Così si rubava alla Regione Lazio ecco le rivelazioni di Fiorito ai pm
L’ex presidente della commissione Bilancio parla davanti ai pubblici ministeri: “Ad ogni consigliere spettavano 100mila euro, La Polverini era stata avvertita”
21 settembre 2012
di CARLO BONINI
SOSTIENE Franco Fiorito nel suo verbale chiuso mercoledì notte, che il “Sistema Lazio” era un segreto di Pulcinella. Che quella Cuccagna, che, tra il 2011 e i primi sette mesi di quest’anno, ha dilapidato 21 milioni di euro di finanziamenti destinati al “rapporto tra elettore ed eletto, al corretto funzionamento dei gruppi” e spesi in ostriche, puttane, viaggetti, Satyricon di cartapesta, prevedeva una “stecca para”.
Centomila euro netti l’anno per ogni singolo consigliere della Regione, che si aggiungevano a una busta paga già assai importante da da 13 mila euro netti al mese. E ancora: che del Sistema è stato “dominus”, garante e architetto, il presidente dell’Assemblea regionale, il Pdl Mario Abbruzzese. Di più, che del sistema, la Polverini, quale governatrice ma soprattutto consigliere, era al corrente. Ma che non volle vedere. Come documenta una lettera rimasta senza risposta datata 18 luglio di quest’anno e ora agli atti dell’inchiesta, con cui Fiorito, quattro giorni prima di essere rimosso da capogruppo del Pdl alla Regione, la avvisava che “la situazione delle spese sostenute dal gruppo Pdl” era ormai “insostenibile” e richiedeva “risposte rapide ed efficaci”.
“La mia busta paga”
Fiorito dettaglia ai pubblici ministeri le voci “legittime”, perché previste dalla legge, della sua busta paga mensile. 8.100 euro di stipendio base, 4.190 di diaria, 3.000 per le spese del personale, 8 mila per la presidenza del gruppo regionale, 8.000 per la presidenza della Commissione Bilancio. Fanno 31 mila euro. Più di mille al giorno, se si tolgono le domeniche. “Netti?”, chiedono con qualche pudore il procuratore aggiunto Alberto Caperna e il sostituto Alberto Pioletti. “Netti”, risponde lui. Che aggiunge: “A questa somma che percepivo individualmente, nella mia veste di capogruppo, si aggiungevano 21 mila euro mensili per il funzionamento del gruppo stesso”.
Una montagna di grano. Più di quanta ne vedano il presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica messi insieme. “Lo so, mi rendo conto”, abbozza lui. Che, del resto, sa di dover ancora spiegare ai pm la parte più difficile da digerire.
“I 100 mila di stecca para”
Alle locuste della Pisana 15 mila euro di paga base non possono bastare. E dunque, racconta Fiorito, “nel 2010, con l’inizio della legislatura, si decide di pompare ancora più liquido ai gruppi”. “Funzionava così – spiega ai pm – Il governatore e la Giunta fissavano il budget per l’anno finanziario in corso. Il Consiglio lo approvava e lo dettagliava nelle singole voci, compresa quella del trasferimento di fondi ai singoli gruppi. Poi, però, per consuetudine, quella cifra veniva ritoccata”. Nel solo 2011, le variazioni di bilancio alla voce fondi “per il rapporto tra elettore ed eletto” conoscono tre variazioni. Alla somma stanziata inizialmente nella finanziaria di 5 milioni e 400 mila euro, si aggiungono infatti prima 3 milioni, quindi altri 3 milioni, quindi 2 milioni e mezzo. Per una tombola che sfiora i 14 milioni. E tutto questo – spiega – “avviene fuori di ogni norma”. “Per consuetudine”, diciamo. “Provvede il presidente dell’Assemblea regionale Mario Abbruzzese e il suo staff, ritagliando da altre voci di bilancio, quali i trasporti, piuttosto che la scuola o la sanità, importi tali che, convogliati sui gruppi, consentano, alla fine di far tornare il conto”. Una “stecca para”, appunto. Nella misura di 100 mila euro netti per ogni singolo consigliere. “Vi dico per certo – chiosa con i pm – che il mio gruppo, il Pdl, era nelle stesse condizioni degli altri gruppi rispetto al Sistema. E dunque vi invito a effettuare anche sugli altri partiti accertamenti su come e in che misura i fondi vengano acquisiti e come vengono impiegati”.
I due scatoloni che accusano
“Quei soldi – si difende con i pm Fiorito, sostenuto dall’avvocato Carlo Taormina che conosce perfettamente la differenza tra il reato di peculato e quello, modesto, di appropriazione indebita – non erano denaro pubblico. Erano denaro della politica. Dei partiti, che restano pur sempre associazioni private. Per quanto, mi rendo conto, la cosa non possa piacere”. Ed è qui che indica i due scatoloni di cartone. In sedici cartelline trasparenti, Fiorito ha conservato la storia contabile dei rimborsi riconosciuti ai 17 consiglieri del suo gruppo in questi anni. Le ricevute di pagamento del personale. Cinque milioni e 900 mila euro, centesimo in più centesimo in meno. Non tutti rubati, per carità. “Diciamo – chiosa con i pm – che di quella cifra, circa 3 milioni sono stati erogati a fronte di giustificativi fasulli”. Fiorito porge ai finanzieri le cartelline di Lidia Nobili, Carlo De Romanis, Veronica Cappellaro, Chiara Colosimo, Andrea Bernaudo, Angelo Miele, Romolo Del Balzo e Francesco Battistoni. Di ognuno – spiega – ha imparato a conoscere “le debolezze”, le “giustificazioni palesemente ingiustificate e ingiustificabili” al momento di passare alla cassa. Come la Nobili, “che mi assillava con le fatture gonfiate della sua Lallaria srl.”, per il saldo da 150 mila euro di manifestazioni politiche di dubbia riuscita o persino esistenza. Come la “curiosa ricorrenza nelle fatture di Battistoni dei soliti due ristoranti, Pepe Nero, sul Lago di Bolsena, e Ripetta”, o i suoi “incredibili rimborsi per stampanti”. “Per non parlare dei saldi da 50, 70 mila euro alle società Majakowsky e Ruggero Lazzaroni”. O come i “100 mila euro finiti a De Romanis attraverso la “Associazione culturale giovani del PPe”, che ingenuamente credevo emanazione del Partito Popolare europeo e invece era un gruppo di suoi amici”. O come, ancora, “i pranzi all’Ambasciata d’Abruzzo della Cappellaro”, “le ostriche di Bernaudo”, le “cravatte e i buoni benzina di Miele”, le “4 segretarie di Abruzzese assunte dal mio gruppo”.
La lettera alla Polverini
E la Renata Polverini? Dov’era? Sapeva? E’ una domanda che i pm non fanno. Il nome della governatrice non fiorisce mai sulle loro labbra. Il verbale non ne ha traccia. Ma è la convitata di pietra del racconto di Fiorito. Destinata per giunta a diventarne la protagonista quando da una cartellina color carta da zucchero della Regione, il nostro estrae un foglio A4 che chiede e ottiene venga messo agli atti del suo interrogatorio. E’ una lettera autografa con protocollo 242/1, e “ricevuta di ricezione avvenuta” datata 18 luglio scorso e indirizzata a ogni singolo consigliere regionale del Pdl, al presidente dell’Assemblea regionale Abbruzzese, al vice-capo gruppo Carlo De Romanis e, appunto, “per conoscenza”, a lei, Renata Polverini. Scrive Fiorito: “Sollecitato da alcuni zelanti colleghi ho proceduto ad una serie di controlli su documenti giustificativi delle spese effettuate per il mantenimento del rapporto con gli elettori. Trovando una situazione assolutamente insostenibile, con assenza totale di documenti in alcuni casi e con giustificazioni, diciamo così, da approfondire, eccessivamente generiche e prive di riscontri effettivi (…) Come certo concorderà, è impossibile tollerare. E per questo, per i casi più evidenti, attendo risposta, in assenza della quale agirò, ove necessario, a mia e nostra tutela, secondo quanto previsto dalla legge”. Quattro giorni dopo, Fiorito sarà destituito da capogruppo del Pdl. E nel giro di qualche settimana, Battistoni, il suo successore ne denuncerà la malversazione. La Polverini a Fiorito non risponderà mai. Né una lettera, né una telefonata.
Conti, case e macchine
Già, ma dei 753 mila euro prelevati dai conti del Pdl, Fiorito che ne ha fatto? Ai pm, l’ex capogruppo elenca i conti di cui dispone e l’uso che ne ha fatto: “Ho un conto storico con mia madre all’Unicredit, dai tempi in cui vivevo ad Anagni. Un secondo, sempre con Unicredit, all’Eur, su cui ho appoggiato 200 mila euro di mutuo per una casa che ho comprato in Ciociaria. Un conto Deutsche Bank in piazza Venezia, uno Mps in via del Corso, quattro in Spagna, a Tenerife, isole Canarie, di cui due a mio nome, su cui ho accreditato il mio stipendio, e altri due ereditati da mio padre insieme a due ville e un terreno con progetto approvato di edificazione per altre 3 case. Ho poi un conto presso la Banca Popolare del Lazio, su cui è addebitato un mutuo di 500 mila euro con cui ho acquistato la villa al Circeo”. Su quella compravendita – ammette – “ci fu una parte di nero. Ma irrisoria. E comunque il prezzo fu di 600 mila euro”.
Già, le case. L’altra passione di Fiorito, insieme alle macchine. Otto fabbricati in Ciociaria, una casa di proprietà a Roma, e tre affitti. In via Margutta (che dovrebbe diventare la sua casa), 75 metri quadri a 1.200 euro al mese in via Gesù e Maria, dietro piazza di Spagna, di proprietà dell’Accademia nazionale di san Luca. E, per qualche mese, all’inizio di quest’anno, “una casa in piazza Venezia, da cui andai via rapidamente per il fastidio della canna fumaria di un ristorante”. Infine le macchine. Ai pm spiega di aver fatto il cambio di proprietà sia della Bmw X5, che della Smart. Da un mese non sono più intestate al gruppo Pdl, ma a lui. “E ne pago le rate di tasca mia”.