Cerca

Da Gela la mafia sbarca a Roma

 Al suo servizio anche uno 007 e un carabiniere. E VAI !” SONO ARRIVATI PERFINO NEL GABINETTO DI CASA NOSTRA !!!!!!

L’Espresso, 04 ottobre 2017

Da Gela la mafia sbarca a Roma. Al suo servizio anche uno 007 e un carabiniere

37 arresti hanno sgominato il clan Rinzivillo che controllava il mercato ortofrutticolo di Guidonia. Fra gli indagati due servitori infedeli dello Stato che avrebbero passato informazioni riservate al boss

DI FLORIANA BULFON

«Il fatto sai qual è? E’ stato arrogante…lo devo andare a prendere a quello, portarlo sotto ai ponti», «rispetto doveva avere». L’arroganza e il rispetto dovuto al boss e alla sua famiglia. Non sono ammesse eccezioni, pena il «venir abbattuti». Ogni tentativo di fuga è vano, la preda non può scappare. Parola di ‘don’ Salvatore Rinzivillo e del suo sodale Santo Valenti, teatro la via Veneto della ‘dolce vita’ e il Centro Agroalimentare Romano,
una delle più importanti strutture europee per la commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli ed ittici.

La mafia da Gela trasloca nella Capitale, allunga i tentacoli nel Nord Italia e più su, in Germania. Matura e fa affari con violenza, supportata da una fitta ragnatela di amicizie asservite che si espande fin dentro le forze dell’ordine. E così servitori dello Stato avrebbero carpito informazioni riservate dalle banche dati, fornito notizie utili a garantire impunità, eseguito gli ordini del ‘capo’. Un meccanismo malato che si ripropone di frequente nella criminalità romana e che non trova cura.

Attraverso fatture gonfiate, forniture di pomodorini e carciofi mai ordinati o deteriorati, prezzi superiori a quelli pattuiti, i boss siciliani si sarebbe imposti agli imprenditori del mercato agroalimentare. Impossibile rimandare indietro la merce, gli autotrasportatori si rifiutano di restituirla ai proprietari: sono le regole dettate dal potere criminale. Non è un caso isolato, ma un sistema quello scoperchiato da un’indagine delle Procure di Roma e Caltanissetta, coordinate dalla Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo che hanno portato alla custodia cautelare di 37 persone e a sequestrare beni e società per oltre 11 milioni di euro.

Un sistema che fa leva sulla esibizione della parentela criminale, sugellata dal bacio di Rinzivillo tra i banchi all’ingrosso della frutta. I prezzi sono quelli e non si discute perché «gli dici dentro Roma c’ha i suoi cugini… pesanti gli devi dire». Due sorelle contestano, chiedono spiegazioni, ma è impossibile uscirne. Non si può recedere, pena l’essere screditate e non trovar più un fornitore. La denuncia equivale all’isolamento e così alla fine sono costrette a mettere in liquidazione la società.

Ma non basta, ci sono ancora 180mila euro da restituire e, visto che loro non possono pagare, lo dovrà farlo qualcun altro. Lo zio, gestore del noto ‘Caffè Veneto’ e di alcuni supermercati, sembra essere la persona giusta. E’ con lui che si fanno sentire, rendendo chiaro che sono capaci di controllare e determinare la sua quotidianità, di incidere su affetti e beni, sulla vita. “Siamo giunti ad avere ogni tuo movimento, adesso ascolta bene perché non ci piace ripetere: chiama chi hai fottuto entro 4 giorni e fai il piano di rientro…Ps. non puoi fottere i siciliani. Sei un bersaglio facile notiamo che ridi spesso”, recita il pizzino lasciato sul tavolino del bar. Segue il danneggiamento del gazebo, gomme delle auto bucate e ‘imbasciate’ di messi per convincere a saldare il debito. Mandano anche un uomo che ostenta una pistola in pieno giorno e, semmai non fosse chiaro il messaggio, lasciano una carcassa di uccello nel banco frigo.

Gli uomini di Salvatore Rinzivillo sono pronti a tutto con i tipici arnesi: il consiglio, l’avvertimento, la minaccia, la violenza. Dalla loro parte, secondo gli inquirenti, anche un avvocato civilista romano, Giandomenico D’Ambra, considerato “archetipo della zona grigia”, già in contatto con Ernesto Diotallevi, il suo nome riappare poi nell’inchiesta ‘mondo di mezzo’. E’ alle sue cure legali che, secondo le indagini, Rinzivillo affida un capo mafia catanese dei “Carcagnusi” e su sua richiesta e per suo conto inconra altri affiliati del clan in Lombardia. L’avvocato si sarebbe persino avvalso dei “servizi” che gli appartenenti all’organizzazione criminale sapevano dispensare, dando mandato di porre in essere un’aggressione fisica per asportare, con violenza, un orologio “Philip Patek” del valore di circa quarantamila euro.

Una rete di relazioni che conta un carabiniere, all’epoca in servizio al Raggruppamento Operativo Speciale, Cristiano Petrone, e Marco Lazzari, un militare passato ai Servizi di Sicurezza. Uomini delle istituzioni a servizio dei criminali. I due infedeli di turno riportano informazioni riservate, uno di loro si prodiga anche a fare sopralluoghi. Lazzari confida intercettato di essersi spinto persino a bloccare una relazione dei Servizi e che «pure sopra so’ stati fatti i favori…oltre all’Italia». In Germania, a Colonia e a Karlsruhe, da dove si importano chili di cocaina e Rinzivillo ha attivato una cellula criminale. Eppure Lazzari critica l’assenza di un’adeguata remunerazione agli innumerevoli “favori”, perché spiega: «rimane l’amicizia, un grande rispetto, è una brava persona…sennò andrei contro i miei principi», sia chiaro «però me so stufato, qui non è che navighiamo tutti nell’oro».

La brava persona è Rinzivillo che in Germania era riuscito ad avviare contatti con il latitante di ‘ndrangheta Antonio Strangio, titolare del ristorante ‘ Da Bruno’ dove nel 2007 avvenne la strage di Duisburg. ‘Don’ Rinzivillo appartiene a una famiglia, alleata con i Madonia e fedele ai Corleonesi, la cui capacità criminale non sembra incrinata dalle sentenze. I suoi due fratelli, Antonio, e il gemello Crocifisso, sono in carcere al regime del 41 bis, lui è invece libero dal 2013. Assume così il ruolo di reggente, tanto da essere richiamato per un periodo dalla Capitale in Sicilia per riaffermare il predominio e infatti stringe rapporti con altri capi mafia palermitani, della provincia di Trapani e di Catania.

I Rinzivillo già condannati per mafia, in contatto anche con Giancarlo Giugno, boss ed ex politico di quella Niscemi dove negli anni non sembra si sia smesso di stringere patti tra istituzioni e criminalità, hanno rinvestito a Roma e nel Nord Italia le ingenti risorse economiche illecite in attività imprenditoriali: gare d’appalto pubbliche, grande distribuzione alimentari, prodotti ittici, il mercato ortofrutticolo.

L’ala criminale che si occupa di traffico internazionale di sostanze stupefacenti, estorsioni, traffico di armi e quella imprenditoriale procedono di pari passo.

Roma come Vittoria, il principale mercato del Sud da cui parte gran parte della merce, e Fondi. Del resto il Centro Agroalimentare Romano, insieme al MOF, ha un volume di affari che influenza i prezzi del settore in tutta Europa. Quotazioni sui campi stracciate, caporalato, listini all’ingrosso gonfiati da fortissimi e ingiustificati rincari, logistica e autotrasporto piegati agli interessi dei sodalizi criminali. Nel 2016 il business delle agromafie, secondo il recente rapporto di Coldiretti, è salito a 21,8 miliardi di euro, più 30 per cento rispetto al 2015. I clan si sono infiltrati in tutto il processo fino a diventarne elemento fondamentale, hanno imposto la normalità del pizzo, da riscuotersi privilegiando le società a loro collegate e così i prezzi dal campo alla tavola si moltiplicano fino al 300 per cento. E poi prodotti ittici da commercializzare anche all’estero in forza degli accordi tra Rinzivillo e la mafia palermitana con cui si sarebbe spartito il territorio in Sicilia e avrebbe organizzato l’espansione a Roma, Milano, sul mercato tedesco. A Mazara del Vallo imponeva ad alcuni imprenditori di fornire il pesce a credito, intanto con importanti pregiudicati messinesi e perfino con un boss italo-americano, Lorenzo De Vardo, di stanza a New York e noto fin dai tempi del maxi processo di Palermo, mirava all’avvio di importanti iniziative economico-commerciali.

Una mafia fattasi impresa che giorno dopo giorno assorbe con violenza ogni forma di attività economica lecita.