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Draghi: capacità di fare, equità! Il Governatore contro la politica finanziaria di Berlusconi

L’appello finale del Governatore di Bankitalia, Draghi, non smentisce le sue origini keynesiane e di allievo “prediletto” dell’ex-presidente della Repubblica Ciampi, per decenni già Governatore dell’istituto di Palazzo Koch:” Anche la sfida di oggi, coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita, si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità; desiderio di sapere, solidarietà”

Tutt’altra “pasta” rispetto all’esimio Commercialista del governo, nonché superministro dell’Economia, Tremonti/Treconti. La manovra, secondo il Governatore nell’impostazione di rigore per tutelare i conti pubblici è nel segno giusto, ma poi, è la critica complessiva e strategica, non basta a far uscire l’Italia dalla crisi né risolve alcuni aspetti nodali: l’evasione fiscale, la disoccupazione giovanile, la crescita, la ricerca.

Ci preme sottolineare come il governatore Draghi ricordi tra le due tappe fondamentali per il cammino del nostro paese verso l’integrazione europea, il turbolento periodo del 1992, quando per uscire dalla crisi finanziaria e dalla svalutazione della Lira, il governo Amato, sostenuto dalla Bankitalia di Ciampi e , subito dopo, lo stesso governo Ciampi, scardinarono le regole della finanza pubblica, basandosi su equità, solidarietà e comunanza dei sacrifici. Iniziò così la strada per farci arrivare nell’Euro nel 1998.
lo abbiamo ripetuto molte volte nei nostri commenti, anche come extrema ratio per arginare la voragine dei conti pubblici, che si avviano verso i 50 miliardi di Euro e non i 24/25. noi pensiamo che questa prima manovra fiscale del “Duo di Arcore”, Berlusconi/Tremonti, sia solo un “assaggino” indigesto, che nasconda invero ben più dure strette fiscali, senza però avviare meccanismi per la crescita, lo sviluppo, l’occupazione e la lotta strenua all’evasione fiscale. Per questo, occorre una forte opposizione in Parlamento e nelle piazze. Non come in Grecia, ma come la tradizione riformista della sinistra italiana ha saputo negli anni difficili della sua recente storia repubblicana.

Per il momento, inseriamo l’ultima pagina delle sue Considerazioni, che, insieme a quelle tecnico-giuridiche opposte dal Capo dello Stato, Napolitano, al decreto fiscale creeranno ulteriore malessere istituzionale nel “fortino assediato” di Palazzo Chigi, dove il Sultano-Califfo Berlusconi si aggira come una fiera in gabbia.
“La crisi ci ha ricordato in forma brutale l’importanza dell’azione comune, della condivisione di obiettivi, politiche, sacrifici. È una lezione che vale per il mondo, per l’Europa, per l’Italia.
La riforma delle regole per la finanza trascende i confini nazionali, richiede un consenso fra numerose giurisdizioni. Ma non c’è alternativa: una industria dei servizi finanziari integrata globalmente richiede una regolamentazione che, almeno nei suoi principi fondamentali, sia universale. La dura esperienza di questi anni non va dimenticata: rischi eccessivi impongono alla collettività prezzi altissimi. Rafforzare le difese del sistema è indispensabile, nei singoli paesi e a livello internazionale (…).

(…) Non è la prima volta che l’Italia si trova di fronte a un’ardua sfida collettiva. Nei quasi 150 anni della sua vita unitaria ne sono state affrontate, e vinte, diverse. Mi si permettano due esempi.
La più grande sfida sul piano delle riforme strutturali fu affrontata quando l’Italia appena unita entrò nel consesso europeo con il 75 per cento di analfabeti (…). Governanti, amministratori, maestri, Nord e Sud, combatterono insieme la battaglia dell’alfabetizzazione. Alla fine ci portammo ai livelli europei. Fu questo uno dei fattori alla base del miracolo economico dell’ultimo dopoguerra.
Nel 1992 affrontammo una crisi di bilancio ben più seria di quella che hanno oggi davanti alcuni paesi europei. Il Governo dell’epoca presentò un piano di rientro che, condiviso dal Paese, fu creduto dai mercati, senza alcun aiuto da istituzioni internazionali o da altri paesi. Fu una lotta lunga (…); ma fu vinta, perché i governi che seguirono mantennero la disciplina di bilancio: la stabilità era entrata nella cultura del Paese.
Anche la sfida di oggi, coniugare la disciplina di bilancio con il ritorno alla crescita, si combatte facendo appello agli stessi valori che ci hanno permesso insieme di vincere le sfide del passato: capacità di fare, equità; desiderio di sapere, solidarietà. Consapevoli delle debolezze da superare, delle forze, ragguardevoli, che abbiamo, affrontiamola.”
Per consultare il testo integrale delle Considerazioni finali del Governatore, basta collegarsi al sito di Bankitalia.

(Tratto da Aprile online)