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Fabbriche clandestine in Campania e import dall’Est e dalla Libia: è tornato il contrabbando di sigarette

L’Espresso

Fabbriche clandestine in Campania e import dall’Est e dalla Libia: è tornato il contrabbando di sigarette

Un giro di affari miliardario, nuovi sistemi per portarle in Italia e distribuzione a domicilio anche dei liquidi delle e-cigarette. Un mercato che costa all’erario 500 milioni l’anno di mancate entrate

di Antonio Fraschilla

29 GIUGNO 2021


Due navi di oltre venti metri stazionano al confine con le acque territoriali italiane. È notte fonda nel Canale di Sicilia, quando ad un tratto a queste imbarcazioni si avvicinano tre gommoni partiti dalla costa di Marsala. Una soffiata avverte la Guardia di finanza, che con un elicottero e due motovedette veloci piomba a gran velocità su quel tratto di mare. L’elicottero illumina a giorno una porzione d’acqua color petrolio, i finanzieri saltano sulle due imbarcazioni. Ma qui non trovano migranti nascosti nelle stive e nemmeno carichi di droga o tonni pescati illegalmente e già tagliati e fatti sparire nelle intercapedini.

Trovano invece trecento cartoni con dentro sette tonnellate di sigarette Pine blue contraffate prodotte, si scoprirà dopo le indagini, in Tunisia e negli Emirati Arabi e destinate alle piazze di Palermo, da Brancaccio allo Zen. Quasi negli stessi giorni in Emilia Romagna le Fiamme gialle scoprono le basi logistiche in due capannoni vicino Parma di uno dei più noti contrabbandieri di sigarette, Francesco Stanzione, il re della marca taroccata “Regina” che va fortissima nelle piazze di Napoli e nei bar di Roma dove sottobanco vendono di tutto: Stanzione sfugge all’arresto e per mesi si nasconderà in Grecia prima di essere fermato dai poliziotti ellenici e consegnato all’Italia. Più a Nord, a Trieste, la Guardia di finanza dopo aver aperto una decina di container arrivati con una nave dall’Est trova 37 tonnellate di tabacchi e narghilè.

Da Nord a Sud sono tre scene di un fenomeno che sembrava scomparso, dopo una crescita costante dagli anni Sessanta agli Ottanta che, come raccontano il giornalista Andrea Galli e il maggiore dei Ros Giuseppe Lumia nel libro “Il Supremo”, ha fatto la fortuna dei De Stefano in Calabria, provocando la prima strage di ’ndrangheta a Locri nel ’67, e dei Badalamenti e dei Buscetta in Sicilia. Un fenomeno che invece non è mai morto. Anzi è vivo e vegeto, secondo i dati raccolti dalla Guardia di finanza per l’Espresso: si parla di un giro di affari scoperto pari a 2,5 miliardi di euro nel 2020, di accisa evasa per 500 milioni all’anno solo in Italia negli ultimi dieci anni (in pratica almeno 5 miliardi di euro di mancate entrate per lo Stato). Numeri da capogiro e di molto inferiori alla realtà sommersa, per un fenomeno che adesso coinvolge anche il traffico del liquido delle sigarette elettroniche nonostante il core business resti sempre lei: la sigaretta, la bionda. Magari non la mitica Lucky Strike, ma le oggi diffusissime Merit e Marlboro (le più copiate).

Dietro a questo grande mercato nero ci sono organizzazioni internazionali e clan italiani, come dimostrano alcune operazioni della Gdf che hanno legato la famiglia camorristica Di Lauro ad alcune fabbriche di sigarette negli Emirati Arabi, mentre i meccanismi di vendita sono adeguati ai tempi: nelle piazze di Scampia o dello Zen magari ci sono ancora i banchetti; nelle grandi città la rete è quella dei bar o in alcuni casi di rivendite di tabacchi che così aumentano il numero di clienti; oppure, nell’anno del Covid, si è scoperto che attraverso il dark web non solo si possono comprare stecche di sigarette di contrabbando, ma le organizzazioni criminali le spediscono direttamente a casa sfruttando ignari corrieri di grandi società di logistica.

LE NUOVE ROTTE
Il 13 maggio scorso i finanzieri del Gico di Ancona con uno scanner controllano al porto un container che trasporta pellet destinato a una società di Ascoli Piceno. Qualcosa non quadra: si insospettiscono e decidono di aprire il container e dentro trovano 400 chili di stecche di sigarette di marca Marlboro, Winston e Glamour, custodite in bustoni di plastica. Il carico arrivava da Odessa, in Ucraina. Le sigarette, scoprono gli investigatori, erano dirette al mercato clandestino con basi in Puglia, nelle Marche e in Emilia Romagna. In quattro vengono arrestati, due ucraini e due italiani con precedenti per lo stesso tipo di reato. Semplici manovali, la testa di queste organizzazioni sta spesso altrove.

In alcuni casi la Guardia di finanza è arrivata però direttamente al vertice: una delle operazioni più importanti è stata quella curata dal Gico di Napoli che lo scorso anno ha portato all’arresto di Stanzione. Il contrabbandiere napoletano, dalla Grecia, suo vero quartier generale, organizzava il traffico di contrabbando delle sigarette verso l’Italia attraverso carichi nascosti su tir. I mezzi venivano imbarcati nei porti di Patrasso e Igoumenitsa destinazione Bari e Brindisi. Dalla Puglia, con delle staffette, i carichi arrivavano a Napoli. Seguendo questa rotta, i finanzieri fermano un camion, all’altezza di Napoli, trovandovi tre tonnellate di tabacchi di marca Email, D&b, Royal Blue e American club. Stanzione sposta quindi la base logistica più a Nord, tra Parma e Bologna. I finanzieri seguono un furgone Iveco che entra e poi esce da un capannone a Sala Bolognese.

Dalle intercettazioni si scopre il prezzo di queste sigarette: «620 euro cassa, 12 euro a stecca», dice Stanzione ad un acquirente pugliese. Il grosso del carico però era diretto a Napoli. In quali quartieri? Lo dice un collaboratore di Stanzione parlando delle sigarette Regina: «Quelle le ha tutta Napoli (le rosse e blu…) puoi andare anche vicino ad una bancarella che vende pacchetti e per 10 stecche di regine chiede 160 euro…dove andate andate, le ha Secondigliano, Casavatore, Arzano, Casoria…».

La Guardia di finanza di Palermo invece ha scoperto la rotta del Nord Africa quando ha fermato un peschereccio che stazionava al confine con le acque italiane. A guidarlo c’era un libico, Dinbaou Houssine, con sette tonnellate di sigarette a bordo. Tagliata la fornitura dal Nord Africa, il mercato siciliano è stato rimpinguato da Napoli: in soli 7 mesi sono state trasportate almeno 5 tonnellate di sigarette dalla Campania a Palermo per rifornire i quartieri Oreto, Settecannoli, Borgo Vecchio, Brancaccio e Zen per un giro di affari di 2,4 milioni di euro. Proprio i finanzieri di Palermo hanno scoperto poi una nova rotta se così si può definire, nata a causa delle restrizioni per il Covid: da Napoli le sigarette arrivavano nel capoluogo siciliano con normali ditte di spedizione ignare del contenuto reale dei pacchi. Resta poi un altro canale di contrabbando: quello che coinvolge le navi da crociera. Sulle grandi navi non si pagano accise e spesso i contrabbandieri hanno bolle di consegna con destinazione proprio le navi turistiche, anche se in realtà poi vendono le sigarette al mercato nero.

BASI E GIRO DI AFFARI
Adesso qualcosa sta cambiando, come racconta il tenente Dionigi Orfello del Gico di Napoli: «In questo momento le leggi in Italia prevedono pene severe per chi introduce tabacchi lavorati dall’estero, e molto meno pesanti per chi lavora illegalmente tabacchi nel nostro territorio. Così le organizzazioni criminali stanno aprendo fabbriche di produzione di sigarette di contrabbando in Italia. Nella zona di Nola, ad esempio, i colleghi hanno scoperto diversi capannoni con dentro macchinari per la produzione di sigarette con marchi di tutti i tipi».

Un fenomeno in crescita quello delle fabbriche italiane: «In queste realtà lavorano molte persone dell’Est e il tabacco grezzo è acquistato in Italia, in questo modo il reato è minore rispetto all’importazione di tabacco lavorato dall’estero», aggiunge il colonnello Domenico Napolitano, comandante del nucleo Pef Napoli: «Inoltre, abbiamo scoperto che spesso è una singola persona ad aprire la fabbrica, facendo poi contraffazione e dando lavoro in nero: ma il soggetto è uno, così si evita l’associazione a delinquere e si spezza la filiera per dimostrare il legame con la criminalità organizzata».

Altre fabbriche di sigarette taroccate sono state scoperte di recente a Sannazzaro dei Burgondi a Pavia, ad Avezzano e a Rieti. In questo caso sono stati fermati dei camion diretti verso la Romania con sigarette prodotte in Italia, insomma la rotta si è per certi versi invertita. In ogni caso i centri di produzione più grandi al momento rimangono all’estero: «In particolare in Grecia, nell’Europa dell’Est ma anche negli Emirati Arabi, dove abbiamo scoperto che acquistavano per poi importare in Italia personaggi di spicco della famiglia Di Lauro», dice Orfello. Non a caso in una operazione è stato coinvolto Vincenzo Manna, un luogotenente di Paolo Di Lauro detto “Ciruzzo u milionario”. Un segnale che questo traffico è ancora un asset importante per la Camorra e non solo.

La Guardia di finanza da sempre ha avuto il polso della situazione, avendo il mandato di controllare le frontiere. E i numeri registrati negli ultimi cinque anni sono impressionanti: la Finanza ha registrato sequestri per 1,3 milioni di tonnellate di sigarette e prodotti da tabacco per una evasione delle accise pari a oltre 2,5 miliardi di euro. Lo scorso anno i sequestri si sono concentrati in particolare in Campania (99 tonnellate), Trieste (32 tonnellate), Sicilia (25 tonnellate), Calabria (10 tonnellate) e Lombardia (10 tonnellate). Sempre lo scorso anno le marche più taroccate sono state Marlboro (27 tonnellate di sequestri), Regina (16 tonnellate) e Chesterfield (16 tonnellate).


Ma queste cifre riguardano i sequestri fatti dalla GdF che ha molto intensificato i controlli, dando un colpo importante al contrabbando. Il giro di affari resta enorme: solo lo scorso anno sono state evase accise per 500 milioni in Italia, che diventano 9,5 miliardi se si allarga il giro di orizzonte all’Europa. La bionda di contrabbando continua a valere oro anche negli anni Duemila.