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Gioia Tauro, il porto tradito dagli affari della ‘ndrangheta

di Gigi Di Fiore – Inviato

Gioia Tauro. L’anniversario dei 30 anni è passato in sordina. Il 9 maggio del 1987, sotto la sua casa di via Giovanni XXIII venne ucciso il medico 55enne Vincenzo Gentile. Era il sindaco della Dc andreottiana nel comune di Gioia Tauro. Si sentiva tranquillo, anche perché era compare di cresima del nipote di don Peppino Piromalli e, nel processo alla celebre cosca di ndrangheta che domina la Piana, aveva dichiarato: «A Gioia la mafia non esiste, per me sono brave persone».

Così brave che undici anni dopo pensarono di far uccidere un altro medico, Vincenzo Ioculano, colpevole di non aver accettato la candidatura a sindaco per nome e per conto della cosca. La Piana resta rovente, l’ingresso del porto, eterna scommessa di un’area depressa, ha sempre un aspetto cupo. Qui doveva nascere un centro siderurgico e non se ne fece nulla. Venne realizzato il porto, con l’idea di farne un approdo fondamentale per i container provenienti da Asia e Sudamerica.

«Purtroppo, su quel porto mise subito le mani la ndrangheta – spiega il procuratore capo di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho – Imposero ditte di subappalti e tangenti da un dollaro e mezzo per ogni container scaricato».

Dici ndrangheta e qui, sulla Piana, il nome ricorrente è quello della famiglia Piromalli. Un’inchiesta della Dda reggina ha nome significativo: «Cent’anni di mafia». Presenza inquietante. Le mani sul porto, sull’amministrazione comunale, sui lavori pubblici. Dice Michele Albanese, giornalista del Quotidiano del Sud da tre anni sotto scorta: «Questa è un’area piccola, dove tutti riescono a sapere tutto. La mia vita è cambiata e devo lavorare senza più la mia precedente libertà fisica nella raccolta delle notizie».

Gioia Tauro attende i nuovi commissari straordinari. Il Comune è al suo terzo scioglimento per mafia. Il primo fu nel 1991 con sindaco Giuseppe Strangi, il bis fu nel 2008 con il sindaco del Ccd e Udc Giorgio Dal Torrione. Tre scioglimenti non sono un record, da queste parti. Il triste primato lo ha Taurianova con quattro commissariamenti per mafia. L’ultimo sindaco di Gioia Tauro ad andare a casa prima della scadenza è stato Giuseppe Pedà, eletto solo due anni fa al ballottaggio con il 57 per cento dei voti. Ex presidente del Cda delle Ferrovie Calabria, appoggiato da Forza Italia, Pedà è stato sfiduciato da 9 consiglieri, tra cui 4 di maggioranza. Questo intoppo politico gli ha evitato l’umiliazione di trovarsi in carica, mentre il Comune veniva sciolto per mafia.