servizi” cui sono deputati per
legge
gli enti locali .
Nel 2009 con la legge 94 , l’art. 143 del d.lgs. 267/2000 ha subito una modifica che appare
aver
ridimensionato e affievolito l’azione di contrasto alla criminalità organizzata. Infatti è stato
stabilito che le indagini antimafia debbano essere svolta da una commissione composta “ da tre
funzionari
della pubblica amministrazione.
Invero  prima dell’entrata in vigore della legge 94/2009  le indagini venivano svolte da organi
di
polizia  che stante le loro specifiche conoscenze  e professionalità info-investigative,
potevano
fornire un contributo determinate al buon esito delle indagini. Invece il legislatore del 2009
ha
affidato a tre funzionari della P.A. dette attività di indagini.
Ogni commento appare del tutto superfluo.
Infatti precedentemente  per le operazioni di accesso antimafia nei comuni, i  prefetti  si
avvalevano
di apposite commissione composte da rappresentanti di tutte le forze, dell’ordine nonché da
un
rappresentante della D.I.A., nonché da funzionari statali  appartenenti ad amministrazioni
che,
nell’ambito delle proprie attività istituzionali, avevano  competenza  e conoscenza delle
attività
amministrative cui i comuni sono deputati per legge .

Associazione  A.Caponnetto
www.comitato-antimafia-lt.org