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Crotone calcio, chiesti due anni e sei mesi per il presidente Vrenna. L’accusa: intestazione fittizia di beni

Il Fatto Quotidiano, Sabato 17 Settembre 2016

Crotone calcio, chiesti due anni e sei mesi per il presidente Vrenna. L’accusa: intestazione fittizia di beni

Per la Dda di Catanzaro, il rischio di vedersi sequestrare dall’Antimafia il suo impero avrebbe indotto l’imprenditore, a mettere in atto operazioni societarie e commerciali volte ad attribuire fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di quote societarie e beni

di Lucio Musolino

Due anni e sei mesi. Tanto, secondo il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Domenico Guarascio, dovrebbe fare di carcere il presidente del Crotone Calcio Raffaele Vrenna, accusato di intestazione fittizia per aver tentato di scongiurare il sequestro delle sue società quando era sotto processo per associazione mafiosa, estorsione, corruzione e voto di scambio nell’ambito dell’inchiesta “Puma”. Un’inchiesta che, per lui, si concluse con un’assoluzione definitiva ma il rischio di vedersi sequestrare dall’Antimafia il suo impero lo avrebbe indotto, secondo la ricostruzione degli inquirenti, a mettere in atto operazioni societarie e commerciali volte ad attribuire fittiziamente ad altri la titolarità o la disponibilità di quote societarie e beni.

Al termine della requisitoria, il pm Guarascio ha chiesto 2 anni e 6 mesi di reclusione anche per il fratello, Giovanni Vrenna, e un anno e 8 mesi per l’ex procuratore di Crotone Francesco Tricoli a cui il presidente della squadra di Serie A aveva affidato la gestione del trust per la sua holding. All’epoca, stando alle indagini, la scelta di ricorrere al magistrato, appena andato in pensione (e la cui moglie era la segretaria personale di Vrenna), sarebbe stata finalizzata a eludere eventuali misure patrimoniali antimafia. Assieme al fratello Giovanni, infatti, l’imprenditore crotonese era il proprietario della Sovreco SpA che aveva partecipazione diretta al capitale sociale di altre sei società miste nel settore dei rifiuti. Era titolare, inoltre, della società Mida. Con un atto notarile, Vrenna avrebbe attribuito in maniera simulata azioni e quote, per un valore di oltre 5 milioni di euro, stabilendo che ogni beneficio economico fosse diviso a favore della moglie e delle due figlie.

In realtà, secondo la Procura distrettuale, Raffaele Vrenna aveva mantenuto la disponibilità e la proprietà “occulta” del suo impero affidandone la gestione all’ex procuratore Tricoli. Un tentativo di ostentare trasparenza al quale la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro, oggi guidata dal procuratore Nicola Gratteri, non ha creduto. Le indagini hanno fatto il resto, consentendo ai pm della Dda di trascinare il patron del Crotone un’altra volta sul banco degli imputati. Il processo, adesso, è stato rinviato al 16 novembre quando sono previste gli interventi della difesa e la sentenza del Tribunale di Catanzaro.