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Giornalisti sotto attacco quando parlano di mafia

 

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Giornalista sotto accusa per aver svelato i rapporti tra mafia e politica

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di Valeria Spirlì

Accusato nel 2010, del reato di diffamazione per aver pubblicato, estratti della relazione della Commissione d’Accesso allegata al decreto di scioglimento del Comune di Taurianova, per condizionamenti mafiosi. Il giornalista Agostino Pantano, prosciolto da quell’accusa, per aver svolto semplicemente il suo mestiere, ossia esercitato il diritto di cronaca e di critica politica, deve, adesso difendersi, sempre per la stessa inchiesta, per una nuova accusa, quella di ricettazione. Lo abbiamo intervistato a tu per tu proprio nel paese in cui tutto ebbe origine.

Spiegaci in che cosa consiste l’accusa di ricettazione per un giornalista professionista?

Accusare un giornalista di ricettazione significa equiparare la professione del giornalista ad una qualsiasi attività di carattere predatorio-utilitaristico, perché la ricettazione è un reato inserito nel libro secondo del codice penale, ovvero in quella parte del codice penale che punisce i reati contro il patrimonio. Ne consegue che considerano la notizia che io ho pubblicato un materiale ricettabile e questa è la fine, secondo me, del giornalismo. La mia vicenda ha diversi profili di gravità. C’è un primo profilo che riguarda la gravità del reato: sostengono che io abbia preso informazioni da un documento, la relazione dello scioglimento del consiglio comunale di Taurianova, che l’accusa considera secretato. Dov’è l’anomalia? Che non mi indagano per divulgazione di notizie segrete che, in qualche modo, è un reato collegato alla nostra professione, ma creano una fattispecie nuova, per cui la professione di giornalista è equiparata a qualsiasi lavoro di tipo predatorio, per creare un vantaggio al giornalista.

Ne consegue che da un reato si passa ad un altro, ossia dal reato d’opinione si passa ad un reato di delinquenza comune, contro il patrimonio?

Non è la prima volta che un giornalista in Italia viene indagato per ricettazione, ma mentre negli altri casi c’era un oggetto presuntamente ricettato, ad esempio una fotografia sottratta dai fascicoli d’indagine e data al giornalista che la pubblica, nel mio caso invece io vengo processato per la seconda volta sulla stessa inchiesta giornalistica, nella quale sono stato prosciolto dall’accusa di diffamazione, però ora vengo processato per ricettazione. Questo è il profilo più grave, una sorta di accanimento giudiziario in un indagine dove manca la refurtiva, perché la relazione presuntamente secretata non è mai stata cercata da chi indaga, tant’e che io, non ho mai avuto una perquisizione e non sono stato mai interrogato.

Ti sei sentito difeso dall’Ordine dei giornalisti e dal Fnsi?

La mia vicenda è stata denunciata pubblicamente per la prima volta da Carlo Parisi, segretario regionale della FNSI (il sindacato unitario dei giornalisti italiani) il quale successivamente è diventato ed è tuttora segretario nazionale aggiunto della federazione nazionale della stampa. A livello nazionale è stato conosciuto anche grazie ad una presa di posizione dell’attuale presidente dell’ Fnsi, Peppe Giulietti e del suo precedessore, il compianto Santo della Volpe che so che è intervenuto all’epoca su questa vicenda. Diciamo che gli organi di rappresentanza nazionale della mia categoria conoscono il mio caso ma devo lamentare che purtroppo l’ordine dei giornalisti non è intervenuto. Non mi interessa attaccare gli organi di rappresentanza della mia categoria perché il mio caso si racconta da solo, per la sua gravità. Se l’ordine regionale e nazionale dei giornalisti ha in qualche modo sottovalutato il caso o ritenuto di non raccontare la mia vicenda è una questione legata alla loro linea sindacale politica e non entro nel merito, constato invece che il sindacato mi difende e mi racconta, l’ordine dei giornalisti no.

Da giornalista qual è il tuo punto di vista?

Si tratta di una nuova frontiera dell’accanimento contro la libertà di stampa, attraverso me vogliono punire il giornalista e intimidire altri giornalisti perché la loro difficoltà è quella di colpire le fughe di notizie. Il fatto è che io non ho rivelato notizie coperte dal segreto istruttorio, non ho aiutato i mafiosi a fuggire perché li ho informati su indagini, io ho fatto una inchiesta su un atto amministrativo della prefettura, quindi un atto tra l’altro richiamato nel decreto di scioglimento. Ne deriva che sono processato per aver scritto contro mafia e malapolitica e l’accanimento che subisco si riferisce al fatto che loro considerano materiale ricettato una relazione prefettizia, non carte sottratte ad un giudice