Cerca

Fuggi da Foggia: il centrodestra abbandona la città che affonda (tra le inchieste)

Il Fatto Quotidiano

Fuggi da Foggia: il centrodestra abbandona la città che affonda (tra le inchieste)

Uno dei partiti più travolti dalla bufera è Fratelli d’Italia. Nelle fila daune di Giorgia Meloni, militavano Bruno Longo, arrestato per tangenti, e Liliana Iadarola che si è autosospesa dal partito, dopo la diffusione di una serie di imbarazzanti intercettazioni. E il sindaco Franco Landella (in foto), non indagato, viene tirato in ballo in una conversazione

di Francesco Casula | 25 MARZO 2021

Fuggire da Foggia. Quando affonda. Mentre una commissione studia le inchieste giudiziarie degli ultimi anni per decidere se sciogliere o meno il comune dauno per infiltrazioni mafiose, assessori, consiglieri comunali, vertici della società municipalizzate si dimettono. Oppure decadono. O addirittura vengono arrestati. Nella provincia pugliese in cui sembra dominare il potere mafioso della feroce e agguerrita “Società foggiana” è in corso un vero e proprio esodo, in particolare nel centrodestra con le amministrazioni di Franco Landella governa la città dal 2014. Uno dei partiti più travolti dalla bufera è Fratelli d’Italia. Nelle fila foggiane di Giorgia Meloni, infatti, militavano Bruno Longo, arrestato per tangenti, e Liliana Iadarola che si è autosospesa dal partito, ma non dal ruolo di consigliera comunale, dopo la diffusione di una serie di imbarazzanti intercettazioni.

Iadarola è stata intercettata in auto mentre parlava con il compagno Fabio Delli Carri, ritenuto assiduo frequentatore di uomini legati alla batteria dei Sinesi-Francavilla: discutono del rischio di potenziamento del sistema di video sorveglianza, dell’interrogatorio che Delli Carri ha subito negli uffici dell’Antimafia. Una vicenda che fa tremare i palazzi e spinge Iadarola alle dimissioni dalla sua carica di presidente della commissione consiliare. Solo qualche mese prima, sempre FdI era stata colpita dall’arresto di Longo, finito ai domiciliari a febbraio per un’inchiesta che porta all’arresto di altre tre persone accusate di aver ottenuto una tangente da 35mila euro da un imprenditore che si era aggiudicato l’appalto per l’archiviazione dei dati informatici del comune dauno. E in una delle intercettazioni spunta anche il nome del sindaco Landella: il primo cittadino, ex FdI e oggi nella Lega di Matteo Salvini, non compare tra gli indagati, ma viene tirato in ballo in una conversazione tra il consigliere comunale Longo e Antonio Apicella, medico in pensione: Apicella, ignaro di essere intercettato, consegna denaro a Longo e aggiunge “Qui c’è la quota per Landella”.

Tutti i nomi sono finiti nella relazione che le forze dell’ordine hanno consegnato alla commissione prefettizia che nei prossimi mesi dovrà decidere se l’azione amministrativa è stato o meno influenza dalla criminalità organizzata. E in questo terremoto, anche Giandonato La Salandra, assolutamente estraneo a ogni inchiesta, ha scelto di lasciare l’incarico di presidente dell’Ataf, la società di trasporti foggiana, e quello di coordinatore provinciale dei meloniani: la decisone è stata accolta anche dei vertici regionali del partito che hanno sottolineato come il centrodestra foggiano abbia “bisogno e urgenza di una seria riflessione interna dopo gli accadimenti amministrativi, e non solo, di queste settimane”.

Ma a Foggia c’è anche chi dopo uno scandalo di vaste proporzioni a dimettersi non ci pensava proprio. Leonardo Iaccarino era il presidente del consiglio comunale: a Capodanno scorso è apparso in un video mentre esplode alcuni colpi di pistola durante i festeggiamenti. La bufera mediatica non è stata sufficiente a convincerlo al passo indietro e così il consiglio comunale è stato costretto a votare una mozione di sfiducia. Una volta decaduto la presidenza è stata affidata al vice Giulio Scapato, esponente dell’opposizione di centro sinistra. Anche lui si è dimesso poche ore fa, ma per motivi completamente differenti. Qualcuno durante la notte ha dato fuoco alla sua auto: Scapato, già in passato, era stato vittima di aggressioni, ma questa volta ha detto basta. In una terra in cui la criminalità impone il pizzo a ogni tipo di attività e sembra aver messo le mani sugli appalti e alcuni settori della macchina amministrativa, Scapato confessa di non sentirsi sereno: “Questa – ha commentato – è una città invivibile oramai”.