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”E meno male che la mafia non c’è più”

”E meno male che la mafia non c’è più”

Luca Grossi 28 Luglio 2021

La restaurazione di Cosa Nostra. I boss che guidano le famiglie

La mafia segue da sempre uno schema: sostituire i capi arrestati per mantenere il controllo del territorio, ed anche questa volta non ha fatto eccezione. Lo confermano i recenti blitz delle Forze dell’Ordine, Bivio2, Stirpe e Tentacoli che hanno fatto venire a galla una mafia ristrutturata ed in grado di dominare il territorio attraverso la riscossione del pizzo, estorsioni, traffico di droga, mantenimento dei sodali in carcere e risoluzioni delle controversie. Uno di questi capi è sicuramente Giuseppe Guttadauro, detto il “dottore”, storico capomafia appartenente alla Famiglia del sobborgo Roccella di Palermo; a fine del 2019 è stato visto incontrarsi nei pressi di via Funnuta, a Brancaccio, con Giovanni Di Lisciandro, gestore dei proventi delle estorsioni, anche lui finito in carcere nell’ultimo blitz. Motivo? Il “dottore” dopo aver saldato il suo debito con la giustizia è andato a vivere a Roma, ma stando a Giuseppe Greco, 63 anni, (detto “il senatore” ed ultimo reggente del mandamento di Ciaculli) è stato detto a Guttadauro quando è sceso a Palermo “di preoccuparsi della sua zona…”. Ma nel gennaio del 2020 Giuseppe Giuliano, soprannominato “Folonari”, stava provando a rivendicare maggiore potere. Infatti lo stesso Giuseppe Greco era dovuto intervenire per appianare lo scontro fra Giuliano ed i fratelli Antonino e Cosimo Fabio Lo Nigro, altro cognome storico in Corso dei Mille. E lo stesso pentito, di Belmonte Mezzagno, Filippo Bisconti, ha raccontato di aver saputo da Leandro Greco – altro nipote di Michele Greco e cugino di Giuseppe Greco, già fermato nel gennaio del 2019 in una seconda tranche di arresti di Cupola 2.0 – che si era aperta una “corsa alla reggenza” della famiglia mafiosa fra i fratelli Giuliano e “uno dei Lo Nigro”, ossia Antonino Lo Nigro, protagonista di uno strano episodio. Uno degli arrestati ha raccontato di avere saputo da lui (Antonio n.d.r) che era meglio stare alla larga da un’area recintata in via Chiaravelli, dove Maurizio Di Fede, considerato capo mafia nel quartiere Roccella, convocava spesso i suoi uomini: “E’ pieno di telecamere e microspie, lo hanno tempestato tutto”. Infatti gli investigatori hanno raccolto nell’ultima indagine una grande quantità di intercettazioni ed in una di queste, ad esempio, Di Fede ha raccontato di aver cercato di contattare il nuovo referente mafioso di Villabate, mandamento contiguo a Brancaccio, nonostante non sapeva chi era: “Io non è che l’ho potuto capire…c’è chi è che dice che c’è il figlio di Michele Rubino, il figlio di Nicola Mandalà. Si domandano se sia uscito dal carcere Terranova Francesco…addirittura mi avevano detto pure che c’era Nicolò Rizzo”.
I capi mafia, sempre secondo gli inquirenti, sarebbero stati riuniti grazie al lavoro di soggetti come Andrea Seidita, Emanuele Prestifilippo, Leonardo e Garabiele Rizzo e in uno di questi incontri ha partecipato pure Emilio Greco, fratello di Leandro e cugino di Giuseppe, protagonista di un matrimonio nel 2018, in cui ha sposato la figlia di Gregorio Di Giovanni, potente capomafia di Porta Nuova, seduto al tavolo della cupola di Cosa Nostra azzerata nello stesso anno. Un’altro nome su cui si sono concentrate le indagini è quello di Salvo Genova che è stato reggente del mandamento di Resuttana, contiguo a quello di Tommaso Natale.
Altro soggetto storico è Michele Micalizzi (ultimo reggente a San Lorenzo secondo Giulio Caporrimo) che ha saldato il conto con lo Stato e con cui nel 2017 discuteva Tommaso Inzerillo, uno degli scappati della seconda guerra di mafia. Quest’ultimo stava spiegando a Micalizzi che stava cercando di far perdonare suo cugino Francesco Inzerillo, reo di appartenere alla mafia perdente, schiacciata dai Corleonesi negli anni Ottanta.
Invece a Passo di Rigano gli inquirenti sospettano che Giovanni Inzerillo, uno degli figli di Totuccio, abbia potuto prendere parte ad alcune riunioni. Nella zona ha fatto tappa anche Salvatore Sal Catalano, 78 anni, originario di Ciminna, considerato un pezzo grosso della famiglia Bonanno di New York e coinvolto nell’operazione Pizza Connection, frutto del lavoro di Giovanni Falcone nella quale ha delineato il traffico di sostanze stupefacenti dalla Sicilia agli Stati Uniti. Sal Catalano ha scontato venticinque anni di carcere in un penitenziario statunitense, per poi essere espulso dagli Usa nel 2009.
Invece a Porta Nuova non si può non tenere conto di personaggi come Salvatore Totuccio Milano e Calogero Lo Presti, anziani boss dotati di notevole carisma. Infine sono stati registrati incontri e cene a cui hanno partecipato Buscemi e Girolamo, fratello di Giovanni, l’anziano boss tornato a comandare dopo un quarto di secolo in carcere.

Mandamento di Santa Maria di Gesù
Da qualche giorno è finito in carcere Ignazio Traina, secondo gli investigatori esponente apicale della cosca di Santa Maria di Gesù, il quale era stato accompagnato da Massimo Mancino durante i suoi spostamenti per andare ad incontrare Settimo Mineo, l’anziano boss di Pagliarelli che ha presieduto l’ultima cupola.
Nell’area di Brancaccio, inoltre, sono stati gli spostamenti di Mineo a portare gli investigatori fino al nome di Salvatore Nangano, fratello del boss Francesco assassinato qualche anno fa.
Mentre sono liberi da tempo, nel territorio compreso tra Santa Maria di Gesù e Villagrazia, due soggetti di rilievo: Sandro Capizzi, figlio del capomafia Benedetto, uno degli artefici della rifondazione di Cosa Nostra spazzata via dal blitz Perseo del 2008, e Salvatore Adelfio. Hanno espiato la pena anche Salvatore Castiglione e Antonino Cumbo, un tempo uomini fidati di Giovanni Bonanno, il reggente del mandamento di Resuttana morto di lupara bianca nel gennaio 2006. Infine gli investigatori si sono concentrati sulla figura di Salvatore Freschi – già conosciuto dalle Forze dell’Ordine – organizzatore del traffico di cocaina con i calabresi assieme a Giuseppe Greco e Girolamo Celesia. Sempre a proposito di droga, Greco e Ignazio Ingrassia, si sono incontrati con un’altra figura: Aldo Monopoli, originario di Terrasini, arrestato nel 2009 a Lima, in Perù, mentre trasportava 26 chili di cocaina. Nell’ambito del traffico di sostanze stupefacenti, in cui sono emerse le figure di Giuseppe Billitteri e Gioacchino Bonaccorso, gli investigatori hanno sospettato che l’acquisto del narcotico veniva effettuato da tutte le famiglie come un unico cartello mentre nello spaccio ci sia stata un’organizzazione più autonoma.

Mandamento della Noce
Sono presenti altre due figure storiche nel mandamento mafioso della Noce: Giancarlo Seidita e Franco Picone. Quest’ultimo, nonostante si trovi agli arresti domiciliari, continuerebbe ad avere un peso nelle dinamiche del mandamento.

Mandamento di Pagliarelli
Nel mandamento mafioso di Pagliarelli sono tornati liberi Giuseppe e Antonio La Innusa, spesso in contatto con Giuseppe Calvaruso, il reggente del mandamento di recente finito in carcere. Nel contesto associativo figurava spesso Giuseppe Trinca, un pezzo grosso della famiglia di Corso Calatafimi che fa parte sempre del mandamento di Pagliarelli. Il cugino di Trinca, Nunzio, con precedenti penali per contrabbando, riciclaggio e truffa, era proprietario di un fabbricato in contrada Cavallaro a Casteldaccia, dove aveva alloggiato il latitante Giovanni Motisi.
Altro nome importante è quello di Stefano Fidanzati, figlio del boss dell’Arenella-Acquasanta Gaetano Fidanzati, 73 anni, libero dal 2018 ed ancora in possesso di tutte le risorse per esercitare molta influenza.
In conclusione, nonostante il gran numero di persone identificate ne esistono ancora nascoste, come ad esempio un personaggio chiamato da Caporimmo,
“zio Pietro”, il quale sarebbe talmente influente da avere avuto un ruolo nella commissione provinciale di Cosa Nostra, quella che si è riunita nel maggio 2018 dopo decenni di inattività dovuta all’arresto dell’ultimo capo dei capi, Totò Riina.

Fonte:https://www.antimafiaduemila.com/