Deiulemar, il piano degli armatori: i soldi dei 5 trust per evitare la cella
Alberto Dortucci
Torre del Greco. Una pioggia di milioni in cambio di un corposo sconto di pena rispetto alle condanne incassate in secondo grado. C’è la volontà di provare a scongiurare il rischio di un ritorno in carcere dietro la nuova offerta presentata dalla Bsi Corporation – trustee riconducibile alla famiglia di Pasquale Della Gatta e Angelo Della Gatta – per «chiudere i conti» relativi alla battaglia giudiziaria su cinque trust della galassia legata alla Deiulemar compagnia di navigazione. Una proposta di transazione al 70% per assicurare – secondo una prima stima – circa 50 milioni di euro all’esercito di 13.000 truffati dagli armatori-vampiri. In pratica, un ristoro di circa il 7% – rispetto al complessivo buco di 800 milioni di euro – già superiore ai soldi recuperati dai risparmiatori in 10 anni di contenziosi.
L’ultimo verdetto
I tempi di presentazione della proposta di accordo non sono casuali. L’ultimo tentativo di scrivere la parola fine al braccio di ferro per il tesoretto dei trust Fusons, Darly, Future, Yellow Cats e Bigei risaliva al 2017. Guarda caso, l’anno in cui – il 9 novembre – arrivò la sentenza con cui la corte d’Appello di Roma distribuì condanne per complessivi 55 anni di reclusione per i sei imputati. All’epoca, gli armatori-vampiri arrivarono a offrire il 90% dei trust: proposta accettata dalla curatela fallimentare della società di fatto – come parere favorevole espresso il 12 giugno del 2017, con la sola esclusione del trust Fiducia di riferimento della famiglia di Giovanna Iuliano e Maria Luigia Lembo – ma respinta al mittente dal comitato dei creditori, espressione degli obbligazionisti. Nei successivi quattro anni, poi, silenzio assoluto. La sentenza con cui la suprema corte di Cassazione di Roma ha rimandato il processo penale a una differente corte d’Appello per la rimodulazione delle pene a carico degli armatori-vampiri ha «silenziato» i trustee finché non è stata fissata la data del verdetto finale: 21 febbraio 2022. Così già a dicembre del 2021 si è (ri)messe in moto la «macchina transattiva» per provare a dimostrare la disponibilità «a riparare il danno» del fallimento del 2 maggio 2012.
Le quattro condizioni
La «concomitanza» tra la proposta di transazione e il processo-bis davanti alla corte d’Appello, ovviamente, non è sfuggita ai rappresentanti degli ex obbligazionisti Pronti a chiedere tempi celeri e a imporre precise condizioni per l’effettiva formalizzazione dell’accordo. In primis, eventuali contenziosi andranno discussi in Italia e non a Malta o in Svizzera. Nel paniere del mega-risarcimento deve finire la vendita di tutti i beni e al tesoretto vanno aggiunti “Maestrale” e i trust svizzeri. Un braccio di ferro che – in attesa dell’esito della famosa causa da 393 milioni di euro contro Bank of Valletta, l’istituto di credito di Malta in cui sarebbe finita buona parte del tesoro della Deiulemar compagnia di navigazione – potrebbe finalmente dare respiro alle vittime del grande crac all’ombra del Vesuvio. Ma, al tempo stesso, regalare agli armatori-vampiri la possibilità di scongiurare il rischio di finire nuovamente dietro le sbarre del carcere.