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Fastweb: un imprenditore pontino dietro la truffa

Parte da Antonio Ferreri l’indagine sulla maxifrode di Fastweb e Telecom Italia Sparkle. «Le prime operazioni di frode accertate, da cui l’indagine prende origine – scrive il giudice Aldo Morgigni nell’ordinanza di custodia cautelare – consistono nell’accertamento di un articolato e ricercato programma di truffe telefoniche commesse da Antonio Ferreri (l’imprenditore di Latina arrestato, ndr) con l’utilizzo di sms inviati all’utente che invitavano ad acquistare premi in denaro o traffico telefonico gratuito, premi ovviamente inesistenti».

L’inchiesta. Il ruolo dell’imprenditore pontino è centrale nell’inchiesta della Procura di Roma culminata con 56 arresti. Secondo l’accusa sui conti correnti delle società di Ferreri (C.M.C. srl e Web Wizard srl) «venivano accreditati gli importi derivanti dalle truffe operate (…), transitava un flusso finanziario di enormi dimensioni». Sull’imprenditore c’è anche un’altra inchiesta parallela che ha portato a un separato decreto di citazione a giudizio, inoltre risultano numerose segnalazioni per operazioni sospette da parte dell’UIC (Ufficio Italiano Cambi, oggi UIF) inviate alla Guardia di Finanza dalle banche insospettite da numero e dalla mole di transazioni, in gran parte dirette a banche estere. Tutto ciò ha portato ad ulteriori approfondimenti da parte del gruppo investigativo antiriciclaggio.

La truffa. Con il sistema delle “Phuncard” e del traffico telefonico il gruppo avrebbe truffato lo Stato per oltre 370 milioni di euro in tre anni di attività. Le indagini preliminari sono partite dai numeri telefonici “speciali” dati in concessione da Fastweb alla CMC Italia srl, società posseduta al 100% dall’olandese SWORIBA B.V. e amministrata da Ferreri.

I conti. La Finanza verificò i conti di Ferreri, con accessi a una banca di Tivoli e a una di Roma Eur. I numeri venuti fuori fanno davvero girare la testa: solo nel 2003 sul conto aperto a Tivoli sono stati versati oltre 167 milioni di euro, di cui 162 da parte di Fastweb. «Un numero sproporzionato – scrive il giudice – rispetto ai corrispettivi risultanti dalle fatture emesse dalla CMC nei confronti di Fastweb, accertate fino a quel momento a 9,9 milioni di euro».

L’interrogatorio. Secondo l’accusa Ferreri fu reticente davanti al pm, nel 2003, perché «non fece nessuna menzione della società Web Wizard quale concessionaria dei numeri telefonici “a valore aggiunto” sul cui utilizzo si stava investigando». L’imprenditore parlò solo di un’altra società quale unica concessionaria delle utenze tacendo «su circostanze di sicuro rilievo investigativo». Dopo l’arresto, davanti al giudice, Ferreri si è difeso sostenendo «di essersi occupato solo di rapporti gestionali interni e non di marketing o accordi con altre società esterne. Di questo – ha aggiunto – si occupavano altre persone».

(Tratto da Latina24ore)