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De Magistris: un’altra vittima di “‘o sistema”

De Magistris e le interferenze patologiche

Andrea Santini, 03 dicembre 2008, 20:50

Per i vertici della Procura di Salerno, c’è stato un vero complotto teso a “fermare De Magistris, danneggiare lui, consulenti tecnici e persone informate sui fatti, ostacolare le inchieste, smembrarle, disintegrarle e favorire taluni imputati”. Ma chi spera che si faccia luce sui fatti e le responsabilità rischia di rimanere nuovamente deluso. Come da copione, si è già cominciata a sollevare la polvere

La Procura di Catanzaro invasa e perquisita da un centinaio tra carabinieri e poliziotti, guidati dal procuratore capo di Salerno Luigi Apicella e dai suoi sostituti, Dionigio Verasani e Gabriella Nuzzi. Il procuratore generale di Catanzaro, Enzo Jannelli, e il suo predecessore, oggi avvocato generale della Corte d’appello Dolcino Favi, indagati, assieme ad altri cinque magistrati, con accuse che vanno, a vario titolo, dalla corruzione in atti giudiziari all’abuso d’ufficio, dal falso alla calunnia e alla diffamazione. Sarebbero responsabili, secondo i magistrati salernitani, di un vero e proprio complotto per sottrarre all’ex pm di Catanzaro, Luigi De Magistris, oggi giudice del riesame a Napoli, le inchieste “Why not” e “Poseidone” in modo da smembrarle e renderle, nell’interesse degli imputati, totalmente inoffensive.
E anche il Csm, che aveva trasferito De Magistris a Napoli, accogliendo la richiesta presentata dall’allora ministro della giustizia Clemente Mastella, indagato dal magistrato, ha ora aperto una sua inchiesta, affidata alla prima commissione, per cercare di capirci qualcosa, visto che quella decisione di trasferimento potrebbe oggi costituire un’ombra.

Le ipotesi che, ormai da giugno, vengono formulate, sono pesantissime. Salerno, competente per territorio, aveva già completamente scagionato De Magistris. Con un atto di quasi mille pagine aveva stabilito che non solo, nel corso delle sue inchieste, l’ex pm aveva agito in maniera “assolutamente legittima e corretta”, ma che era stato vittima di “pressioni e interferenze” proprio a causa dei risultati ottenuti. Si parla di “interferenza patologica”. “Il contesto giudiziario in cui si è trovato ad operare Luigi De Magistris – è scritto nel documento – appare connotato da un’allarmante commistione di ruoli e fortemente condizionato dal perseguimento di interessi extragiurisdizionali, anche di natura illecita”. In questo giro di interessi e di strumentalizzazioni sarebbero coinvolti anche giornalisti e collaboratori di polizia giudiziaria, fatti segno di perquisizioni mirate.

Il magistrato scomodo aveva messo le mani su giri d’affari miliardari, i cui proventi finivano in molte tasche. Prima le discariche (Poseidone), poi i finanziamenti europei, o in ogni caso pubblici (Why not). E aveva cominciato ad individuare le responsabilità dirette ma, soprattutto, la rete di complicità occulte che permetteva ai soliti amici di accaparrarsi la maggior parte della torta quando erano scattate nei suoi confronti le denunce, le calunnie, persino le intimidazioni.
Per i vertici della Procura di Salerno, che sono tornati in sede portandosi via scatoloni di documenti e dischi di computer, frutto delle 14 ore di perquisizioni a Catanzaro, non solo in Procura, ma anche presso le abitazioni degli indagati, magistrati e non, si tratta di un vero complotto, teso a “fermare De Magistris, danneggiare lui, consulenti tecnici e persone informate sui fatti, ostacolare le inchieste, smembrarle, disintegrarle e favorire taluni imputati”. E ne fanno anche i nomi, quando indicano, tra gli altri favoriti, il dirigente della Compagnia delle Opere Antonio Saladino, il deputato Giancarlo Piattelli e l’ex ministro Clemente Mastella. La cui iscrizione al registro degli indagati da parte di De Magistris è definita “doverosa”, mentre la richiesta di archiviazione delle accuse nei confronti dell’ex ministro, fatta dalla Procura generale e accolta dal gip viene bollata come “illecita”.

Adesso, come da copione, si è cominciata a sollevare la polvere. Il procuratore generale di Catanzaro ha scritto alle istituzioni e a Napolitano ed ha definito le perquisizioni atto “scandaloso ed eversivo”. Il presidente emerito Cossiga non si è fatto fuggire l’occasione di una esternazione al vetriolo: “Buona notizia. Finché si indagano fra loro e forse anche tra di loro si arrestano, non violano le libertà dei cittadini”. Il vice presidente del Csm, Nicola Mancino, chiamato in causa per una sua presunta amicizia con uno dei maggiori imputati, Antonio Saladino, si è affrettato a smentire: “Lo conosco solo di nome, cosa inevitabile per chi, come me, legge i giornali”.
Viene da ricordare una dichiarazione di De Magistris, quando gli fu notificato il trasferimento a Napoli: “Senza una parte della magistratura collusa la criminalità organizzata sarebbe stata sconfitta. E il collante in questo sistema sono i poteri occulti che gestiscono le istituzioni. Io stavo indagando su questo fronte e ritengo che uno dei motivi principali del fatto che sia stato allontanato dalla Calabria risiede proprio in questi fatti”. Con quella decisione, il Csm aveva strappato le unghie al cacciatore: per i prossimi tre anni non potrò più svolgere la funzione di pm. Vale a dire che non potrà indagare.

(tratto da www.aprileonline.info)