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Esecuzione a Torvaianica, Tarzan, Diabolik e la cocaina: quella striscia rossa che insanguina il litorale

La Repubblica, 24 SETTEMBRE 2020

Esecuzione a Torvaianica, Tarzan, Diabolik e la cocaina: quella striscia rossa che insanguina il litorale

L’uomo che domenica è stato freddato sulla spiaggia in mezzo ai bagnanti, in passato avveva subito un agguato da un uomo della banda di Piscitelli. Sullo sfondo dell’ultimo delitto della capitale la guerra tra bande per il controllo dello spaccio

di CLEMENTE PISTILLI

“Mi avete preso con quei quattro chili ma non avete fatto niente. Mica avete fermato il camion carico che avevo dietro”. Selavdi Shehaj lo chiamavano Tarzan, perché era uno così, selvatico. E spavaldo al punto di provocare i carabinieri che lo avevano appena arrestato sorprendendolo mentre a Pomezia consegnava un carico di hashish (4,7 chili, per l’esattezza) a due clienti. I militari seguivano lui e la sua banda da tempo e alla fine erano riusciti a prenderlo con le mani nel sacco. Ma lui non era tipo da abbassare la testa. Era un duro.

Nato a Ujose di Mallakaster, un centro povero dell’Albania, popolato da pastori, una volta giunto in Italia Simone –  l’uomo ferito a morte con un colpo di pistola alla schiena domenica scorsa sulla spiaggia, a due passi dallo stabilimento balneare della compagna, il Bora Bora – si era fatto largo nel panorama criminale ed era riuscito pure a sistemare i parenti rimasti sull’altra sponda dell’Adriatico. Imponendo la sua legge, si era ricavato un notevole spazio a Torvaianica, sul litorale, dove da tempo hanno messo radici anche famiglie legate a doppio filo a Cosa Nostra catanese e dove è forte la stessa criminalità locale con la quale – fino a domenica – sembrava aver trovato una formula per sopravvivere. Rispetto reciproco e ciascuno per conto suo.

Torvajanica esecuzione tra i bagnanti, il ruolo di Diabolik

Se gli pestavi i piedi, però erano guai. Non era solito utilizzare armi. Risolveva i “problemi” a calci e pugni, con ferocia. Anche per questo, Tarzan. Per quell’indole un po’ selvaggia che lo portava a confrontarsi a mani nude contro chiunque. Ed è proprio a questa sua caratteristica che gli inquirenti sono inclini a collegare l’esecuzione di domenica mattina. Niente di più probabile che Simone avesse “maltrattato” la persona sbagliata. Era già successo, del resto. Era il 2 aprile 2016 su viale Francia, sempre a Torvaianica, quando Emiliano Pasimovich, 35 anni, di Ardea, dopo una rapida inversione di marcia, salì sul marciapiede dove si trovava Selavdi Shehaj cercando di investirlo. Il sesto senso di Tarzan però lo salvò. Simone si rese conto del pericolo e fuggì. Attraversò di corsa la strada e Pasimovich finì per schiantarsi contro un palo dell’illuminazione. E forse Simone lo avrebbe di nuovo pestato se il malcapitato non avesse fatto in tempo a darsela a gambe.

 

Dopo l’omicidio di domenica scorsa, l’episodio è stato ripescato dagli investigatori, ed è stato utile per dare una prima inquadratura a questo delitto così feroc. Perché questo Pasimovich, lo scorso anno venne arrestato insieme ad altre 50 persone dall’Antimafia di Roma nella maxi inchiesta sull’organizzazione capeggiata da Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik, ucciso nella capitale con modalità del tutto analoghe a quelle utilizzate nell’esecuzione di Simone, e Fabrizio Fabietti il braccio destro del capo ultrà della Lazio.

Una coincidenza, forse. Curiosamente collegata ad un’altra: il gruppo di Diabolik, messa d’accordo la camorra di Senese e la ‘ndrangheta dei Bellocco, aveva cominciato a fare affari d’oro con la droga a Roma, nei Castelli Romani e sul litorale, fino ad Ardea e dunque a casa di Tarzan. Pasimovich – stando a quanto risulta agli investigatori – aveva rapporti diretti con Fabietti, braccio destro di Diabolik, entrato in contrasto in carcere con i Fragalà di Pomezia.

Torvaianica l’uomo di Diabolik


Dopo aver rischiato di essere investito e ucciso, come era nel suo stile, interrogato dai carabinieri Tarzan negò tutto. Lui le cose le risolveva in altro modo. Finendo così a sua volta imputato, insieme a un 47enne di Pomezia, con l’accusa di favoreggiamento.
In una fase in cui gli albanesi si stanno facendo largo pure a Ostia, appare sempre più chiaro che il 38enne non fosse solo un piccolo spacciatore. Già ai tempi dei 4,7 chili sequestrati i giudici del Tribunale del Riesame di Roma sottolinearono che c’era il sospetto che Tarzan intrattenesse “rapporti con circuiti internazionali di rilevante spessore criminale in grado di procurarsi e commerciare sostanza stupefacente sul territorio italiano”.  Ed è proprio in questo contesto – tra le pieghe degli inevitabili dissidi che maturano in un mondo tanto violento e competitivo che, scommettono gli investigatori, è maturata l’esecuzione.