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Di Silvio nella campagna elettorale di Di Giorgi

Il Caffè,n. 532 dal 9 al 22 aprile 2020

Di Silvio nella campagna elettorale di Di Giorgi

Il nome compare nelle motivazioni con cui il Riesame ha rigettato i ricorsi di Gina Cetrone, del marito e di Armando

Clemente Pistilli

La criminalità di origine nomade di Latina avrebbe lavorato anche nella campagna elettorale dell’ex sindaco Giovanni Di Giorgi. Il nome dell’esponente di Fratelli d’Italia emerge dalle motivazioni con cui il Tribunale del Riesame di Roma ha respinto i ricorsi dell’ex consigliera regionale del Pdl, Gina Cetrone, dell’ex marito di quest’ultima, Umberto Pagliaroli, di Armando Di Silvio, ritenuto dalla Dda di Roma a capo di un’associazione per delinquere di stampo mafioso, e dei figli del presunto boss, Gianluca e Samuele Di Silvio, confermando per loro le misure cautelari. Cetrone e l’ex marito, per l’Antimafia, avrebbero ingaggiato i Di Silvio per compiere estorsioni e gestire la campagna elettorale del 2016 per il rinnovo del consiglio comunale a Terracina, in cui era candidata anche la ex consigliera regionale. I giudici Filippo Steidl, Maddalena Cipriani e Roberta Conforti, motivando il perché hanno deciso di lasciare i cinque indagati in carcere, tornano tra l’altro sulle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Agostino Riccardo, specificando che il pentito ha sostenuto che l’esponente del centrodestra arrestata, da cui i Di Silvio avevano “preso l’appalto” per la campagna elettorale a Terracina, già conosceva il clan “anche in relazione alle precedenti campagne elettorali di Maietta e Di Giorgi”. Il Riesame ritiene che le dichiarazioni di Riccardo abbiano trovato “diversi riscontri”. Uno è quello delle dichiarazioni di un altro collaboratore di giustizia, Renato Pugliese, figlio del boss Costantino Cha Cha Di Silvio, a sua volta ritenuto attendibile, il quale ha riferito ai magistrati: “Gestire la campagna della Cetrone significava avere soldi sia per i manifesti sia per acquistare i voti”. Ancora: “Gina era pressante e anche il marito Umberto, quindi dovevamo renderla visibile e se vedeva i manifesti di Procaccini da qualche parte si innervosiva”. Per i giudici le dichiarazioni dei pentiti sono state poi confermate da una serie di intercettazioni, che smentirebbero le giustificazioni fornite dalla ex consigliera regionale nell’interrogatorio a cui è stata sottoposta dal gip dopo il suo arresto. Tra l’esponente del centrodestra e il clan vi sarebbe una “vecchia amicizia”, tanto che l’Antimafia ha recuperato messaggi Facebook tra la Cetrone e Riccardo risalenti al dicembre 2014. E la Cetrone sembra si stesse preparando anche per le regionali, dicendo a Riccardo: “Ci sono anche le regionali in vista Agostino”. Altre conferme, secondo i giudici, arrivano poi dalle dichiarazioni del figlio del candidato D’Amico. Il Riesame ha confermato quindi le misure cautelari ritenendo che vi sia il rischio di reiterazione del reato. In particolare, per quanto riguarda Gina Cetrone, il Tribunale sottolinea che in udienza la stessa ha detto “di svolgere ancora incarichi politici”. E i giudici hanno aggiunto che gli stessi “potrebbero costituire ulteriore occasione per delinquere”.