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Dal Marocco all’Italia: la droga targata Porsche, Mercedes e Coca Cola

Dal Marocco all’Italia: la droga targata Porsche, Mercedes e Coca Cola

7 Settembre 2022

Di Redazione

Il pentito Domenico Verde racconta come importava lo stupefacente per conto del clan Polverino
Uno dei pentiti che ha rivelato più segreti del clan Polverino, è sicuramente Domenico Verde, detto «Mimì», elemento di spicco durante la sua affiliazione all’organizzazione criminale di Marano e molto vicino al boss Giuseppe Polverino. Domenico Verde si occupava dell’acquisto dello stupefacente in grosse quantità, dal Marocco e del suo arrivo in Italia. I dettagli di questo traffico sono stati raccontati dallo stesso nel corso di alcuni interrogatori contenuti in un’ordinanza che fu emessa a maggio 2013 contro il clan.

L’hashish, affermò il collaboratore, veniva prodotto in Marocco «nelle piantagioni realizzate a considerevole altitudine nella zona del monte Quedema». In queste piantagioni Verde ci si recò personalmente «in più occasioni dal 1992 al 2009». Rispetto ai primi anni il paese nordafricano si è molto evoluto secondo il pentito. «La prima volta che sono stato sulla montagna di Quedema – dice – sono salito a dorso di mulo ed il trasporto dell’hashish era realizzato con il medesimo mezzo, da qualche anno il trasporto viene svolto a mezzo camion e auto».

La droga imballata in pacchi da 30 chili

Ogni carico di hashish viene predisposto, già sul luogo di produzione, «mediante l’imballo in pacchi da 30 chili di stupefacente pressato: l’hashish viene dapprima pressato in panetti da 100 o da 200 grammi che vengono confezionati in imballaggi da un chilo e poi sigillati con nastro adesivo per renderlo impermeabile». La confezione da 30 chili, predisposta a forma di cubo o, talvolta, di valigetta, con una maniglia per rendere più facili le operazioni di carico e scarico e di trasporto per facilitare visto che occorre attraversare un pezzo di spiaggia a piedi.

«Le “valigette” vengono sistemate nei camion e trasportate nei vari punti di stoccaggio, vi sono diverse case ove vengono conservate circa diecimila-ventimila chili di hashish alla volta». Tra i vari posti il pentito cita Ceuta, Melilla e Fino, che sono località di mare sulla costa marocchina, anche se sono spagnole.

Fino a questo punto il traffico viene gestito esclusivamente dalle organizzazioni criminali marocchine che, secondo Verde, possono contare «sull’appoggio sistematico di Forze dell’ordine locali corrotte. Dico ciò con assoluta serenità perché le Forze dell’ordine hanno il controllo delle spiagge e dei permessi per la navigazione, esse, infatti, danno la cosiddetta “Luce Verde” che sarebbe il “via libera” per consentire le partenze e gli arrivi sulle spiagge. Queste operazioni avvengono con modalità che sono di significato univoco, ovvero il traffico di droga, in quanto consistono nell’arrivo dell’imbarcazione di notte, nell’immediato carico della droga e della benzina necessaria per la traversata, nella immediata ripartenza dell’imbarcazione per la costa spagnola. È impossibile quindi che le forze dell’ordine non siano a conoscenza della natura del traffico».

I marchi identificativi

Sulle confezioni sono previsti diversi segni identificativi. «I segni impressi sui panetti stanno a individuare il fornitore, tra i vari simboli ricordo: la chiave, il simbolo della Mercedes, la sigla Porsche, la sigla Tdt, la lettera W, il simbolo del pesce, la locuzione KS, la lettera F, nonché stemmi di foglia, il tappo della Coca Cola ed altri». La droga però non era tutta della stessa qualità. «L’hashish contrassegnato dalla sigla Porsche è di ottima qualità – spiega Verde – tanto che era molto richiesto. Ricordo poi che alcuni miei fornitori principali erano quelli contrassegnati dalle sigle X99, F99, X13».

Il trasporto dal Marocco

Per il trasporto venivano utilizzati per lo più gommoni con chiglie in vetroresina, piccole ma molto veloci. Perché dovevano trattarsi di mezzi «capaci di fare la traversata dal Marocco alla Spagna nel tempo più breve possibile. Le rotte sono diverse, alcune anche molto lunghe, fino a 500 miglia marittime, si pensi che talvolta pur caricando in Marocco si va a scaricare a Barcellona». Remunerativo il trasporto.

«Ogni viaggio viene pagato allo scafista 60mila euro». Se il viaggio prevede lo scarico a terra «lo stesso avviene di notte, se invece il trasporto viene realizzato in più tappe (ovvero una prima tappa in gommone e poi un’altra in imbarcazione) ovviamente esso può avvenire anche di giorno e anzi ciò rende più comodo il trasferimento della droga dal gommone al peschereccio in pieno giorno in mezzo al mare». Ma perché proprio questo tipo di imbarcazione? Perché i pescherecci «sono sottoposti a controlli meno frequenti da parte delle forze di polizia».

Fonte:https://www.stylo24.it/dal-marocco-allitalia-la-droga-targata-porsche-mercedes-e-coca-cola/