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Giorgio Bocca ha scritto un saggio meraviglioso “Napoli siamo noi”! Non raccontiamoci favole e non piangiamo lacrime di coccodrillo a proposito delle pallottole alla Polizia a Latina

NOI, L’ANTIMAFIA DEL FARE

Di un risultato positivo possiamo vantarci: oggi, finalmente, tutti parlano di mafia in provincia di Latina e, finalmente, siamo riusciti a stanare chi doveva essere stanato. Si comincia a vedere “chi“ sta “di qua” e “chi” “di là”. Chi “con” la mafia e chi “contro”. E non è poco!!!

Ricordiamo sempre le parole detteci molti anni fa, quando la nostra Associazione non aveva assunto ancora una dimensione regionale, da un Prefetto di Latina che ci esortò… a non parlare di mafia “altrimenti industrie e turisti scappano da questo territorio”.

Sono passati tanti anni e la domanda che ci brucia è la seguente:

se si fosse acquisita consapevolezza del fenomeno mafioso a tempo debito ci troveremmo ora in questa situazione?

Siamo stati i soli che si sono battuti per mettere a fuoco il fenomeno.

E siamo, purtroppo, i soli a condurre un’azione antimafia con i fatti. Pagando di persona.

Almeno 5 sono i dossier che abbiamo redatto al riguardo, consegnandoli a Roma a chi di dovere.

E possiamo essere fieri della citazione fatta dalla DDA di Napoli nella recente ordinanza di custodia cautelare che ha portato in galera una settantina di persone laddove la nostra Associazione viene citata come la fonte che ha dato lo spunto per l’inizio delle indagini.

Altre indagini sono in corso da parte nostra ed altri dossier sono quasi pronti per essere consegnati.

Fatti, non chiacchiere.

Siamo stati e siamo ossessivi nei confronti dei nostri amici di tutto il Lazio nello stimolarli a farci segnalazioni sulle realtà dei singoli territori.

Sospetti, fatti accertati o da accertare, su insediamenti ed investimenti sospetti, collusioni con la politica.

Argomenti tutti degni di attenzione che noi vagliamo per “girarli” a chi istituzionalmente è chiamato ad indagare.

Forze dell’ordine e magistratura vanno aiutati nella lotta contro il malaffare e le mafie. Invece sono state lasciate sole, a cominciare da molti di coloro che oggi mandano espressioni di solidarietà al Questore di Latina ed ai suoi uomini.

Ipocriti.

Mafie che sono tante, annidate dappertutto, nella società, nelle professioni, nella politica, nelle istituzioni stesse.

I “casi” di Nettuno e di Fondi sono quelli ufficiali.

Ma ce ne sono tantissimi altri, non ufficiali perché non si è indagato bene, perché forse è mancata anche la nostra spinta, la nostra denuncia.

Ma noi non possiamo stare dappertutto e costringere tutti i nostri amici sparsi sul territorio della Regione a trasformarsi in investigatori.

Mancano, talvolta, sensibilità e preparazione che possono essere conseguite solo con una lunga, meticolosa militanza.

E non tutti sono, purtroppo, disponibili a fare fino in fondo il percorso.

Anche noi abbiamo dei limiti.

Possiamo, però, essere fieri di aver messo in piedi un impianto di persone serie, che credono nel lavoro che fanno, che producono atti, che sanno come colpire la malapianta.

Che vogliono bene al proprio territorio, alla propria comunità, alla propria famiglia.

Speriamo che con il tempo altri amici maturino, dopo essersi resi conto della gravità della situazione e del rischio di lasciare ai propri figli e nipoti una situazione da brivido in cui sono in pericolo le condizioni di vivibilità civile e democratica.

Un’economia criminale porta sempre ad una politica e ad istituzioni criminali.

Ritornando alla provincia di Latina, stiamo vivendo in questi giorni una sorta di psicodramma.

Quanta ipocrisia, quante lacrime di coccodrillo, dopo le pallottole ricevute dal Questore, dal Capo della Mobile e da due Ispettori del Commissariato di Formia!

Nessuno che analizzi le cause che hanno portato a ciò.

E la causa principale va ravvisata nel comportamento di tutti quegli irresponsabili che fino ad ieri hanno negato l’esistenza del fenomeno mafioso, consentendo, così, alle mafie di radicarsi sul territorio.

Fermiamoci a questa definizione, perché, se andassimo oltre, dovremmo andare, come giustamente fa rilevare la brava Graziella Di Mambro su “Latina Oggi”, a scovare quanti siedono nelle varie assisi pubbliche e sono inquisiti per contatti con le mafie.

Ce ne sono. Ed altri ce ne sarebbero ancora se nel passato si fosse indagato come si doveva e si fosse mandato a processo chi meritava di andarvi.

Ci brucia ancora quell’archiviazione –senza che nessuno di quelli che oggi mandano la loro solidarietà al Questore abbia mostrato la sensibilità di chiedere il “perché” ed abbia fatto qualche passo per far intervenire gli ispettori del Ministero della Giustizia o la Procura di Perugia o il CSM – della parte relativa al “voto di scambio” della inchiesta “Formia Connection”.

A Formia e in tutto il sud pontino la situazione è drammatica.

Ci sono tutti i clan ed il controllo dell’economia è quasi completo da parte di gente venuta dal napoletano e dal casertano.

Non stiamo parlando a vanvera, come molti sono soliti fare.

Gli investigatori sanno di cosa stiamo parlando.

Ed allora… quali “patti di sicurezza”, quali “tavoli della legalità” su un territorio siffatto?

Qua c’è da mettersi a tavolino (senza palcoscenici, comizi e passerelle di gente sprovveduta e non informata), fra poche persone responsabili, serie e “pulite”, parlarsi fuori dai denti, mettere a fuoco situazioni, fatti e problematiche, creare una task force stabile ed in grado di aiutare forze dell’ordine e magistratura a chiudere il cerchio.

Solo dopo aver effettuato una bonifica radicale, si può cominciare a parlare, per stabilizzare la nuova situazione, di “tavoli della legalità”, ”patti della sicurezza” e quant’altro.

Noi non vogliamo correre il rischio, come si è verificato in Sicilia, di sederci al fianco di qualche infiltrato mafioso.

Le mafie sono infiltrate dappertutto.

Anche noi, come sanno investigatori e magistrati inquirenti, abbiamo subito anni fa tentativi di corruzione e di infiltrazione…

Quindi, non raccontiamoci più le favole…

Noi siamo e saremo vicini, non con le chiacchiere, al Questore D’Angelo, al Dr. Tatarelli, al Dr. Pepe, al Dr. Di Francia ed ai loro collaboratori.

Ma, per piacere, non parliamo del passato. Per le ragioni che abbiamo espresso sopra…