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Dalle carte del Riesame: il controllo del clan Spada su sale giochi e i legami con la Banda della Magliana

La Stampa, 14 Aprile 2018

Dalle carte del Riesame: il controllo del clan Spada su sale giochi e i legami con la Banda della Magliana

di EDOARDO IZZO

ROMA

Dalle sale giochi ai centri commerciali. Dai centri commerciali ai forni. E ancora: dagli stabilimenti balneari ai ristorantini sul litorale romano di Ostia. Il business del clan Spada non si fermava solamente allo spaccio di droga e alle estorsioni, ma aveva come picco massimo vere e proprie attività imprenditoriali dove «la compagine criminale di Carmine Spada mirava al massimo ampliamento territoriale» con l’obbiettivo di «reimpiegare il flusso di denaro proveniente dalle attività delittuose». 

A metterlo nero su bianco i giudici del tribunale del Riesame di Roma che hanno rigettato i tentativi dei vertici del clan del litorale di far cadere le accuse a loro carico. L’inchiesta è quella dei carabinieri del Gruppo Ostia e della polizia, coordinata dalla Dda di Roma del procuratore Giuseppe Pignatone, dell’aggiunto Michele Prestipino, e del pm Mario Palazzi che ha portato nel gennaio scorso all’arresto di 32 tra capi e affiliati del clan Spada accusati di mafia, omicidio, estorsione, usura e intestazione fittizia di beni. 

Tra gli arrestati anche il boss, Carmine Spada; e suo fratello Roberto, famoso per la testata al giornalista della Rai, Daniele Piervincenzi. Nelle migliaia di pagine con cui i magistrati motivano la loro decisione c’è la fotografia di una storia criminale che i pentiti raccontavano già negli anni ’90 e che i precedenti giudiziari cristallizzano in maniera indelebile. Dalla «contaminazione dell’ordine pubblico» attraverso la quale gli Spada avrebbero messo le mani sui chioschi e sulle imprese alle porte della Capitale, fino alle intimidazioni, agli omicidi, alle guerre di mafia e alla successiva «oligarchia criminale». 

Gli Spada cercavano la massima «espansione imprenditoriale» e non volevano limitare le loro mire solamente a Ostia. Per questo cercavano alcuni locali anche a Roma, nella zona piazza Vittorio Emanuele. Così gli inquirenti hanno registrato contatti telefonici tra Carmine Spada e l’ex proprietario degli storici «magazzini romani allo Statuto, Mas». Ruolo importante è anche quello di Mauro Carfagna, imprenditore di Ostia totalmente assoggettato al clan, che prima di finire in carcere gestiva «attraverso la New Slot Room srl, l’omonima sala giochi a Roma, in via Guglielmo degli Ubertini, su cui Carmine Spada aveva centrato il suo interesse per l’acquisizione dell’intera gestione». 

E quell’interesse si sarebbe trasformato in una vera «signoria di fatto esercitata come reale dominus da Carmine Spada, detto Romoletto». Le indagini rivelano le protezioni imposte a 2000 euro a settimana, gli incendi, l’intestazione fittizia di 6 sale da giochi e due forni. Raccontano di 64 macchinette mangiasoldi sparse in una ventina di locali, «dove ogni due macchinette bone ne mettono una loro», spiega un pentito. Prima avrebbero controllato 5 sale slot: Star Vegas, Lucky Break, New Slot Room, Star Games e la Seven. Poi la società One Slot, che forniva 64 macchine mangiasoldi sparse tra il Bar dello Sport, il bar Peroni 96, il bar Derby, l’Amigoso, il Music, il Gricò, la tabaccheria Alfredo, il ristorante Mariuccio, il Paradise, il bar del Croso, Tony, BarCollo, il Blue Angel e altri 5 esercizi commerciali. 

E quando gli inquirenti chiusero le sale gioco di Carfagna, «Carmine Spada avviava la trattativa con Franco Colò al fine di riaprire le sale gioco». È un passaggio significativo perché Franco Colò, «già intraneo alla Banda della Magliana, operativo nella gestione dei videopoker a Roma, era stato in affari con Enrico de Pedis alias Renatino». È la foto di un’unione tra la storia criminale della Capitale e una mafia nuova e in ascesa. E ora che gli Spada sono in carcere quale famiglia erediterà il controllo del territorio di Ostia?