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“Giancarlo Pittelli, l’affarista massone dei boss della ‘ndrangheta”

Da Iacchite -7 Giugno 2023

Il procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri ha chiesto la condanna a 17 anni di carcere per Giancarlo Pittelli, considerato l’imputato principale del processo Rinascita Scott.

Dopo aver chiarito i rapporti tra l’avvocato Giancarlo Pittelli con il clan Mancuso, la massoneria e pezzi di stato deviato come il colonnello dei carabinieri Naselli e il maresciallo della Finanza Michele Marinaro, il gip del Tribunale di Catanzaro, Barbara Saccà, spiegava già approfonditamente per quali motivazioni Pittelli debba essere ritenuto a tutti gli effetti intraneo all’organizzazione ‘ndranghetistica-massonica… 

“… Riprendendo le considerazioni già svolte sul ruolo di Pittelli all’interno della “marrimasantissima”, va in conclusione ribadito perché l’apporto dell’avvocato non è riducibile ad una partecipazione esterna.
Va intanto osservato che la messa a disposizione del Pittelli nei confronti di Luigi Mancuso (ma anche di Saverio Razionale, di altri esponenti della ‘ndrangheta reggina e via discorrendo) è costante e sistematica e non legata a momenti particolari di fibrillazione o ad uno scambio di voto o ad un affare particolare.

A ben vedere, poi, il suo “apporto” alla consorteria non si è limitato alla incondizionata e costante messa a disposizione, ma il Pittelli ha condiviso le modalità di conduzione della cosca, aderendo alla “politica gestionale” di Luigi Mancuso. Sono numerosissime le conversazioni, sopra riportate o richiamate, in cui l’avvocato elogia il Mancuso,soprattutto con il Giamborino, per il suo carattere, il suo carisma, affermando in più di una occasione che la sua presenza sul territorio “da uomo libero” assicura gli equilibri e garantisce la pax mafiosa.

La condivisione della politica luigiana non è puramente adesione ad un metodo, ma è partecipazione all’attuazione degli obiettivi della cosca (recte delle cosche) di ‘ndrangheta: il Pittelli mette a disposizione le sue conoscenze sparse in Italia e fuori dall’Italia onde consentire il radicamento e la forte penetrazione della ‘ndrangheta in ogni settore della società civile: nelle università, negli ospedali più rinomati, all’interno degli stessi servizi segreti, nella politica, negli affari, nelle banche, così consentendo ai Mancuso di rafforzare il proprio potere criminale, obiettivo che non si realizza con le armi ma creando e moltiplicando le addentellature nei settori dell’impresa, dell’economia, della finanza, della politica, del lavoro, attraverso la potente “autostrada” universale (per utilizzare la stessa descrizione fattane dal Pittelli nel suo discorso di iniziazione al collega Contestabile) della massoneria.

E tutto questo fa per ottenerne un ritorno nel proprio interesse, come viene fuori dalle vicende relative alla “Trust Plastron”, al villaggio “Valtur” (collegati all’obiettivo “Copanello”), alle nomine nei grossi processi, all’avanzamento in politica, all’ambizione di essere eletto membro laico del Consiglio Superiore della Magistratura, utilizzando la potenza criminale di Mancusoe degli altri boss e vertici di ‘ndrangheta per i quali (proprio in cambio di questo) spende le sue “amicizie”. Il Pittelli è, in definitiva l’affarista massone dei boss della ‘ndrangheta calabrese.

Colpisce, dunque, il complessivo atteggiamento dell’avvocato che ha sovente manifestato un vero e proprio bisogno (così si esprimeva con il Giamborino) di incontrare Luigi Mancuso, recandosi nei suoi nascondigli anche nel periodo della sua irreperibilità, adottando, per incontrarlo in sicurezza, tutte le cautele tipiche degli altri componenti della consorteria per evitare pedinamenti da parte delle forze dell’ordine: in luoghi isolati, praticando a piedi in posti impervi, facendosi accompagnare da auto staffetta, potendo recarsi agli appuntamenti solo quando stabilito “dal medico”, con le modalità dallo stesso Mancuso impartite.

Le descritte modalità di incontro sono tipiche dell’associato alla ‘ndrangheta e non di un avvocato, che pure è stato senatore della Repubblica italiana.
Il Pittelli incontra Mancuso soprattutto al di fuori di rapporti lavorativi, condividendone un’amicizia basata su un senso di profondo rispetto tra personalità, come traspare, in primo luogo, dal linguaggio utilizzato tra i due che non si spendono vezzeggiativi (come il Pittelli usa fare con il novero dei suoi “amici” importanti), ma utilizzano, come d’uso nei codici della ‘ ndrangheta, in senso di rispetto reciproco, il “voi”.

Il Pittelli può appellare il Mancuso con il nome di battesimo e anche rispetto agli altri ostenta sicurezza nei suoi rapporti con il boss. In tal senso è significativo quanto accadeva con il Palenzona al quale assicurava che avrebbe risolto in quindici giorni la questione relativa al villaggio Valtur in Nicotera, mostrando una sicurezza senza uguali, che nessuna persona estranea al contesto associativo o con una posizione differente e meno prestigiosa nelle gerarchie massoniche e criminali, avrebbe posseduto.

Va evidenziato ancora una volta che il Pittelli ha rapporti costanti (ogni settimana scendeva a Limbadi dal Mancuso, talvolta anche fremendo per incontrarlo) con i capi della ‘ndrangheta, ciò a significare la sua collocazione in alto grado della massoneria (parlando con l’avv. Guido Contestabile, nel contesto in cui il legale si prodigava a far inserire il collega all’interno della loggia di appartenenza, dichiarava di aver raggiunto il livello 33).
D’altro canto è significativo che tanto Mancuso che Razionale, che i Piromalli tramite il Mancuso, si rivolgessero al Pittelli in maniera ordinaria per risolvere questioni legate al mondo della cosiddetta “società civile”.

Tanto per esemplificare: al Pittelli il Mancuso si rivolgeva perché aiutasse la figlia Maria Teresa a superare un esame universitario, perché Pittelli mettendo a disposizione del boss (e della figlia del boss) la sua “amicizia” con il Rettore dell’Università di Messina; il Razionale si rivolgeva al Pittelli per far sì che il figlio, medico a Roma, potesse inserirsi al policlinico “Gemelli”; il Mancuso chiedeva di intercedere presso la Regione Calabria per il trasferimento di un direttore delle Poste legato ai Piromalli (per cui si faceva anche latore di imbasciate su Cutro).
Per un verso, come è stato più volte messo in evidenza, l’avvocato era un porto sicuro per tutti questi affari, per altro verso, dal modo di affrontare i temi e per il riferimento stabile e sicuro rappresentato dal legale, non sorgono dubbi sul fatto che costui svolgesse un ruolo sistematicamente deputato alla risoluzione delle questioni in discorso…”.

Fonte:https://www.iacchite.blog/giancarlo-pittelli-laffarista-massone-dei-boss-della-ndrangheta/