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DOVE C’E’ MAFIA NON CI SARANNO MAI  CRESCITA E SVILUPPO.’Ndrangheta, in 40 anni di infiltrazione del Nord l’occupazione è crollata del 28%

Il Sole 24 ore, 10 ottobre 2019

Ndrangheta, in 40 anni di infiltrazione del Nord l’occupazione è crollata del 28%

Lo studio: la ndrangheta entrano in imprese che operano in settori maggiormente legati pubblico; l’infiltrazione si associa a un significativo aumento del fatturato delle imprese interessate, dovuto a iniezioni di denaro “sporco” che inquinano il mercato; la diffusione delle cosche ha effetti negativi sulla crescita aggregata di lungo periodo

di Ivan Cimmarusti

Una strategia per sostituirsi allo Stato: elargendo posti di lavoro le mafie cercano quel consenso sociale di cui si nutrono. Oggi però si scopre che è l’esatto contrario. I territori “inquinati” dalla ndrangheta nel Centro e nel Nord Italia hanno subìto una costante perdita di occupazione dovuta proprio alla penetrazione criminale nell’imprenditoria. La Banca d’Italia stima che dal 1971 al 2011 le aree geografiche sotto la morsa delle consorterie hanno perso il 28% di occupazione.

Una emorragia registrata dai tecnici di Palazzo Koch in uno studio che calcola a livello matematico quanto la presenza mafiosa incida sul mondo del lavoro. Un contesto sconcertate, che dimostra – qualora ce ne fosse ancora bisogno – quanto la criminalità organizzata rallenti lo sviluppo delle zone che finiscono sotto il suo controllo. Un controllo capillare, che riesce a inquinare il mondo dell’imprenditoria, dei professionisti, della Pubblica amministrazione, delle forze dell’ordine e della politica, come emerge dalle informative investigative della Direzione nazionale antimafia.

Il crollo dell’occupazione nell’aree infiltrate dalla ndrangheta è contenuto, come detto, in un dossier che chiarisce in modo tecnico la strategia criminale: la ndrangheta tende a entrare in imprese che attraversano periodi di difficoltà finanziaria e che operano in settori maggiormente legati alla domanda pubblica o, comunque, più adatti al riciclaggio; l’infiltrazione si associa a un significativo aumento del fatturato delle imprese interessate, dovuto a iniezioni di denaro “sporco” che inquinano il mercato; la diffusione delle cosche ha effetti negativi sulla crescita aggregata di lungo periodo.

Questa penetrazione ha prodotto una grave perdita di occupazione in circa 40 anni. Bankitalia stima che tra il 1971 e il 2011 le aree del Centro e del Nord Italia hanno perso forza lavoro per circa il 28%.L’analisi si spinge oltre. Sono state analizzate le imprese finite sotto il controllo diretto o indiretto delle cosche. Si è accertato che le aziende hanno avuto una crescita esponenziale apparente, grazie all’immissione di capitali mafiosi. Ma si trattava, appunto, di crescita fittizia, in quanto basata su un giro vorticoso di false fatturazioni allo scopo di riciclare denaro sporco provento dai traffici di droga, dall’usura, dall’estorsione.

I tecnici di Bankitalia precisano che «la ndrangheta tende a entrare in aziende in difficoltà economiche e finanziarie», preferendo quelle che lavorano in stretta connessione con il pubblico, ma anche in quelle dove il riciclaggio del denaro provento da attività illecite risulta più semplice. Una penetrazione resa possibile da quella «unitarietà» della ndrangheta, come emerge dalla indagini delle procure distrettuali antimafia del Nord Italia.

Lo studio non prende in considerazione la “infiltrazione” criminale ormai dilagante nel cuore dell’Europa. Un particolare di non poco conto, visto e considerato che gli inquirenti dell’Antimafia registrano costantemente triangolazioni di fatture false tra società italiane ed altre sparse tra Austria, Germania, Olanda, Slovenia, Romania, Croazia e Inghilterra.

Secondo stime attendibili, i ricavi illeciti dell’organizzazione – ramificata in tutta Italia, nel Centro Europa, Nord e Sud America e Australia – nel 2010 sono stati pari a 3,5 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto a Cosa nostra. La stessa Europol, in un dossier del 2013, indica la ndrangheta tra le più ricche e potenti organizzazioni a livello globale.