Roma, multe “pazze” in Prefettura: la Finanza sequestra gli archivi
ROMA (23 gennaio) – La Procura accelera. L’inchiesta sulle “multe pazze” alla Prefettura entra in una nuova fase. La Guardia di Finanza, su richiesta della magistratura, ha sequestrato giorni fa centinaia di faldoni nel palazzo di via Ostiense 131/L. Le indagini, partite da un esposto-denuncia dei vigili urbani che lavoravano distaccati nell’ufficio, puntano a chiarire se ci fu o meno un piano illecito per modificare “artificiosamente” la data di decine di migliaia di ordinanze salvando dalla prescrizione altrettante contravvenzioni. Può sembrare un discorso complesso, ma le cifre dicono più di ogni altra cosa: il Comune, se tutti i verbali (circa 200 mila) fossero decaduti, avrebbe rischiato di perdere qualcosa come 30 milioni di euro.
Le indagini, affidate al Nucleo di Polizia Tributaria delle Fiamme Gialle, guidato dal colonnello Vito Augelli, per diversi mesi sono andate a rilento. Ma evidentemente la Procura di Roma, acquisiti i primi elementi, si è resa conto che le denunce degli uomini della Polizia Municipale non erano affatto campate per aria. Per capire qual’è l’ipotesi sulla quale si indaga, bisogna addentrarsi un attimo nel meccanismo burocratico. Quando un cittadino fa ricorso al Prefetto contro una multa, la Prefettura ha un certo numero di giorni 180 per decidere se accoglierlo o no e ne ha altri 210 per comunicare l’esito. Se uno qualunque dei due termini non viene rispettato, il ricorso si dà per “accolto” e dunque la multa decade.
Il numero dei ricorsi contro le multe del Comune due anni fa è esploso. L’Ufficio Contravvenzioni del Campidoglio andò in tilt. I gruppi municipali dei vigili urbani, incaricati di valutare le contestazioni, preparando loro stessi rigetti e accoglimenti, fecero piovere su via Ostiense una valanga di ordinanze pronte per la firma. La Prefettura si trovò, all’improvviso, con circa 200 mila decisioni arretrate da lavorare in tutta fretta. Tutto materiale che rischiava di finire al macero appunto per decorrenza dei termini. A quel punto la dirigenza emanò la circolare da cui poi è nata l’inchiesta.
Si suggeriva ai vigili urbani che erano stati distaccati in via Ostiense per “dare una mano” di mettere, sui documenti, non la data del giorno della decisione, ma quella del momento in cui la pratica era effettivamente pervenuta all’ufficio. Una procedura del genere, dilatando i tempi, avrebbe salvato i verbali dalla decadenza. Ma gli agenti della Polizia Municipale, sentendo odore di bruciato, si rifiutarono di seguire la procedura. Poche settimane dopo, insieme a Gabriele Di Bella, loro dirigente sindacale, si presentarono in Procura e spiattellarono tutta la storia.
I magistrati e la Guardia di Finanza a questo punto vogliono andare fino in fondo. Non ci sono stati ancora avvisi di garanzia. Ma l’intento è chiaro. Si vuole capire se l’operazione di post-datazione delle ordinanze fosse stata pensata “dolosamente” per aggirare la legge e salvare le multe. Ma non solo. La Procura ha sentito decine di persone e sembra convinta che una disposizione del genere non possa essere stata emanata da un solo dirigente senza una qualche indicazione.
I magistrati, dopo aver sentito decine di persone, puntano anche a chiarire se il Comune, allora retto dall’amministrazione Veltroni, era cosciente o meno di quello che stava accadendo. Sul fatto che il Campidoglio che fosse interessato al salvataggio, fanno notare gli uomini della Finanza, c’è poco da dubitare: i trenta milioni di euro, se fossero andati in fumo insieme alle multe, avrebbero aperto una voragine nel bilancio del Campidoglio. Ma c’è di più.
La Procura starebbe anche indagando sul misterioso crollo avvenuto in Prefettura nello stesso periodo dell’ordinanza salva ordinanze. Vennero giù scaffali giganteschi, ci furono dei contusi, e decine di migliaia di multe e di ricorsi (inclusa una buona parte dei 200 mila) restarono sepolti. I locali furono sequestrati. L’allora Prefetto Serra istituì due commissioni di inchiesta. Ma non se n’è saputo più nulla. I magistrati vogliono capire, a questo punto, se c’è un qualche “nesso” tra la circolare sulla quale si indaga e l’incidente.
Luca Lippera
(tratto da Il Messaggero)