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.Gabrielli finalmente ammette .Tanto tuonò che piovve.Dal “tana libera tutti” al “sì,c’é”………………Ora,però,passi dalle parole ai fatti:quante indagini preventive ha ordinato? quante interdittive antimafia ha emesso?

 

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    Il prefetto Gabrielli scopre la mafia a Roma

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    Pubblicato: 27 Gennaio 2016

    gabrielli francodi Pietro Orsatti*
    C’è voluto del tempo – quasi un anno – ma alla fine il prefetto di Roma Franco Gabrielli sembra aver compreso almeno in parte quello che sta avvenendo sul piano criminale e mafioso a Roma. La città in cui da un anno rappresenta il governo. La stessa città nella quale ha fatto sciogliere – in buona compagnia del ministro Alfano – solo un municipio invece che il Comune. La stessa città sulla quale ha terminato il lavoro di accesso avviato (e di fatto concluso) dal suo predecessore e con solerzia lo ha consegnato al ministro  e alla magistratura – le mille pagine di relazione – che, come racconta la scandalosa vicenda dell’inserimento “per errore” delle consigliere Imma Battaglia e Virginia Raggia, non ha neppure verificato. Ora la domanda è d’obbligo. Ci sono altri refusi creativi in quelle pagine? Credo che a Piazzale Clodio, in procura, i magistrati si stiano affrettando a verificare il contenuto della relazione. Mentre gli avvocati degli imputati al maxi processo in corso si staranno sfregando le mani.  Ma alla fine il prefetto ieri in Commissione antimafia l’ha detto chiaro e tondo: la mafia a Roma c’è! Incredibile. Non solo a Ostia, non solo qualche banditazzo old style che si è messo corrompere quei poverini dei politici capitolini.

    Grazie Gabrielli, non ce n’eravamo accorti. Noi allarmisti che da anni scrivevamo articoli, blog, libri e contavamo morti e affari, intimidazioni e degrado, concussione e corruzione, ora possiamo essere soddisfatti. Gabrielli ci ha finalmente riabilitato: da allarmisti prezzolati a rompi coglioni utili. A volte.

    Forse Gabrielli, in questi mesi di insediamento romano, era troppo impegnato prima a costruire l’isolamento dell’ex sindaco Ignazio Marino e poi a fare emergere il super poliziotto (che sente di avere dentro) che affronta l’orda islamica che vorrebbe cancellare il centro della cristianità nell’anno giubilare militarizzando l’intera area urbana senza affrontare uno che fosse uno i problemi della legalità, della penetrazione criminale nel tessuto connettivo di Roma, dell’escalation militare delle organizzazioni criminali nella zona est della città. Tutto buono, devono aver pensato gli uomini del suo ufficio stampa, per consentire al prefetto di autocandidarsi, come ha fatto, a prossimo capo della polizia. Ma si sa, in questo buffo Paese, dove un processo come quello a Mafia Capitale è totalmente scomparso dai media nazionali appena è iniziato il dibattimento in aula, la corsa verso il successo del prefetto di Roma è assolutamente coerente con quello che oggi l’Italia.

    Ma andiamo a vedere cosa ha detto ieri in commissione l’indimenticabile ex prefetto de L’Aquila che ne gestì l’emergenza post terremoto così brillantemente da guadagnarsi l’imperituro ricordo da parte degli aquilani.

    Prometto che eviterò di commentare le sue dichiarazioni.

    “Mantiene la sua attualità l’analisi secondo cui le organizzazioni criminali vedono in Roma un terreno ideale per riciclare denaro sporco attraverso traffici illeciti, accumulato sfruttando le possibilità offerte dall’economia locale i cui punti forti coincidono con i settori tradizionalmente appetiti da questi sodalizi. I tentativi di penetrazione riguardano i segmenti degli esercizi pubblici e commerciali anche di aree pregiate come quelle del centro storico, il mercato immobiliare, i servizi finanziari, le intermediazioni e le attività presenti in numero elevatissimo nell’area della capitale. Determinante per il perseguimento di questa strategia con la quale il crimine organizzato punta a farsi impresa è la rete di stabili relazioni riuscito ad intessere con operatori economici ed esponenti del mondo della finanza disponibili a prestare la propria complicità per agevolare la penetrazione e l’inserimento delle mafie nell’economia locale”.

    “Gli ultimi mesi del 2015 non hanno fatto registrare modificazioni nella geografia criminale a Roma. La situazione non è cambiata: è stato confermato il radicamento sul nostro territorio delle mafie storiche oltre a mafie autoctone e abbiamo messo al corrente della grande attività che le forze di polizia stanno conducendo nel territorio. Esiste la criminalità, l’affermazione che la mafia non esiste è erronea”.

    La ‘ndrangheta “è la consorteria più pervasiva con i suoi diversificati interessi nel campo delle attività alberghiere, degli esercizi pubblici e della ristorazione, nel commercio di preziosi e di autoveicoli”.

    “Cosa nostra concentra i propri appetiti nel settore degli appalti connessi alla realizzazione di opere pubbliche, per quanto riguarda la camorra si conferma il dato per cui diversi clan, dopo essersi insediati nel litorale pontino, mirano ad estendere i propri interessi per inserirsi nel tessuto imprenditoriale della capitale. Ciò non implica una rinuncia da parte di queste consorterie ad esercitare un ruolo preminente nel traffico degli stupefacenti nell’area di Roma, che è sempre vista come un luogo particolarmente remunerativo”.

    Nonostante sia parziale (gli abstract che gli hanno passato i suoi collaboratori forse erano troppo stringati) è un primo segnale. Drammaticamente tardivo. E che sarà probabilmente rimosso perché c’è una campagna elettorale in corso e il governo (dal ministro dell’Interno al premier) su Roma si gioca sia la faccia che la tenuta.