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Fini non retrocede. L’indipendenza della Magistratura non si tocca

Si abbassano i toni dello scontro tra il premier e il presidente della Camera, ma l’ex leader di An marca una differenza netta sul tema che sta più a cuore al Cavaliere: la giustizia. “L’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo – ha detto Fini – continua a rappresentare la vera garanzia per la tenuta dell’ordinamento democratico”. E ha messo un paletto al modello berlusconiano della separazione di carriere di giudici e pm. L’Anm ha apprezzato. Requisitoria di “Farefuturo” sulla gestione del partito

Dopo un paio di giorni di fuochi d’artificio, tra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi ritorna la guerra fredda. Il presidente della Camera è intervenuto stamattina a Rimini alla Fiera della giustizia, e tra le altre cose ha dichiarato: “L’indipendenza della magistratura dal potere esecutivo continua a rappresentare la vera garanzia per la tenuta dell’ordinamento democratico”. Una frase ovvia, sacrosanta, ma che nella fase di tensione diventa l’ennesimo paletto ferma alle mire di un presidente del Consiglio che ormai ha dichiarato guerra aperta alla magistratura e progetta di limitarne il potere d’azione, in primo luogo nei propri confronti.

Fini ha proseguito dicendo che “le prossime riforme da fare, oltre a dover scaturire da un ampio confronto parlamentare tra le forze politiche e tutti gli operatori del settore, dovranno anche derivare da lucide e ponderate valutazioni delle patologie strutturali del sistema giudiziario”. Patologie alle quali è necessario porre rimedio “in modo ordinato e coerente a partire dallo stanziamento di adeguate risorse finanziare” ha spiegato Fini secondo cui “il vero e proprio leit motiv di ogni discorso sulla giustizia deve essere oggi rappresentato dal deficit di efficienza” che si traduce “in una incapacità, ritenuta strutturale del sistema, ad assicurare processi, soprattutto in campo civile, in grado di conseguire risultati utili in tempi ragionevoli”. Nessun segno di solidarietà al premier, nessun accenno nemmeno diplomatico alla presunta persecuzione giudiziaria, ma c’è di più. Fini ha marcato un evidente scarto sulla separazione delle carriere dalla concezione di Berlusconi, che sogna una divisione netta tra giudici e pubblici ministeri tanto da renderli due ordini slegati. “È evidente – ha detto il presidente della Camera al riguardo – che le modifiche non potranno avvenire a discapito dell’autonomia e dell’indipendenza del pubblico ministero, il quale deve rimanere incardinato nell’ambito del potere giudiziario”.

Tanto che il presidente l’Associazione nazionale dei magistrati, il sindacato delle toghe che i berluscones e il ministro della Giustizia hanno ormai eletto a nemico giurato, ha fatto sapere tramite il presidente Luca Palamara: “Le parole di Fini ci confortano”. Secondo Palamara il rinnovamento della magistratura parte dall’organizzazione della giustizia, “con l’accorpamento di tribunali inutili, per esempio”, ma anche dalle scelte della dirigenza, “basate sul merito, di qui il discorso sulle consultazioni di base”, infine “sul sistema di controllo sull’ attività dei magistrati”. Con “consultazioni di base” il presidente dell’Anm intende una sorta di primarie per l’elezione dei membri del Consiglio superiore della magistratura, in maniera da allargare la rosa degli “eleggibili”. E’ una risposta al progetto del Guardasigilli Alfano che, con il pretesto di rivoluzionare il metodo di elezione dei membri del Csm, vuole renderlo potenzialmente meno ostile all’esecutivo.

Ma il Popolo della libertà deve risolvere prima di tutto il dissidio tra i due soci fondatori. La cronaca di oggi registra un attacco del ministro dei Beni culturali Sandro Bondi. Redarguito dal premier per la scarsa copertura offerta nel corso della puntata di “Ballarò” in cui Fini ha rivendicato le proprie posizioni, Bondi è tornato così, sul “Corriere della Sera”, su quell’episodio: “Contenuti e modalità di quel fuori onda non sono condivisibili. Dimostrano una cultura politica che non è, non può essere quella del Popolo della libertà. Anzi, c’è una forma di giustizialismo molto simile a quella di una certa sinistra. Una cultura incompatibile, lo ripeto, con i valori fondamentali del nostro partito”. Il premier tuttavia si è mostrato oggi conciliante, dichiarando nel corso della conferenza stampa con il presidente russo Dmitri Medveved si è detto “spiaciuto che i giornali continuino a riportare affermazioni e parole che non soltanto non ho mai pronunciato ma che non ho nemmeno pensato”.

C’è in effetti chi tenta di mediare, come il vicecapogruppo alla Camera del Pdl, Italo Bocchino, che è convinto che una riavvicinamento tra Fini e Berlusconi sia possibile: “Credo che tutti ci stiano lavorando – ha sostenuto Bocchino alla ‘Telefonata’ di Maurizio Belpietro su Canale cinque – tranne qualche `falco` che pensa sia meglio la rottura, ma credo che si tratti di poche persone isolate. Tutti stanno lavorando affinché si risolvano i problemi. Credo che Fini e Berlusconi si debbano chiarire, che Berlusconi debba chiarire se vuole il voto anticipato, se vuole fare le riforme, e Fini deve chiarire quello che di cui io sono certo: la sua assoluta lealtà al progetto del Pdl e a Silvio Berlusconi, anche dinanzi agli attacchi che ci sono da parte della magistratura. Così il Pdl potrà rilanciarsi. E` evidente che diventa difficile tenere in piedi una famiglia con i co-fondatori, che è come se fossero i genitori, che discutono tutti i giorni”. Ma Bocchino, nel corso della stessa trasmissione, ha avvertito: “Se ci sono dei falchi che dicono di cacciare Fini e’ chiaro che ci sono dei parlamentari che seguirebbero il presidente della Camera. Certamente sbaglia chi sottovaluta Fini e i suoi numeri, che sono comunque determinanti per la maggioranza”.

Un’altra dura critica alla gestione berlusconiana della fase attuale e del Pdl arriva dal sito web di “Farefuturo”, la fondazione vicina al presidente della Camera. Nel lungo articolo, in cui si denuncia tra l’altro la subalternità del premier alla Lega nord, si descriva così il Pdl: “Un partito di centrodestra, imparentato peraltro con il popolarismo europeo, che considera Fini un traditore o un avversario interno solo perché quest’ultimo parla di legalità, di cittadinanza, di riforme condivise, di eguaglianza dei diritti, di rispetto delle regole e delle istituzioni; che stando al potere si considera invece accerchiato e sotto scacco e vede perciò complotti e nemici ovunque; che concepisce ormai la politica come una guerra di tutti contro tutti, perdendo così di vista i suoi reali compiti e doveri (in primis verso il proprio elettorato); che affida la sua pubblica rappresentazione e la sua immagine politica ad avventurieri del giornalismo e a professionisti del caos”.
Andrea Scarchilli

(Tratto da AprileOnline)