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Fondi: dopo un anno dalla richiesta del Prefetto di scioglimento per mafia dell’Amministrazione comunale, il Governo non ha ancora deciso. Venerdì 25 settembre alle ore 18 a Fondi grande manifestazione nazionale contro le mafie ed il Governo. Tutti a Fondi. Appello a tutte le Associazioni antimafia d’Italia!

Dal fondo alla cima, da Fondi al governo

Un anno fa il prefetto di Latina, Bruno Frattasi, ha chiesto al Consiglio dei ministri lo scioglimento del Comune di Fondi per infiltrazioni. Il governo, traccheggiando, non ha soddisfatto la richiesta stabilendo un precedente unico nella storia d’Italia. Storia di una battaglia che, puntando a ristabilire la legalità nell’area immediatamente a sud della capitale, è arrivata a denunciare ad alta voce anche le gravi responsabilità dell’esecutivo

La scoperta che la mafia, nel sud pontino, assume una forma piramidale, per cui la provincia di Latina si stringe a ridosso della capitale in una spirale di interessi criminali, ha dato la chiave di lettura per capire non solo il problema delle infiltrazioni mafiose nel Lazio, ma anche la colpa dell’esecutivo che siede a Roma. E così la lotta alla mafia, colpevolmente derubricata da tutte le forze politiche dopo gli anni duri delle stragi eccellenti, è diventata una lotta al governo, inaccettabilmente viziato da un immobilismo che, come Italia dei Valori, non esitiamo a definire colluso.

Colluso e complice non solo nei confronti di ‘ndrangheta e camorra, che governano in una particolare joint venture l’economia della provincia di Latina, ma anche, e soprattutto, nei confronti dei politici che a tale criminalità hanno offerto garanzia e impunità, sia a livello locale, che su su fino ai vertici più alti. In una piramide, appunto, di sospette connivenze.

La storia di Fondi, sul quale il Ministro Gelmini ha esordito con l’infelice battuta “su Fondi l’Idv ha davvero toccato il fondo”, non capendo che invece si andava a toccare il vertice, è semplice e paradigmatica.

Il Prefetto Frattasi l’8 settembre del 2008, ossia esattamente un anno e 5 giorni fa, ha chiesto al Ministro Maroni lo scioglimento del comune per infiltrazioni mafiose. La sua richiesta si basava su una base documentale vastissima, frutto del lavoro di due commissioni d’accesso, che hanno prodotto 500 cartelle di accusa, nelle quali inopinabilmente si legge che “il Comune di Fondi mantiene comportamenti, che si riflettono nelle scelte politico-amministrative dell’ente, di indubbia gravità, dimostrando una allarmante insensibilità verso l’esigenza di una corretta e trasparente azione che dissolva il sospetto di porsi al servizio di interessi di tipo criminale, in ciò dimostrandosi oggettivamente collusiva”.

Tuttavia la relazione di Frattasi è diventata lettera morta. Il Ministro Maroni ha temporeggiato per 5 mesi, riuscendo a non trasmettere la richiesta al Consiglio dei Ministri fino a febbraio 2009, e questo ha ugualmente fatto orecchie da mercante sino ad oggi, usando, in ultimo, l’escamotage di una modifica alla legge che regola lo scioglimento dei comuni, per chiedere al Prefetto di ricominciare da capo tutto il processo.

Nel mezzo a tutto ciò la mafia ha continuato a fare affari, arricchendosi nella “governance” fra ‘ndrangheta e camorra sul mercato ortofrutticolo di Fondi, il più grande d’Europa; i politici locali hanno continuato a farsi approvare varianti urbanistiche che rivalutavano i loro fondi immobiliari posseduti in società coi mafiosi; i cittadini hanno continuato a essere taglieggiati da pizzo, usura, capolarato e attacchi violenti. Sì, perché nel silenzio di Palazzo Chigi, a Fondi ci sono stati 18 attacchi incendiari dall’inizio dell’anno, uno dei quali, a giugno, ha fatto esplodere l’autovettura del brigadiere Giosuè Cappiello. E prima ancora è stato vittima del silenzio un capitano della Guardia di Finanza, Fedele Conti, che era impegnato nelle indagini sugli affari malavitosi nel Comune, trovato morto nel suo ufficio.

Ma nel mezzo a tale silenzio c’è stata anche la lotta dell’Italia dei Valori, e il mio impegno personale, non solo come parlamentare, presente ad ogni Consiglio dei Ministri, occupandone la sala stampa, per chiedere che Fondi venisse sciolto, ma anche come Segretario Regionale del Lazio, responsabile di un partito che ha fatto della legalità il suo credo, e come uomo, pronto a rischiare la vita per estirpare il cancro della mafia. Come quando, il giorno prima della chiusura della campagna per le europee, che l’Idv ha tenuto simbolicamente in un paese di 30mila abitanti invece che nella capitale, mi è stato recapitato un proiettile che voleva essere anonimo ma che parlava chiaramente invece, e parlava la lingua dei mafiosi.

Ma di questa lotta e di questo impegno ne è valsa la pena. Mi ricordo la prima volta che sono andato a Fondi: era domenica e intervenivo in piazza. Ad ascoltarmi c’erano 3 persone. Un deserto caldo e sconfortante. I cittadini si tenevano alla larga, impauriti dal rischio concreto della vendetta mafiosa su chiunque avesse prestato attenzione ad un parlamentare che andava nella piazza del comune per dire che quel comune mafioso i cittadini non se lo meritavano. Per fare nomi e cognomi dei criminali, in primis la famiglia calabrese dei Tripodo, e dei politici collusi, fra cui il sindaco, Luigi Parisella, l’assessore ai servizi demografici, Serafino Stamigna, ed i consiglieri di maggioranza, Pasqualino Rega, Antonio Ciccarelli, Gianni Giannoni, tutti a vario titolo collusi con la mafia e molti dei quali arrestati nell’azione della Dia di Roma del 6 luglio, con capi di imputazione come associazione a delinquere e abuso d’ufficio.

Stavo in una piazza pressoché vuota per denunciare, anche, come le protezioni salissero in alto, passando dal consigliere regionale in quota Pdl, Romolo Dal Balzo, per approdare al senatore Fazzone, vero dominus della zona e garante dei silenzi e delle impunità nella vicenda, e ancora più su in Consiglio dei Ministri, quel Consiglio dei Ministri che tace da mesi, con i Ministri Meloni, Brunetta e Sacconi. Ho parlato anche della correità dell’ex comandante della Guardia di Finanza, Speciale, e dei legami, ancora non chiariti, del Vicepresidente del Csm, Nicola Mancino.

Parlavo nel vuoto e mi tornava indietro l’eco. Ma quella eco ha generato i suoi frutti, ed aver continuato a ripetere il mio cajer des doleances per mesi, ha portato Fondi alla ribalta nazionale, presente ogni giorno sui giornali, ha ottenuto l’appoggio dei sindacati prefettizi, ed ha ridato il coraggio ai cittadini del piccolo comune, che, nell’ultima manifestazione dell’IdV della settimana scorsa, non passavano più per le vie attigue con sguardi sfuggenti, non si nascondevano più dietro i caffè ai tavolini dei bar, ma avevano trovato la forza di essere in piazza, in tanti, tantissimi, e di urlare a Parisella “tu non sei il mio sindaco”. La lotta alla mafia è davvero diventata una lotta al governo, allora.

Combattere per “Fondi libera” infatti ha smascherato gli annunci propagandistici di Maroni, che ha tolto soldi alle forze dell’ordine, forse pensando di poter sconfiggere cosa nostra con le ronde!

Ha sbugiardato Berlusconi, quando nei suoi deliri di onnipotenza afferma di voler passare alla storia come lo statista che ha sconfitto la mafia, dimostrando che invece ha ceduto alle pressioni più disparate per non sciogliere un comune piccolo piccolo in provincia di Latina. Certo, da chi teneva a libro paga stallieri con curriculum mafiosi, non ci si può certo aspettare che oggi scateni la cavalleria contro la criminalità organizzata, ma su Fondi la sua debacle è stata davvero massima.

Stefano Pedica, Senatore Italia dei Valori

(Tratto da www.aprileonline.info)