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Decreto sicurezza: le paure del Ministro

Maroni chiede un altro chiarimento politico nella maggioranza sul ddl sicurezza, non vuole rischiare di venire ancora affossato sull’allungamento a sei mesi i tempi di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione. Se l’accordo non arriva, chiederà la fiducia. L’irritazione del responsabile del Viminale è salita dopo l’incidente della scorsa notte in commissione Giustizia: le norme antiracket, complice l’assenza del Pd che protestava contro le decisioni sull’immigrazione, sono state alleggerite da un emendamento del Pdl

Il ministro dell’Interno Roberto Maroni non si fida dell’accordo raggiunto due giorni fa nella conferenza dei capigruppo sul disegno di legge sulla sicurezza, quando è passata la conferma delle ronde e del prolungamento di sei mesi dei tempi di permanenza dei centri di identificazione e di espulsione. Vuole un “impegno politico”, per questo martedì si riunirà con i colleghi alla Giustizia e alla Difesa, Angelino Alfano e Ignazio La Russa, e i capigruppo. Se non avrà garanzie, chiederà la fiducia “per evitare rischi”. I timori di Maroni erano già oltre il livello di guardia, visto che la norma che allunga a sei mesi la possibilità di trattenere i clandestini nei Cie è già stata bocciata – due volte, sempre con i voti determinanti di franchi tiratori del Popolo della libertà – dal Parlamento.

A far salire ulteriormente l’irritazione, e la cautela, del responsabile del Viminale, è stato un “incidente” capitato la scorsa notte in commissione Giustizia. Il ministro ha dovuto assistere a un depotenziamento secco di un passaggio chiave del provvedimento, la norma che, nella versione originaria, avrebbe automaticamente escluso un imprenditore dalla gare d’appalto se si fosse saputo che non aveva denunciato chi gli chiedeva il pizzo. Nella stesura iniziale, già approvata dal Senato, sarebbe bastato, per far scattare l’estromissione, la semplice comunicazione di un indizio da parte di pubblico ministero in un processo in cui sono imputati “terzi”. Ma un emendamento del Pdl (su cui il ministero dell’Interno aveva espresso parere contrario), in particolare del deputato ex An Manlio Contento (ma c’è anche il sostegno del sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo e dei relatori) ha sancito la svolta garantista: per l’esclusione dalle gare d’appalto, il costruttore deve risultare imputato per favoreggiamento o falsa testimonianza.

Maroni ha tuonato: “E’ stata svuotata di significato una norma condivisa e concordata con le associazioni antiracket, con la procura nazionale antimafia, con i ministri”. E adombrato sospetti sull’identità dei “motori” della modifica: “Se basta un emendamento sostenuto da certe lobby, se basta questo… Beh, io sono preoccupato”.

Basta poco per capire chi sono le lobby chiamate in causa da Maroni, è sufficiente riportare quanto detto da Tano Grasso, presidente onorario dell’associazione antiracket italiana, ai microfoni di “Econews”, in riferimento alla versione originaria della norma: “Stupisce che da un lato Confindustria dica certe cose e si dica favorevole a questa proposta, che come Fai abbiamo lanciato anni fa, e dall’altra l’associazione costruttori, che fa parte di Confindustria, dica un’altra cosa”. Occhi puntati sull’Ance, quindi, tanto che Grasso ha aggiunto: “Nel mondo dell’imprenditoria edile prevale l’idea che la lotta al racket non sia un problema che riguardi in prima istanza proprio gli imprenditori. C’è, in quel settore, una permeabilità maggiore. Dispiace, questa norma per loro era una grande occasione. Il mondo delle imprese edili, dopo il caso dell’Aquila, è a pezzi”. Ma la responsabilità è anche del Partito democratico: “Se l’opposizione fosse stata presente, quell’emendamento sarebbe stato bocciato”.

Il Pd, in effetti, in commissione non c’era. I suoi rappresentanti erano usciti per protestare contro la norma dei che obbligherebbe gli extracomunitari a mostrare il permesso di soggiorno ogni volta che accedono ai servizi pubblici.

Ma – benché l’assenza possa definirsi, in una certa misura, giustificata – è comunque disorientante leggere le posizioni, precisamente opposte, di due autorità del Pd in materia. Prima la capogruppo in commissione Donatella Ferranti, che ha avallato la modifica apportata dalla maggioranza: “Non è una norma peggiorativa rispetto al testo. Dà maggiore certezza sugli elementi di valutazione”. Il Pd, peraltro – ha ricordato la Ferranti – aveva presentato su questo punto un emendamento nel quale si prevedeva che fosse necessaria la richiesta di rinvio a giudizio, e non solo semplici indizi, per estromettere dagli appalti le aziende accusate di favoreggiamento”. Dopo un’ora, ecco il responsabile sicurezza Marco Minniti: “L’emendamento della maggioranza esprime invece un netto segnale di arretramento ed insieme di isolamento per quegli imprenditori che si sono impegnati in prima fila in una grande battaglia per la libertà d’impresa e per un mercato aperto e concorrenziale”. Tanto che la Ferranti, subito dopo, è costretta a correggere il tiro: “Le nuove norme sugli appalti dovranno essere uno strumento perché gli imprenditori possano uscire dall’omertà e, nello stesso tempo, fare in modo che non possano diventare vittime di strumentalizzazioni della stessa criminalità organizzata”.

I medici della Cgil, nel frattempo, sono in fibrillazione: se è vero, dicono, che è stato ripristinato il divieto di segnalare gli irregolari alle autorità, l’approvazione del ddl introdurrebbe il reato di immigrazione clandestina, e con esso l’obbligo di denuncia da parte dei sanitari.

Il ministro della Difesa La Russa ha annunciato la prossima estensione dei pattugliamenti dei militari nella città ad altri centri urbani oltre alle aree metropolitane a rischio. La responsabile Difesa del Pd, Roberta Pinotti, ha risposto denunciando i tagli al settore (dal prossimo anno meno 40 per cento sul reclutamento) e facendo presente che “la principale preoccupazione del governo, e in particolare del ministro della Difesa, dovrebbe essere quella di pensare a mantenere i livelli di sicurezza e di reclutamento delle nostre truppe, non certo quella di spedire altri soldati a pattugliare le città”.
Andrea Scarchilli

(Tratto da www.aprileonline.info)