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Da Dell’Utri a Cuffaro, i condannati per mafia e le elezioni a Palermo

Da Dell’Utri a Cuffaro, i condannati per mafia e le elezioni a Palermo

Aaron Pettinari 20 Maggio 2022

Nel capoluogo siciliano è bagno di folla per “Vasa vasa”. Ma c’è chi non ci sta

“Noi siamo un Paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni. Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero”.
Quanto sono reali e concrete oggi, a trent’anni dalle stragi di Capaci e via d’Amelio, le parole di un libero pensatore come Pier Paolo Pasolini. 
Nei suoi scritti corsari dell’anno 1975 aveva perfettamente compreso che “i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili” e che se il popolo avesse memoria imparerebbe “che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale”. 
Nel 2022 vengono messe in discussione le leggi partorite dopo le stragi per il contrasto contro le mafie.
Nel 2022 la Sicilia (che è da sempre il laboratorio politico per eccellenza che si proietta a livello Nazionale) è tornata protagonista della politica.
Ed il dramma gattopardesco del “tutto cambia affinché nulla cambi” si manifesta nel aberrante ritorno di Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro nello scenario della politica.
Due condannati per mafia (il primo per concorso esterno in associazione mafiosa, il secondo per favoreggiamento) che si sono spesi in primissima persona per appoggiare la candidatura a sindaco per il centrodestra dell’ex magnifico rettore Roberto Lagalla. 
I soliti garantisti, come Giovanni Fiandaca (parliamo di un soggetto che è persino arrivato a legittimare la trattativa Stato-mafia perché si salvavano vite umane, pur consapevole che la storia ha dimostrato il contrario), sosterranno che la Costituzione riconosce a entrambi il diritto di esprimere liberamente le loro idee politiche dopo avere scontato la pena.
Seppur ciò è vero resta lo scandalo di una politica incapace di rifiutare ogni rapporto con la mafia o con chi, in questo caso, è stata in stretti rapporti con essa.
Ieri a Palermo per Cuffaro, in occasione della presentazione della lista della Nuova Democrazia Cristiana, al Multisala Politeama di Palermo, c’è stato un vero e proprio “bagno di folla”.
Lagalla era lì, in prima fila, accanto a “Vasa Vasa”, con il quale si è stretto in un abbraccio.
Assieme hanno recitato un copione dopo le polemiche che in questi giorni li hanno visti al centro del ciclone. Da Alfredo Morvillo a Maria Falcone, passando per tanti altri familiari vittime di mafia hanno evidenziato lo scandalo.
La risposta è stata un grido, ripetuto tre volte dai presenti in sala: “la mafia fa schifo”. E poi ancora: “Chiunque venga con richieste irricevibili sarà messo alla porta a calci in culo!”, perché “noi siamo senza sé e senza ma contro la malavita organizzata”.
A parole la mafia farà loro schifo, vien da dire, ma il sostegno di certi pregiudicati resta un buon biglietto da visita non indifferente per chi non ha bisogno di molte parole per capire.
Lagalla si è giustificato in questi giorni asserendo che Cuffaro ha “ammesso i suoi errori”. “Ha scontato la pena prevista dalla legge – ha aggiunto scomodando la propria “fede”- se non venissi incontro con il perdono a una persona che sta seguendo un percorso di riabilitazione non porterei onore alla religione cattolica che professo convintamente”. 
Purtroppo, però, il punto non è la religione che si professa. Ma è una questione di etica e di morale.
Cuffaro, infatti, ha semplicemente scontato la propria pena, ma non ha veramente ammesso i propri errori. Altrimenti non avrebbe presentato un ricorso  alla Cedu (la Corte europea dei diritti dell’uomo, ndr) per esaminare il suo caso e non conviterebbe la speranza di un “processo di revisione” rispetto la propria condanna.
E pesa ancor di più il silenzio del candidato sindaco del centrodestra dopo le dichiarazioni di Dell’Utri.
L’ex senatore di Forza Italia è stato il primo a indicare in Lagalla, che era stato assessore alla Sanità di Cuffaro, il candidato ideale per fare il sindaco di Palermo.
Ed è un dato di fatto che dopo l‘endorsement di Dell’Utri (a tutt’oggi indagato a Firenze assieme a Berlusconi come mandante delle stragi del 1993) l’intera coalizione – pure i renziani senza simbolo – si è unita sul suo nome. Lega e Forza Italia prima hanno presentato un altro candidato (Cascio), poi l’hanno fatto ritirare.
Tace Lagalla sul punto.
Segno, evidentemente, che non vi è alcun imbarazzo nel ricevere appoggio da chi, come dice una sentenza definitiva, è stato il garante e primo artefice di un patto intervenuto tra l’allora imprenditore Berlusconi e Cosa nostra.
E allora tornano in mente le parole di Paolo Borsellino quando in un incontro del 1989 con alcuni studenti di Bassano del Grappa parlò in maniera chiara del rapporto maleodorante tra mafia e politica invitando proprio i partiti politici ad assumersi la responsabilità “facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti anche se non costituenti reati”. 
Addirittura, nel caso di specie, siamo di fronte a soggetti che sono stati definitivamente condannati.
Come disse il magistrato Nino Di Matteo qualche tempo addietro è chiaro che sia Cuffaro che Dell’Utri hanno il diritto di esprimere le loro opinioni. Del resto entrambi sono interdetti da pubblici uffici, quindi non possono assumere in prima persona incarichi politici o incarichi pubblici. Ma ciò che fa specie è l’accettazione di questa situazione come normale. E le immagini viste a Palermo dimostrano come il percorso di rimozione della storia e della memoria nel nostro Paese, complice anche un’informazione sempre meno attenta ai fatti, abbia raggiunto una grande fetta degli italiani. Per fortuna non tutti.
Lo dimostrano i manifesti elettorali fasulli apparsi questa mattina nel capoluogo siciliano con le scritte: “Forza Mafia”, “Make mafia great again” e “Democrazia collusa”.
Una provocazione, rivendicata dal collettivo artistico Offline CorporationLo dimostra il corteo giovanile organizzato a Palermo dal Movimento Culturale Our Voice e da Contrariamente, proprio per il prossimo 23 maggio. Perché la lotta alla mafia è un impegno che riguarda tutti e va preteso specie dalle nostre istituzioni.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani

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fonte:https://www.antimafiaduemila.com/home/mafie-news/309-topnews/89699-da-dell-utri-a-cuffaro-i-condannati-per-mafia-e-le-elezioni-a-palermo.html