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E tra le leggi di “riforma” spunta anche quella per il Concorso esterno per mafia

Ritorna sul banco degli imputati il concorso esterno in associazione mafiosa: il reato più temuto dai colletti bianchi e ciclicamente al centro del dibattito politico. Era accaduto ai tempi delle indagini sui vari Giulio Andreotti, Corrado Carnevale o Bruno Contrada, accade oggi, proprio mentre si attende il pronunciamento della Cassazione…

…sul processo a Marcello Dell’Utri, già condannato per quel reato in primo e in secondo grado.
Questa volta a sollevare “il problema” è il senatore del Pdl Luigi Compagna, autore di un disegno di legge dal titolo “Nuove norme in materia di concorso esterno”.
Scopo: diminuire le pene per il reato in questione portandole ad un minimo di 1 e ad un massimo di 5 anni.
Adducendo a pretesto la necessità di colmare un vuoto legislativo con l’introduzione del reato stesso nel codice penale il senatore ha infatti pensato bene di ottenere una tipizzazione del reato in uno specifico articolo del codice penale, con la conseguenza che a chi è accusato di concorso esterno all’associazione mafiosa non sarà più applicato, come avviene ora, l’articolo 416bis che prevede pene dai 3 ai 6 anni per la semplice associazione dai 4 ai 9 per chi la promuove o la dirige, dai 4 ai 10 in caso di associazione armata.
La giurisprudenza, ha spiegato Compagna, ha ritenuto infatti “di applicare anche al reato associativo di cui all’articolo 416-bis del codice penale l’istituto del concorso previsto dall’articolo 110”. E nonostante “gli apprezzabili sforzi” della corte di Cassazione che “ha introdotto e legittimato l’ipotesi di concorso esterno”, restano “una serie di problemi irrisolti connessi alla mancata tipizzazione del reato”.

Nello specifico il senatore pidiellino chiede che siano aggiunti, dopo l’articolo 379 del codice penale, il 379-bis e il 379-ter. Il primo, sul favoreggiamento di associazioni di tipo mafioso, prevede che “chiunque fuori dai casi di partecipazione alle associazioni di cui all’articolo 416-bis agevola deliberatamente la sopravvivenza, il consolidamento o l’espansione di un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni”; il secondo, relativo all’assistenza agli associati, stabilisce che “chiunque, fuori dai casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dà rifugio o fornisce vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipano a un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, al fine di trarne profitto è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni. La pena – prosegue il testo – è aumentata se l’assistenza è prestata continuativamente”. Mentre l’articolo 2 prevede l’abrogazione dell’articolo 418 del codice penale.

Durissima quanto immediata la reazione delle opposizioni.
Per il senatore Li Gotti (Idv) “la tipizzazione è inutile visto che il codice prevede già una graduazione delle pene in materia di concorso esterno. Francamente mi sfugge la ratio di questa   proposta”.

Ma il motto del senatore Compagna è chiaro: “Alleggerire la barbarie”. Perfettamente in linea con quanto già contestato dai suoi precedessori, che in più di un’occasione, all’occorrenza, avevano definito il concorso esterno un reato surreale e da sopprimere.
In barba a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, i primi sostenitori del concorso esterno, che nella sentenza ordinanza del maxi ter avevano parlato delle “manifestazioni di connivenza e di collusione da parte di persone inserite nelle pubbliche amministrazioni” che “possono realizzare condotte di fiancheggiamento del potere mafioso, tanto più pericolose quanto più subdole e striscianti, sussumibili – a titolo concorsuale – nel delitto di associazione mafiosa. Proprio questa ‘convergenza di interessi’ col potere mafioso – scrivevano – costituisce una delle cause maggiormente rilevanti della crescita di Cosa Nostra e della sua natura di contropotere, nonché, correlativamente, delle difficoltà incontrate nel reprimerne le manifestazioni criminali”.

Insomma, con i mille problemi irrisolti della giustizia italiana è davvero sorprendente che “ci si arrovelli per produrre leggi che hanno un solo obiettivo: diminuire le pene per quei soggetti esterni al mondo mafioso che lavorano per favorire la mafia”. Ne è convinto il senatore del Pd Alberto Maritati, già magistrato e membro dell’Antimafia. “Chi fa proposte di questo tipo – dice – fa finta di non capire che le mafie sono perennemente alla ricerca di appoggi esterni per accrescere il loro potere. Sono come i terroristi che si avvalevano di una vasta rete di fiancheggiatori. E poi, anche dal punto di vista della giurisprudenza, non vedo la necessità di norme di questo tipo. Quelle attuali hanno retto al vaglio della Cassazione e della Corte costituzionale, quindi perché sbracarsi per trovare a tutti i costi vie d’uscita per chi fornisce appoggi, connivenze e coperture al sistema mafioso?”.

I punti principali della Riforma della Giustizia che vuole sviluppare il Governo.

1) Separazione carriere
La legge assicurera’ la separazione di giudici e Pm. I primi costituiscono un “ordine autonomo e indipendente da ogni potere e sono soggetti soltanto alla legge”, i secondi sono invece un “ufficio” organizzato secondo “le norme dell’ordinamento che ne assicurano l’indipendenza”.

2) Obbligo azione penale
Il Pm continuera’ ad avere l’obbligo di esercitare l’azione penale ma “secondo i criteri stabiliti dalla legge”.

3) Responsabilità magistrati
Le toghe potranno essere chiamate a rispondere di tasca propria dal cittadino per errori commessi, come avviene per i medici o per i funzionari della P.A. E infatti la bozza prevede che i magistrati sono “direttamente responsabili degli atti compiuti in violazione dei diritti, al pari degli altri funzionari e dipendenti dello Stato”. Si aggiunge poi che “nei casi di ingiusta detenzione o di altra indebita limitazione della liberta’ personale, la legge regola la responsabilita’ civile dei magistrati”.

4) Due Csm
Ci sara’ un Csm per i giudici e uno per i Pm. Entrambi presieduti dal Capo dello Stato. Sembra quindi tramontata l’ipotesi di affidare la guida del Csm dei Pm al Pg della Cassazione eletto dal Parlamento in seduta comune. Del Csm dei giudici fara’ parte di diritto il primo presidente della Cassazione, mentre gli altri componenti saranno per meta’ giudici votati sulla base del sorteggio degli eleggibili (con l’intenzione di frenare il correntismo della magistratura associata) e per meta’ ‘laici’ eletti da Parlamento. Nel Csm dei Pm siedera’ il Pg della Cassazione e sara’ ribaltata l’attuale proporzione: la componente ‘togata’ dovrebbe infatti essere ridotta a un terzo (previo sorteggio degli eleggibili) mentre quella ‘laica’ arriverebbe a due terzi.

5) Ai Csm vietati atti di indirizzo politico
I due Csm “non possono adottare atti di indirizzo politico ne’ esercitare attivita’ diverse da quelle previste dalla Costituzione”. Espunta dalla bozza, invece, l’iniziale previsione secondo cui i Csm avrebbero potuto esprimere parere sui ddl del governo solo su richiesta del ministro della Giustizia.

6) Alta corte di disciplina
Come il Csm, anche la nuova Corte di disciplina sara’ divisa in due: una sezione per i giudici e una sezione per i Pm. I componenti di ogni sezione saranno nominati per meta’ dal Parlamento in seduta comune e per meta’ da tutti i giudici e Pm (previo sorteggio degli eleggibili).

7) Polizia giudiziaria
Cambia anche l’art.109 della Costituzione: se oggi l’autorita’ giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria, la bozza prevede dei limiti e cioe’ che giudici e pm dispongano della Pg “secondo le modalita’ stabilite dall legge”.

8) Magistrati onorari
Per andare incontro alla richiesta della Lega di una maggiore partecipazione del popolo all’ amministrazione della giustizia, cambia l’art.106 della Costituzione per prevedere la nomina anche elettiva di magistrati onorari con funzioni di Pm (ora questa possibilita’ e’ limitata ai soli giudici).

9) Inappellabilità sentenze di assoluzione
L’inappellabilita’ delle sentenze di assoluzione introdotta a suo tempo dalla ‘legge Pecorella’ poi bocciata dalla Corte Costituzionale torna ora in Costituzione: all’art 111 sara’ aggiunto un comma secondo cui “contro la sentenza di condanna e’ sempre ammesso appello salvo che la legge disponga diversamente”, mentre “le sentenze di proscioglimento sono appellabili soltanto nei casi previsti dalla legge”.

10) Potere ispettivo guardasigilli
In Costituzione, all’art.110, finira’ la funzione ispettiva del ministro della Giustizia e il compito a lui attribuito di riferire ogni anno alle Camere sullo stato della giustizia, sull’esercizio dell’azione penale e sull’uso dei mezzi di indagine. Restano confermate le sue attribuzioni relative all’organizzazione e al funzionamento dei servizi della giustizia.

(Tratto da Antimafia Duemila)