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CSM: il ddl sul processo breve é anticostituzionale

Il ddl sul processo breve è incostituzionale, viola la Convenzione Ue, e apre la strada a una vera e propria amnistia processuale per molti reati gravi. E’ quanto sottolinea la sesta Commissione del Csm nel parere redatto ieri e che verra’ discusso in plenum lunedi’.

In particolare, la normativa n contraddizione o comunque non conforme con quanto sancito dagli articoli 24 e 111 della Costituzione Italiana e dall’articolo 6 della Convenzione Ue. Lo i. “La fissazione di un termine perentorio per il compimento dei singoli gradi di giudizio, che produce l’effetto di estinguere il processo – si legge nel parere – non considera adeguatamente la previsione costituzionale del giusto processo in senso oggettivo, giacche’ il nuovo strumento privilegia il rispetto della rapidita’ formale fissata con scansione temporale rigida, non curandosi della necessita’ che il processo realizzi appieno la funzione cognitiva che lo caratterizza”.

“Il diritto consacrato dall’articolo 6 dalla Convezione Ue e prima di essa gli articoli 24 e 111 della Costituzione, e’ innanzitutto che il processo ci sia e che sia un processo che si concluda con una decisione di merito” sottolineano i consiglieri.

Non solo: secondo la VI commissione del Csm ci sono anche violazioni dell’articolo 112 della Costituzione che impone al Pm l’obbligo dell’esercizio dell’azione penale e quindi la cosiddetta ‘prescrizione processuale’ significa solo determinare “di fatto le condizioni per rendere impossibile l’accertamento processuale per intere categorie di gravi reati” sia per processi pendenti sia per processi futuri.

La norma transitoria del ddl sul processo breve che prevede l’applicazione delle nuove norme anche ai procedimenti in corso nel primo grado di giudizio, si legge ancora nel documento, ”assume i caratteri di un’inedita amnistia processuale con riferimento ad intere categorie di reato non prive di considerevole gravita”’.

I consiglieri scrivono che inserire per i processi in corso direttamente i nuovi termini di estinsione, ”si traduce nella cancellazione immediata e prematura dei dibattimenti interessati i quali non erano stati tarati per potersi concludere entro il termine imposto”.

Per il Csm la scelta di riservare le nuove norme al solo giudizio di primo grado ”genera un’inspiegabile disparita’ di trattamento tra i soggetti interessati e riserva ad una categoria di imputati e parti civili, casualmente identificati in base alla fase in cui si trova il loro processo, il diritto alla celerita’ processuale che dovrebbe essere viceversa garantito a tutti”.

Il ddl inoltre, assieme alla legge ex Cirielli, rischia di azzerare i processi per corruzione aggiunge la Sesta Commissione del Csm. “L’intreccio tra i due sistemi prescrizionali, l’uno con un periodo breve per l’estinzione del reato e l’altro che prevede un termine breve per la conclusione dei processi – si legge nel parere – rischia di vanificare ogni sforzo nella lotta alla corruzione, reato che assai gravemente incide sulla correttezza della pubblica amministrazione, sulla tenuta del bilancio pubblico e sull’affidabilita’ economica del Paese”.

E come se non bastasse, tutto cio’ “non e’ conforme alla tendenza espressa dalle fonti sovranazionali”, quali la Convenzione Onu contro la corruzione, adottata nel 2003: la ‘ratio’ l’articolo 29 contenuto in essa, infatti, e’ quella “di garantire l’effettiva celebrazione dei processi in materia di corruzione”.

I consiglieri del Csm puntano infine il dito contro le contraddizioni e ingiustizie che il ddl introduce per gli immigrati. Nel parere infatti si giudica “discutibile” la “parificazione fra le ipotesi di delitto punite assai gravemente con le contravvanzioni in genere e, in particolare, con quelle in materia di immigrazione”. “E’ difficile cogliere la coerenza e razionalita’ di una siffatta selezione delle fattispecie penali se si prescinde dalla gravita’ e tipologia della pena prevista dalla legge”. Lo stesso legislatore, del resto “solo pochi mesi fa ha configurato il reato di immigrazione clandestina come una contravvenzione punibile con la sola ammenda, per il cui accertamento e’ stato introdotto un apposito percorso ‘accelerato’ dinanzi al giudice di pace sul presupposto che esso sia di agevole accertamento e che, stante la pena prevista, non desta un particolare ‘allarme sociale'”. Il Csm ricorda, nel sottolineare “l’incoerenza e l’irragionevolezza dell’intervento”, l’esclusione dal novero dei reati per i quali non si applica il nuovo istituto del reato di maltrattamenti in famiglia (tranne nei casi in cui provocano lesioni gravissime o la morte), di stalking, degli omicidi derivanti da colpa professionale (le cosiddette colpe mediche).

Il parere evidenzia infine che non vi e’ “alcun dubbio che occorrerebbe una maggiore razionalizzazione del catalogo dei reati inclusi ed esclusi dall’applicazione della ‘prescrizione processuale’, operata guardando alla gravita’ dei reati considerati e alla coerenza del sistema”.

(Tratto da Contro la Crisi)