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Gli 11 anni di stragi: il filo nero, le bombe e i fantasmi di Moro

Gli 11 anni di stragi: il filo nero, le bombe e i fantasmi di Moro

10 Marzo 2020

di Gianni Barbacetto

Un libro ripercorre la “strategia della tensione” rileggendo le carte dei magistrati che hanno indagato. La verità storica sui processi finiti, spesso, senza colpevoli

I fantasmi sono morti che non riposano in pace e che non lasciano in pace nemmeno i vivi, perché continuano a manifestarsi chiedendo loro di onorare un debito, o di liberarli dalla maledizione che consiste proprio nel ritornare”. Così scrisse Giovanni Moro, figlio del presidente della Dc ucciso dalle Br. I fantasmi shakespeariani che inquietano la storia italiana recente sono i protagonisti di un libretto imperdibile per chi voglia capire che cosa è successo nel nostro Paese tra il 1969 e il 1980. Attentati, stragi, tentati golpe, pianificazioni segrete, logge misteriose. È stata chiamata “strategia della tensione” ed è “un caso unico nell’Europa occidentale dopo il 1945”, scrive Angelo Ventrone, curatore del volume L’Italia delle stragi, edito da Donzelli. Il più piccolo e prezioso dei libri usciti cinquant’anni dopo il primo atto di quella guerra, la strage di piazza Fontana.

Scritto, capitolo dopo capitolo, dai magistrati protagonisti delle inchieste che quasi mai sono riuscite ad arrivare alla condanna dei responsabili, ma sempre hanno raccolto materiali che oggi, accumulati e letti insieme, sono ormai sufficienti a proclamare la realtà storica. Piazza Fontana, il golpe Borghese, la strage di Peteano, quella alla Questura di Milano (Pietro Calogero), la Rosa dei venti, il “golpe bianco” di Edgardo Sogno (Giovanni Tamburino), piazza della Loggia (Gianpaolo Zorzi), la bomba dell’Italicus (Leonardo Grassi), la P2 (Giuliano Turone), la strage di Bologna (Vito Zincani), la continuità del progetto stragista (Claudio Nunziata). I racconti si sommano e s’intrecciano, a costruire la storia nera di una guerra segreta. Per custodire la memoria, per “salvare il passato”, come scrive Paolo Jedlowski, “salvarlo dal Tempo e dall’Oblio”.

C’è un filo nero: “Destabilizzare l’ordine pubblico, per stabilizzare l’ordine politico”, come ha sintetizzato Vincenzo Vinciguerra, autore dell’azione di Peteano e poi storico in carcere della storia nera d’Italia. Tenere in scacco la democrazia, sospendere la Costituzione, inquinare le istituzioni con poteri segreti. La democrazia, alla fine, ha tenuto, ma è necessario che di questa storia rimanga traccia, perché i veleni del passato non restino a inquinare il futuro. E allora teniamo questo libro nelle nostre case e apriamo, anche a caso, le sue pagine. Scopriremo schegge di verità sconvolgenti.

Pietro Calogero, che fu il primo magistrato a indagare sulla “pista nera” che portava da Padova a piazza Fontana, ricorda i “rapporti informativi” redatti da Guido Giannettini, giornalista fascista e agente del Sid (il servizio segreto militare).

Vi si legge il “programma” della strategia eversiva, con la “decisione” presa da “ambienti politici ed economici italiani, appoggiati anche da ambienti stranieri (fra cui sicuramente gli americani)” di procedere alla “sostituzione del centrosinistra in Italia con una formula sostanzialmente centrista”. Un “ritorno al centrismo” da attuare anche con “gruppetti isolati neofascisti” pronti a mettere bombe, finanziati da “gruppi industriali del Nord Italia”. Scritto in data 4 maggio 1969: all’inizio dello sciame di bombe, falsamente anarchiche, che porteranno al botto grosso di piazza Fontana. Gelli ha un ruolo di primo piano in questa storia. Uomo degli americani fin dagli anni Sessanta, “custode” dei tentati golpe dei Settanta (è lui che nella notte dell’8 dicembre 1970 dà il “contrordine operativo che paralizzò l’azione insurrezionale” del golpe Borghese), regista della penetrazione degli uomini P2 nei gangli del potere economico, politico, mediatico, militare negli Ottanta, depistatore e finanziatore (secondo un’inchiesta ancora in corso) della strage di Bologna. C’è del metodo, in questa follia. C’è un piano. Da raccontare e conservare nella memoria, per acquietare i fantasmi del passato.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

fonte:www.antimafiaduemila.com