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Dopo i medici-spia, ora anche i presidi-spia. Maroni pensi, piuttosto, a combattere più efficacemente le mafie, quelle dei colletti bianchi e dei politici soprattutto!

‘Presidi – spia’, lo stop di Fini
Il presidente della Camera scrive al ministro dell’Interno Maroni chiedendo che venga stralciata la norma che impone agli immigrati l’obbligo di presentare il permesso di soggiorno al momento di accedere ai servizi pubblici, istruzione compresa. Domani il ddl sicurezza, che comprende la misura contestata e che consentirebbe ai dirigenti scolastici la delazione degli irregolari, approda a Montecitorio in seconda lettura. La Lega farà pressione perchè il governo metta la fiducia per evitare i franchi tiratori interni: nella maggioranza infatti sulla politica in materia di sicurezza non c’è omogeneità. Opposizione, sindacati delle forze di polizia e dei medici chiedono una retromarcia su Cie, ronde e reato di clandestinità

Si smarca ancora una volta e ancora una volta ribadisce la sua contrarietà al disegno di legge sulla sicurezza che domani verrà discusso alla Camera, dove i deputati saranno chiamati ad esaminare e votare i vari emendamenti ad un testo giunto ormai alla sua seconda lettura. Mentre in vista del voto finale appare quasi certa la fiducia, anche se per avere una posizione ufficiale da parte del governo si dovrà aspettare il faccia a faccia previsto in mattinata fra il ministro dell’Interno Maroni, quello della Difesa La Russa, il guardasigilli Alfano e i capigruppo di Pdl e Lega.

Il presidente Fini prende carta e penna e scrive al responsabile del Viminale bollando come “negativa” l’eventualità che permanga la norma che consentirebbe di negare l’iscrizione alla scuola dell’obbligo ai figli degli immigrati senza permesso di soggiorno (il caso dei più noti presidi spia). “Ti faccio presente che la disposizione (…) pone dei limiti in ordine all’accesso a pubblici servizi, anche nel caso in cui i medesimi servizi rivestano carattere essenziale”, scrive il presidente della Camera.

L’introduzione del reato di clandestinità, come prevede il ddl sicurezza, e quella dell’articolo che impone l’esibizione del certificato di soggiorno per accedere a qualsiasi prestazione pubblica, di fatto impedirebbe ai bambini figli di immigrati irregolari l’accesso all’ istruzione, imponendo a presidi e insegnanti la denuncia di queste stesse famiglie straniere.

Una condizione che a detta di Fini pone “un problema di compatibilità con le altre norme” e che farebbe dell’Italia una eccezione (negativa) rispetto al consorzio del Vecchio continente: “in Europa non c’è alcuna normativa che discrimina l’esercizio del diritto allo studio da parte dei minori stranieri”, ammonisce l’ex leader di An.

Il sasso lanciato nello stagno della politica da parte del presidente di Montecitorio agita positivamente le acque dell’opposizione che, con una sola voce, chiede al governo (in particolare al ministro dell’Interno leghista), il marcia indietro. “Il ddl sicurezza è incostituzionale” e “l’introduzione del reato di clandestinità pone problemi di carattere etico e costituzionale”, perché “limita l’accesso ai diritti essenziali”, fa presente la capogruppo democratica in Commissione Giustizia Ferranti, che punta il dito accusatorio verso l’articolo che non solo preclude l’istruzione ai minori irregolari, ma “impedisce anche la registrazione della nascita” da parte di genitori privi di permesso di soggiorno. Mentre il responsabile Educazione Fioroni rispetto al monito di Fini grida al “re è nudo”, parlando di norme e principi “aberranti” e “vergognosi”. L’Idv con il vice capogruppo Borgheresi si riferisce alla disposizione presente nel ddl come una “norma che va a infierire sui bambini” e che “rischia di scavalcare il rispetto per alcuni dei fondamentali diritti umani”. E dall’Udc le dichiarazioni non sono meno forti: “non solo incostituzionale ma anche demenziale” afferma infatti Volontè bocciando la politica governativa in materia di sicurezza.

Ma la Lega e il responsabile del Viminale sembrano procedere lanciati in direzione dell’approvazione del ddl, puntando alla copertura della fiducia per evitare che il dissenso che pesa anche all’interno della maggioranza possa portare a brutti scherzi. Reato di clandestinità, allungamento della permanenza nei Cie e ronde devono incassare l’ok del Parlamento e, dopo i recenti agguati dei franchi tiratori, meglio prevenire i colpi bassi degli alleati. Perché, come dimostrato dal dissenso dei famosi 101 parlamentari capitanati dalla Mussolini in particolare sui cosiddetti medici spia e sul reato di clandestinità, la sicurezza targata Lega non convince tutto il Pdl. Per ben due volte la norma che consente il trattenimento dei clandestini fino a 6 mesi nei centri per l’identificazione e l’espulsione è stata bocciata, sia alla Camera che al Senato, con il voto segreto. Riproposta come promesso da Maroni, ora la misura deve andare in porto a tutti i costi.

Stessa preoccupazione – ma minore- per le ronde, verso cui la contrarietà più forte si registra nel centrosinistra e che, stralciate dal decreto stupri dalla Lega a patto che venissero almeno inserite nel ddl, ora devono vedere ratifica parlamentare. A pesare anche il boccone amaro del referendum che, ciliegina sulla torta, spinge la Lega a chiudere ogni porta della mediazione. Del resto sul tema non solo le camice verdi, ma soprattutto Maroni si gioca la faccia con l’elettorato lumbard.

A niente serviranno le proteste dell’opposizione, il dissenso interno e la critica che piove dalle stesse forze di sicurezza, che domani in concomitanza con i lavori dell’Aula manifesteranno davanti a Montecitorio. Siulp, Siap-Anfp, Silp Cgil, Consap Italia Sicura, Ugl Ps, Coisp e Uilps esprimeranno il loro dissenso “contro i tagli alle forze di polizia e la legalizzazione delle ronde”, le quali a detta del cartello sindacale sono una scelta “sbagliata e pericolosa” e non solo “per il versante della sicurezza urbana ma soprattutto della lotta alla criminalità mafiosa”. I sindacati denunciano una politica schizofrenica da parte del governo che proclama tentativi di protezione dei cittadini ma poi “nello stesso tempo taglia le risorse” riducendo “ad una condizione di mera sopravvivenza il personale delle forze di polizia”.

Non diversamente la categoria dei dirigenti medici che oggi hanno scritto a Fini (non a caso). Sebbene sia stata stralciata la norma che obbligava i medici a segnalare i clandestini abrogando l’articolo 35 del Testo sull’immigrazione ch ne faceva divieto, i sindacati di categoria chiedono “un provvedimento legislativo” capace di “esplicitare espressamente l’esenzione del personale sanitario anche per quanto riguarda la denuncia penale alla autorità giudiziaria”. Il punto infatti è che la clandestinità resta reato e il medico è un pubblico ufficiale, dunque “il problema rimane in parte irrisolto e fonte di ambigue interpretazioni” perché la qualifica della clandestinità come reato “non esenta la denuncia penale all’autorità giudiziaria”, e questo anche se le Commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera hanno esentato i medici dalla segnalazione.

Si ricompone la maggioranza anche sul tema antiracket. “Siamo contro la mafia, sempre e comunque” dichiara il ministro alla Giustizia Alfano annunciando il ripristino dell’obbligo per l’imprenditore titolare di appalti pubblici di denunciare un’estorsione. Alfano ha poi delineato i punti chiave del provvedimento: poteri del prefetto di accedere ai cantieri per prevenire infiltrazioni mafiose, misure di prevenzioni antimafia anche per il reato di trasferimento fraudolento di lavori e ulteriori ipotesi di confisca sempre per la stessa colpa, accelerazione dei tempi per l’utilizzo dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, una disciplina più dura del regime di 41 bis, oltre che una modifica più stringente riguardo allo scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose. Le parole del Guardasigilli mettono fine alla polemica sulla cancellazione della norma, introdotta durante l’esame al Senato, che obbligava gli imprenditori titolari di commesse pubbliche a denunciare le estorsioni e che aveva visto spaccarsi fra favorevoli e contrari sia il Pdl che il Pd, con la Lega che è partita lancia in resta a difesa della misura. La critica riguardava il fatto di voler procedere al contrasto dell’estorsione con una politica più garantista.

“Domani proporrò il ripristino di quei poteri di coordinamento della Direzionale nazionale antimafia e del procuratore nazionale antimafia come previsto dal decreto”. E’ questo l’altra vicenda che aveva innescato la polemica e che il ministro sceglie di chiudere, soprattutto dopo la critica feroce piovuta dal procuratore Grasso. Una querelle nata intorno alle norme che limitavano i poteri del procuratore che non poteva più intervenire durante le indagini preliminari (ma solo quando i procedimenti arrivano in Tribunale, avviati su proposta dei procuratori distrettuali).
Frida Roy

(Tratto da www.aprileonline.info)