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Fuori la mafia dallo Stato e dai partiti politici

È in via D’Amelio, durante la commemorazione di Paolo Borsellino, che arrivano le parole che più faranno discutere nel giorno del ricordo del magistrato barbaramente ucciso. Parole che arrivano dal pm antimafia Antonino Di Matteo: “Non si può assistere in silenzio al preminente tentativo di trasformare il magistrato inquirente in un semplice burocrate – dice Di Matteo dal palco – inesorabilmente sottoposto alla volonta all’arbitrio del proprio capo, di quei dirigenti degli uffici sempre più spesso, purtroppo, nominati da un Csm che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e dalle indicazioni sempre più strigenti del suo presidente”.

“Non si può ricordare Paolo Borsellino e assistere ai tanti tentativi in atto, dalla riforma dell’ordinamento giudiziario, a quella in cantiere sulla responsabilità civile dei giudici, alla gerarchizzazione delle Procure anche attraverso sempre più numerose e discutibili prese di posizione del Csm – dice ancora – non si può ricordare Paolo Borsellino e assistere in silenzio a questi tentativi finalizzati a ridurre l’indipendenza dei magistrati a vuota enunciazione formale con lo scopo di annullare l’autonomia del singolo pm”.

Il pm è poi intervenuto a gamba tesa sui tentativi di minimizzare il processo Stato-mafia: “Sono tanti e concreti gli elementi che ci portano a dire che non fu solo una strage di mafia quella di via d’Amelio e che il movente non era solo una vendetta mafiosa, dobbiamo imparare il rispetto della verità. La volontà di fare piena luce è intendimento di pochi servitori dello Stato rimasti. Dal progredire delle indagini sappiamo che in molti sanno dentro le istituzioni ma rimangono in silenzio, perché il potere aumenta se si tace. Dobbiamo gridare la nostra rabbia”. Poi ha attaccato Matteo Renzi: “Oggi il premier discute di riforme con un condannato: tutti abbiamo il dovere di evitare che anche da morto Paolo Borsellino debba subire l’onta di vedere calpestato il suo sogno di giustizia”.

Parole dure, che arrivano al termine di una giornata caratterizzata dai tanti attestati di stima ad uno dei simboli alla lotta a Cosa Nostra. “È indispensabile non dimenticare che un’azione di contrasto sempre più intensa alla criminalità organizzata trae linfa vitale dallo sforzo di tutti nell’opporsi al compromesso, all’acquiescenza e all’indifferenza”, aveva detto lo stesso Napolitano. “Ancora oggi abbiamo fame e sete di giustizia”, ha ricordato Pietro Grasso, “Borsellino è un eroe, noi continuiamo sulla sua strada”, gli ha fatto eco Angelino Alfano.

Attimi di gelo a via D’Amelio si sono registrati all’arrivo di Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, accolta dalla protesta di alcuni attivisti, fino a quando Salvatore e Rita Borsellino non sono intervenuti per scortarla fino al palco, all’altezza dell’ulivo simbolo della strage. I militanti delle Agende Rosse in silenzio hanno alzato le agende dando le spalle alla Presidente, in chiaro segno di non approvazione della sua presenza. Hanno chiesto che venga fatta giustizia sulle stragi. Si leva un urlo “Di Matteo non sei isolato: sei tu il nostro Stato”.