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Ecco come questo Stato tratta coloro che combattono contro le mafie. Ministro Maroni, si vergogni!

Due imprenditori siciliani si incatenano al Viminale. Uno di loro mette in vendita i propri organi su eBay: “Lo Stato non ci protegge”

Da stamattina il Viminale è teatro di una protesta “incivile”.
E’ così che la definiscono due imprenditori siciliani, Valeria Grasso, palermitana e Ignazio Cutrò, bivonese, che oggi si sono incatenati davanti alla sede del Ministero dell’Interno come estrema protesta all’indifferenza assoluta delle istituzioni.
Valeria Grasso è proprietaria di due palestre a Palermo e la sua lotta contro il racket è cominciata da pochi anni. Dopo aver pagato il pizzo per un breve periodo di tempo, la sua ribellione è valsa allo stato la possibilità di assicurare alla giustizia i vertici del clan Madonia, ma il tracollo finanziario prima e morale poi la hanno portata in aperta polemica con le istituzioni e con il presidente di Confindustria Sicilia Ivan Lo Bello, che continua ad esortare gli imprenditori a denunciare il racket, proponendosi come intermediario con lo Stato. Valeria Grasso, supportata da Sonia Alfano, parlamentare europea Idv, risponde seccamente che non sono queste le condizioni degli imprenditori coraggiosi, mettendo sul tavolo del dibattito la propria esperienza diretta. Ad oggi Valeria Grasso non ha ancora ottenuto la scorta.

Ignazio Cutrò è un imprenditore edile di 46 anni, e la sua storia comincia il 10 ottobre 1999, quando gli estorsori cominciano gli atti intimidatori di routine dando fuoco ad alcuni mezzi del suo cantiere. Cutrò ha scelto di dare un forte segnale alla comunità muovendosi sempre sul terreno della legalità, e dopo circa 30 denunce e la successiva concessione della scorta durante il processo, lentamente Cutrò ha sentito venir meno l’appoggio dello Stato.
L’imprenditore è molto amareggiato anche dall’’isolamento avvertito anche da parte dei propri concittadini: dialogare con le istituzioni, denuncia Cutrò, equivale a varcare una linea di confine: “vedete queste scale?(indica il Viminale,ndr) sono un po’ consumate, perché c’è gente che entra ed esce. Dalle mie parti invece sono nuove. Non ci va nessuno. Sapete come mi chiamano? ‘U sbirro. Ma io ne sono orgoglioso, non sono un eroe, perché sto lottando per la mia libertà e per quella della mia famiglia”.
Il grande senso di rispetto per le istituzioni statali lo si legge negli occhi di questo cittadino, che non è nuovo a proteste singolari fatte per attrarre l’attenzione dei media verso la sua situazione. Solo poche settimane fa, infatti, ha provocatoriamente messo all’asta i propri organi su eBay, costretto dal tracollo finanziario della sua azienda.
L’imprenditore non si è incatenato per chiedere aiuti economici, ma chiede di essere ricevuto dal Ministro Roberto Maroni per avere un colloquio per avere rassicurazioni sul proprio futuro, cercando di poter ripartire con la propria azienda che continua ad essere bersaglio delle cosche.
L’aiuto che oggi insieme alla sua collega Grasso chiede al Ministro è innanzitutto morale e simbolico, per dare un segnale forte alla mafia.
Lo sconcerto però è arrivato presto: durante le prime ore della protesta, la polizia in tenuta anti sommossa ha prima tranciato le catene legate al cancello del viminale con la cesoia, poi quando i due siciliani si sono incatenati nella piazza antistante il palazzo, ha tentato la carica, trovando però uno scudo umano di cittadini a proteggerli.
Cutrò e Grasso non si scoraggiano. Cutrò continua dicendo ”la nostra lotta comincia qui, noi abbiamo dichiarato guerra alla mafia, ma con questa risposta dello Stato la mafia sta sorridendo. Io ho dato vita all’associazione antiraket “libere Terre” e lancio un appello a tutte le associazioni d’Italia: dobbiamo fare rete, se siamo tutti uniti li ditruggiamo, permettimi di dire che come disse Alberto Sordi noi siamo noi, e loro non sono un cazzo”.
Il coraggio di questi due cittadini però sembra non scalfire la rigida insensibilità delle istituzioni. Dopo sette ore di protesta nessuna reazione dal Ministero dell’Interno, se non la dura reazione delle forze dell’ordine. Molte dichiarazioni di solidarietà sono arrivate dai funzionari del Viminale, che lasciando il posto di lavoro si sono fermati a prendere le distanze dal ministro Maroni, e dai deputati Barbato, Cavalli e S. Alfano dell’IDV.
Circa un’ora fa Cutrò ha accusato uno svenimento, ad è stata chiamata l’autoambulanza, ma lui non vuole muoversi e resta incatenato nel completo silenzio anche dei maggiori organi di stampa. Un silenzio, quello delle istituzioni e del mondo dell’informazione che odora di omertà.

(Tratto da Ignaziocutro.com)