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Giustizia. Il disegno del governo: un disastro!

Guerra di cifre sui processi prescritti con “processo breve” : Palamara le conferma tutte: il 50% dei processi a Roma, Bologna, Torino e il 20-30% a Firenze, Napoli e Palermo rischiano di saltare. Alfano bacchetta i pm in tv, ma propone tre tavoli di confronto. Dal Pd si chiede che il ddl venga ritirato e “solo allora” si è disposti a discutere di riforme della giustizia. Piero Grasso interviene sulla vendita dei beni confiscati alla mafia: “Alla fine, se li acquistano i mafiosi saranno loro a finanziare la nostra attività”

Il Pd è disponibile a discutere sulla riforma della giustizia ma solo se la maggioranza ritirerà dal tavolo il disegno di legge sul processo breve. Lo ha detto il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in una conferenza stampa al termine della Direzione del partito.
“Quello della giustizia – ha detto Bersani – è sicuramente un problema per i cittadini, vista la lunghezza dei processi. Noi non solo siamo disponibili a discuterne, ma abbiamo già presentato quattro proposte di legge. Adesso però ci stanno facendo vedere un altro film, e cioè come evitare i processi al premier. Ritirino queste norme che sono un pugno in un occhio – ha insistito il segretario del Pd – perché con questa legge si aboliscono solo i processi ai colletti bianchi e per noi non è possibile”.
“Noi siamo pronti a parlare di giustizia ma al netto dei problemi del premier – ha concluso Bersani – che vuol tenere la pallottola in canna del ‘Giudizio di Dio’ sul dopo Berlusconi”.

Per Di Pietro, il ddl sul processo breve è “immorale” e “incostituzionale, e per queste ragioni “a partire dal 5 dicembre raccoglieremo le firme per il referendum abrogativo di questa ennesima porcata berlusconiana”. “La proposta sul processo breve – osserva il leader IdV- contiene almeno tre sconfitte per Alfano e per il governo Berlusconi. Primo: perché se fosse vero che incide solo sull’1% dei processi vuol dire che non risolve il problema. Secondo: non è vero che incide solo sull’1% ma la maggior parte dei processi non si farà e vedrà i delinquenti ancora in giro per strada. Terzo: è immorale fare un provvedimento che mette fuori i delinquenti e lascia senza giustizia le vittime dei reati”.

Nel frattempo prosegue l’attacco del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, nei confronti dei pm ospiti “troppo fissi nei talk show televisivi “e dei loro capi ufficio che non “contengono” il loro presenzialismo: “I procuratori capo dovrebbero contenere le attitudini cinematografiche di alcuni sostituti e se non lo fanno vuol dire che non hanno l’attitudine a dirigere il loro ufficio”, ha detto il ministro intervendo al seminario del Csm sull’organizzazione delle procure. “I vari presidenti della Repubblica, da Pertini in poi, hanno sempre richiamato l’obbligo della magistratura non solo a essere imparziale, ma anche a non apparire parziale”. Alfano ha tuttavia sottolineato di non conoscere dal piccolo schermo “la maggior parte dei presenti”, a “riprova che la maggior parte dei capi degli uffici requirenti svolge la sua attività nella riservatezza”.

Il ministro ha anche teso la mano ai magistrati, avanzando tre proposte: un tavolo di confronto sulle sedi “disagiate”, un altro per valutare i bisogni di risorse e mezzi delle procure nell’ambito dei fondi aggiuntivi per la giustizia che potrebbero arrivare dai beni sequestrati alla mafia, e un terzo tavolo per dar modo a “chi lotta in trincea” di contribuire al “piano straordinario che il governo intende lanciare contro la mafia”.
Riguardo le riforme allo studio in materia di giustizia, Alfano ha assicurato che per il governo indipendenza e autonomia della magistratura sono “sacre” e che “nessuno vuole sottomettere il pm all’Esecutivo: “Lo riterremmo sbagliato”. Si tratta di un’ipotesi che non c’è nel programma di governo e “non intendiamo procedere, neanche surrettiziamente, in questa direzione”. Tuttavia, ha poi precisato, “è sacra anche la rivendicazione di autonomia del Parlamento”.
Se “si legge che il Csm ha bocciato un provvedimento che sta ancora seguendo il suo iter alle Camere, il legislatore ha una qualche forma di reazione, perché tiene al fatto che fare la legge spetta a lui”, insiste il ministro.

Poi, promettendo di “battersi per avere più risorse per il settore giustizia” e impegandosi a “studiare con il Csm il problema delle piante organiche”, e a fornire “risposte concrete e rapide”, il Guardasigilli ha parlato delle risorse aggiuntive che dovrebbero arrivare dai beni sequestrati alla criminalità organizzata. Grazie alle ultime norme antimafia sono stati sequestrati circa 1 miliardo di euro e beni immobili per circa 4-5 miliardi, mentre bisogna ringraziare anche i pm, ha riconosciuto Alfano, se negli ultimi 15 mesi, a legislazione invariata, sono stati risparmiati 70-80 milioni di euro rinegoziando i costi dei servizi di intercettazione. A margine dell’incontro con i capi delle procure, il ministro è poi tornato sulla guerra di cifre che si è scatenata tra Ministero e Anm sul numero dei processi che cadrebbero in prescrizione per effetto della legge sul “processo breve”: la “difformità di analisi” dei numeri è “plateale”. Per questo, Alfano non crede che l’Anm “abbia potuto davvero dire che si prescrivono su 3 milioni 300 mila procedimenti pendenti, circa la metà, ossia 1 milione 700 mila”. Una stima che il ministro giudica “talmente iperbolica e infondata” che è sicuramente dovuta a un “cortocircuito di comunicazione”.

“I numeri né si inventano, né si esasperano, né si sottovalutano”, ha commentato invece il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ammettendo che le cifre sono in effetti “discordanti”, ma ricordando che oggi la sesta commissione ascolterà presidenti e procuratori capo dei nove più importanti uffici giudiziari del Paese per avere un quadro più preciso, “anche se – ha avvertito – la statistica che verrà fuori sarà parziale”.

E il presidente dell’Associazione nazionale dei magistrati, nel corso di una intervista a Rcd, ribadisce la “validità” e “l’esattezza” dei dati forniti ieri sul numero di processi che si estinguerebbero in caso di approvazione del disegno di legge “progetto breve”. “Abbiamo evidenziato dei dati – afferma Palamara – in virtù dei quali il 50% dei processi a Roma, Bologna, Torino e il 20-30% a Firenze, Napoli e Palermo rischiano di saltare. Si tratta di dati che noi abbiamo raccolto nei distretti giudiziari. Noi abbiamo solo monitorato quanti procedimenti in corso – sia davanti al giudice monocratico, sia davanti al giudice collegiale, sia al giudice dell’udienza preliminare – rischiano di saltare, in quanto già trascorsi due anni dallo svolgimento dei processi stessi. Vi è un’ampia tipologia di procedimenti, dalla truffa ai falsi in bilancio ed altro, in virtù dei quali è difficile ritenere che il processo possa chiudersi in due anni. Abbiamo processi già in corso nei quali sono stati sentiti molti testimoni, in relazione ai quali – se dovesse entrare in vigore questa norma – noi dovremmo dire: ci scusiamo con le vittime del reato, ma non possiamo più andare avanti perché ormai sono decorsi i due anni”.

Il presidente del sindacato dei magistrati sostiene quindi che “prima di affrontare questa tipologia di riforme, bisogna mettere mano alla macchina dell’organizzazione giudiziaria, cioè rivedere le circoscrizioni giudiziarie accorpando i tribunali inutili; abbiamo un’organizzazione giudiziaria risalente all’800 non più rispondente alla modernità del paese; occorre informatizzare sia il processo penale che quello civile, occorre una seria depenalizzazione dei reati meno gravi e una semplificazione dei riti nel processo civile; occorre chiaramente dotare il sistema giudiziario di risorse e mi riferisco anche al personale amministrativo che è stato ulteriormente limitato e non è stato riqualificato così come da tempo chiede”.

C’è poi la partita economica e la norma contenuta nella finanziaria che consente di vendere i beni confiscati alla mafia. “Il problema non è tanto chi li vende, ma chi li acquista”, è il commento del procuratore nazionale antimafia Piero Grasso. “Capisco che è per fare cassa e c’è bisogno, però, anziché trovare soluzioni così ultimative, non si possono mai vendere o si vendono tutti, forse si può trovare un contemperamento degli interessi vendendo quelli che non sono produttivi e di utilizzare, magari affidandoli alle cooperative di giovani, quelli che sono invece sfruttabili”.
Grasso rileva che “in un momento di crisi economica e di interventi nelle aste ai fini di farle andare deserte, si potrebbe correre il rischio di vendere a prezzi stracciati questi beni. Beni che poi servirebbero a finanziare il ministero dell’Interno e della Giustizia e quindi la legge sul processo breve. Alla fine, se li acquistano i mafiosi saranno loro a finanziare la nostra attività”.
Ida Rotano

(Tratto da AprileOnline)