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Da “pecorai assassini” a mafiosi veri: la requisitoria del pg sui clan del Gargano. Il ruolo delle donne

Di Francesco Pesante 7 Giugno 2023 APERTURA

Nella sentenza che ha inflitto quasi 90 anni di galera al gruppo criminale viestano dei cugini Iannoli, la Magistratura analizza il fenomeno criminale del promontorio. E si rivede il boss Francesco Li Bergolis

Da “pecorai assassini” a mafiosi conclamati. In una recente sentenza della Corte d’Appello di Bari nei confronti del clan viestano Iannoli-Perna, il procuratore generale Giannicola Sinisi ha fornito una requisitoria puntuale sullo scenario criminale in provincia di Foggia. Il processo “Agosto di fuoco” si è chiuso pochi giorni fa con la decisione della Cassazione di rigettare i ricorsi degli imputati. La Suprema Corte ha infatti confermato l’esito dell’appello, quasi 90 anni di galera per narcotraffico armato aggravato dalla mafiosità.

In “Agosto di fuoco”, dal nome del blitz del 2018, sono stati condannati in via definitiva a 20 anni di reclusione a testa, i cugini viestani Claudio Iannoli, 47 anni detto “Cellin” o “Zanna” e Giovanni Iannoli, 37 anni detto “Smigol”. Pene minori ai sodali: 10 anni e 8 mesi a Raffaele Giorgio Prencipe, 39enne di Vieste; 8 anni e 8 mesi al compaesano Giuseppe Stramacchia, 37 anni; 11 anni, 5 mesi e 10 giorni a Carmine Romano, 53 anni, anche lui di Vieste; 8 anni a Stefan Cealicu, 57 anni, romeno domiciliato nel centro garganico. Stessa pena, 8 anni, inflitta a Gaetano Renegaldo, 44enne di Manfredonia. Durante l’inchiesta sono emerse intercettazioni “da accapponare la pelle”, come le ha definite Sinisi, su progetti omicidiari e vendette nei confronti del clan rivale guidato da Marco Raduano. Vittime e carnefici in gran parte giovanissimi, quasi tutti poco più che ventenni.

Atti di ordinaria follia”

Il procuratore generale Sinisi, nella sua requisitoria, ha fornito un’analisi approfondita del mondo mafioso garganico. Il blitz “Agosto di fuoco” mise un freno ad una impressionante escalation criminale che macchiò di sangue Vieste per almeno cinque anni. L’omicidio nel 2015 dello storico boss Angelo Notarangelo detto “Cintaridd” diede infatti inizio ad una guerra senza esclusione di colpi tra il clan Iannoli-Perna e il clan Raduano, in lotta per il controllo criminale della città del Pizzomunno.

Le forze dell’ordine sono riuscite a interrompere una spirale criminosa dalla quale sembrava non fosse più possibile venire fuori“. Il pg ha parlato di “fatti di inaudita gravità e crudeltà. Il contenuto delle intercettazioni ambientali è inquietante non soltanto per il tono, ma anche per la superficialità con la quale eventi criminosi gravissimi venivano programmati come se fossero atti di ordinaria follia! Ovviamente è una follia che non appartiene al regime psichiatrico degli imputati, i quali erano lucidissimi, ma inseriti dentro una spirale criminale reciproca, in una situazione di estrema mobilità anche all’interno delle organizzazioni criminali”.

E ancora: “La vicenda di traffico di sostanze stupefacenti e armi, di carattere associativo, è connessa agli omicidi e ai tentati omicidi che pure si sono verificati reciprocamente nello stesso periodo. Queste bande si contendevano anche gli associati tra di loro! Non c’è dunque una struttura mafiosa di tipo tradizionale”.

Inoltre, i viestani hanno come riferimento “altre organizzazioni criminali operanti sul Gargano”. Il procuratore ha indicato i montanari Li Bergolis-Miucci-Lombardone, riferimento per i cugini Iannoli e gli ex Romito, oggi ribattezzati Lombardi-Scirpoli-Raduano, riferimento per il clan Raduano. Secondo il pg Sinisi, i gruppi viestani non si contendevano solo il territorio, ma anche gli uomini e persino le donne. “Ci si contendeva palmo a palmo il territorio, e ci si contendeva palmo a palmo anche l’appartenenza dei singoli associati e delle donne dei singoli associati! Non sarà un caso, e non è un caso che noi abbiamo due donne che in questo frangente si sono spostate negli assi di appartenenza, e una è quella che oggi è compagna di vita del collaboratore di giustizia Della Malva Danilo e che in precedenza era compagna convivente di Prencipe e l’altra invece è quella che era in carcere, era il suo compagno, il Troiano che si accompagnava invece con il Notarangelo“.

La madre di tutte le mafie del Gargano

Sinisi ha parlato apertamente di “organizzazioni criminali operanti nel territorio di Vieste che hanno certamente caratterizzazioni di tipo mafioso”, per via di “relazioni qualificate anche con soggetti dichiaratamente, ormai con sentenze passate in giudicato, di carattere mafioso, ai quali fanno riferimento, e parto dall’ultimo di questi avvenimenti, per chiarire questo aspetto.
Il Consigliere Relatore ha avuto modo di occuparsi incidentalmente della vicenda cautelare di Prencipe in questo procedimento, Raffaele… il quale si lamentava del fatto che, essendo la sua ex convivente madre di suo figlio, allontanata per il regime di protezione con il Della Malva, non aveva più la possibilità di vedere neanche il figlio. 
Ma a chi si rivolgeva per formulare questa sua doglianza? A Li Bergolis Francesco, imputato in regime di 41 bis, perché la madre di tutte le mafie del Gargano, nasce dalla faida tra i Li Bergolis e i Romito, tra Monte Sant’Angelo e Manfredonia, che ha gemmato – si dice in maniera polemica, questo almeno quello che dicono le Forze di Polizia – da una ingiusta assoluzione del 1999 che fece ringalluzzire questi clan, segnatamente il Li Bergolis, e gli fece diventare da una banda di pecorai assassini, a una organizzazione di stampo mafioso operante sul territorio su area vasta”.

Sulla sequenza di morti a Vieste, quasi tutti giovanissimi, Sinisi ha poi concluso: “Erano tutti consapevoli che si stava facendo una guerra… una guerra, erano tutti consapevoli di questo, non soltanto per l’evidenza dei fatti che vi ho descritto. Le intercettazioni in questo processo fanno accapponare la pelle per la banalità del male direbbe Hannah Arendt. Proprio la banalità del male, cioè l’ignoranza esaltata da questa escalation criminale nel quale erano immersi, che non gli consentiva neanche di fare un briciolo di ragionamento sulla utilità, sulla validità, sulla sproporzionatezza delle cose che programmavano”. Dicevano ne dobbiamo uccidere tre perché se ne uccidiamo uno alla volta, poi stanno gli altri!’. Questo è il regime degli argomenti”. 

Fonte:https://www.immediato.net/2023/06/07/da-pecorai-assassini-a-mafiosi-veri-la-requisitoria-del-pg-sui-clan-del-gargano-il-ruolo-delle-donne/