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Dalla ristorazione alla moda, ecco come ‘Ndrangheta e Camorra inquinano la Toscana

Dalla ristorazione alla moda, ecco come ‘Ndrangheta e Camorra inquinano la Toscana

AMDuemila

14 Febbraio 2022

Aumentate le operazioni antimafia, nella Regione presenti emissari delle maggiori famiglie calabresi e campane

In Italia non esiste nessuna regione libera dalle maglie della criminalità organizzata. La Toscana, in particolare, è una delle Regioni che negli ultimi anni ha visto maggiori infiltrazioni mafiose: è la seconda Regione per caporalato e si conferma come uno dei territori privilegiati per attività di riciclaggio e reati economico-finanziari. In questo senso sono sempre maggiori i reati che coinvolgono i colletti bianchi e la pubblica amministrazione legati al mondo criminale. Indicativo è il fatto che negli ultimi tre anni, la Dda di Firenze, coordinata dal procuratore aggiunto Luca Tescaroli, ha quasi triplicato le misure patrimoniali preventive (+271%), passate da 32 (fra il 2016-2018) a 87 (fra il 2019 e il 2021). Nell’ultimo triennio fra sequestri e confische lo Stato ha congelato oltre 44 milioni di euro, beni controllati dai clan nella regione. Una cifra che raddoppia se si considerano anche i provvedimenti partiti da altre Procure (Napoli e Santa Maria Capua Vetere), che hanno scovato nella Toscana una delle terre preferite dai clan per riciclare capitali sporchi. Impressionante sono però, come detto, gli affari dei colletti bianchi nella Regione. “Le cointeressenze tra criminalità organizzata e alcuni settori del mondo dell’economia, imprenditori e professionisti”, ha detto il procuratore generale di Firenze Marcello Viola. Come riporta Il Fatto Quotidiano, lo status quo in Toscana rispetto alle ingerenze mafiose è preoccupante e ricorda, per certi versi, la Lombardia di diversi anni fa. Le operazioni antimafia hanno permesso di alzare il tappeto sotto al quale uomini in odor di mafia, specie Camorra, imprenditori, colletti bianchi e boss si nascondevano facendo affari e inquinando il tessuto economico e sociale della Regione. Si parla addirittura, come riporta il ricercatore della Normale di Pisa e autore di cinque rapporti su criminalità e corruzione in Toscana, Salvatore Sberna, di un modello autoctono mafioso, caratterizzato da “presenza pulviscolare” e “una strategia esternalizzata a criminali locali e professionisti”. In Toscana, in particolare, i settori sui quali puntano i boss di Camorra e ‘Ndrangheta riguardano il settore terziario come quello della ristorazione, le aziende agroalimentari ma anche quello della moda.

Operazioni antimafia in Toscana
E’ stato possibile tratteggiare questo quadro grazie alle varie e recenti operazioni degli inquirenti nelle varie province della Regione. A Siena, ad esempio, o meglio nelle campagne senesi era stata acquistata una tenuta da 5 milioni di euro. Un acquisto riconducibile al clan calabrese dei Grande Aracri di Cutro. La villa è finita sotto sigilli un paio di settimane fa dalla Dia di Firenze. Uno degli uomini inglobato al clan, era stato intercettato mentre diceva: “Tu piglia tutto, noi veniamo, abbiamo tutto… architetti, ingegneri, commercialisti… Non guardare il prezzo…”.
Lo scorso 18 gennaio, questa volta tra Arezzo e Pisa, gli inquirenti hanno eseguito un altro sequestro di beni per un valore di 5 milioni di euro che ha colpito i clan di ’Ndrangheta beni riconducibili a 
Francesco Lerose, 52 anni, vicino alla cosca Gallace di Guardavalle. Era l’uomo di riferimento di un gruppo di conciatori di Santa Croce sull’Arno, fiore all’occhiello dell’industria dell’abbigliamento Made in Italy. Lerose è accusato di aver sotterrato illegalmente tonnellate di keu, fanghi tossici prodotti dagli scarti della concia delle pelli. L’inchiesta ha coinvolto nomi importanti del Pd toscano: tra gli indagati ci sono Ledo Gori, ex capo di gabinetto del presidente della Regione Toscana Eugenio GianiAndrea Pieroni, consigliere regionale Dem, Giulia Deidda, sindaco di Santa Croce. Le mani della ’Ndrangheta sul ricchissimo indotto della concia erano già emersi nell’inchiesta nel caso che ha coinvolto Cosma Damiano Stellitano, 55 anni, referente delle famiglie Barbaro di Platì e Nirta di San Luca.
L’anno scorso, invece, a maggio, gli sono stati confiscati beni per 2,2 milioni. Mentre altre due confische hanno colpito nel 2019 
Ignazio Ferrante, 56 anni, commercialista che per gli investigatori è legato ai Morabito di Africo (1,9 milioni), e Francesco Cardone, 49 anni, calabrese, imprenditore della ristorazione (2,5 milioni). Ma in Toscana anche i Casalesi, clan egemone nel casertano, hanno messo gli occhi. Negli ultimi anni le varie operazioni antimafia hanno messo nel mirino emissari del clan ZagariaBove-Di Paola, Formicola di San Giovanni a Teduccio (periferia orientale di Napoli). Nella primavera del 2020 la Dda di Napoli ha scoperto che il clan Mallardo di Giugliano aveva costruito una vera e propria holding criminale che riciclava i proventi dei capitali sporchi in immobili, alberghi e scuderie ippiche toscane, un impero criminale che ha portato a sequestri per decine di milioni di euro.

Tratto daIl Fatto Quotidiano

fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/88058-dalla-ristorazione-alla-moda-ecco-come-ndrangheta-e-camorra-inquinano-la-toscana.html