Cerca

De Ficchy: la mafia nelle confraternite

“Il fenomeno sottovalutato, serve maggiore coordinamento tra magistrati”. Il capo della procura di Tivoli lancia il sospetto: è il piano alto che santifica la collusione tra boss e potere.

«C’è una sottovalutazione del fenomeno mafioso: a Roma e nel Lazio non è sotto controllo, e fino a quando si continuerà a lavorare singolarmente non ne verremo mai a capo. Dove indagherei? Nelle confraternite laiche e religiose: è lì la collusione tra mafie e potere». Sono bordate. E non vengono da una bocca di fuoco qualsiasi. A lanciarle è il procuratore capo di Tivoli, Luigi De Ficchy. La sua carriera è costellata da pezzi rari. Da giovane magistrato ha interrogato il vecchio boss della mafia Frank Coppola detto “Tre dita”. Da inquirente ben piazzato ha imbastito la prima grande inchiesta sulla banda della Magliana firmando nell’84 la richiesta di 52 rinvii a giudizio, la prima frana prima del crollo definitivo della joint venture criminale romana.

Procuratore è così grave la situazione?
«I fenomeni vanno visti non singolarmente ma in unico contesto, non possiamo dimenticare quello che è successo ieri per valutare quello che accede oggi».

Che cosa si può fare?
«Smetterla di parlare di emergenza. Si è continuato a minimizzare il contesto criminale e a enfatizzare il singolo fatto».

Proposte?
«Non remiamo contro, uniamoci. Se una parte del potere politico mi dice che non c’è una grande penetrazione criminale, stiamo a perdere tempo».

Insomma, chiede un coordinamento tra procure della regione?
«Ho fatto 16 anni alla Procura nazionale antimafia, ci ho provato come responsabile del coordinamento e non ci sono riuscito».

Della Magliana cos’è rimasto in piedi?
«L’interfaccia finanziario, quelli che gestivano il patrimonio, Enrico Nicoletti ed elementi collegati».

All’inaugurazione dell’anno giudiziario, il procuratore generale ha parlato delle sue zone con toni allarmanti per presenze criminali.
«Nel territorio ci sono 75 comuni. La preoccupazione viene soprattutto da fatto che c’è un insufficiente controllo. Ci sono cinque Compagnie dei carabinieri, con Nuclei investigativi di 5-7 persone massimo, una Compagnia della Guardia di finanza, un Commissariato a Tivoli e non a Guidonia, terza città del Lazio. Datemi almeno un Comando di Gruppo dei carabinieri».

Lei ha interrogato il mafioso Frank Coppola. Oggi chi mettere sotto torchio?
«Il vero interesse, almeno il mio, non è più verso il mondo criminale. La ‘ndrangheta è diventata importante quando è entrata nella massoneria. C’erano magistrati, poliziotti, carabinieri, politici che contano, e questo le ha consentito di fare quel passaggio di livello, i boss sono diventati referenti di chi decide gli apppalti. Oggi sarei interessato a fare delle indagini a questo livello, su questo fronte».

Un po’ generico. Nomi?
«Lobbies, confraternite segrete, laiche e religiose, legate ai mondi finanziario, bancario e politico. È una realtà molto poco esplorata, non sappiamo cosa c’è dietro e facciamo solo ipotesi. In questi ambienti non sempre chi fa affari sa che il suo socio al Sud spara e ammazza».

Fabio Di Chio

(Tratto da Il Tempo – Roma)