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Così parenti e familiari di ‘ndranghetisti ottenevano reddito di cittadinanza e buoni per la spesa Covid

Il Fatto Quotidiano

Così parenti e familiari di ‘ndranghetisti ottenevano reddito di cittadinanza e buoni per la spesa Covid

Due operazioni dei carabinieri hanno portato alla denuncia in totale di 185 persone. Tutti, adesso, sono accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche che, invece, dovevano essere destinati alle famiglie in difficoltà

di Lucio Musolino | 7 DICEMBRE 2020

Non erano cittadini che avevano realmente bisogno di soldi o persone alle quali mancavano 100 euro per fare la spesa o acquistare beni di prima necessità. Piuttosto familiari di elementi di spicco della ‘ndrangheta che conducevano uno stile di vita tutt’altro che indigente. Come il personaggio della mitologia greca il cui supplizio è consistito nell’avere per sempre una fame e una sete impossibili da placare, Tantalo è il nome scelto dai carabinieri per l’operazione nell’ambito della quale 135 persone sono state denunciate alla Procura di Locri per aver percepito illegittimamente i “buoni spesa covid-19”. Tutti, adesso, sono accusati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche che, invece, dovevano essere destinati alle famiglie in difficoltà. Circa un terzo dei denunciati, inoltre, “risulta avere legami di parentela con soggetti appartenenti a ‘ndrine o a famiglie di interesse operativo”. A San Luca ci sono i familiari dei Pelle “Vanchelli”, i Vottari “Frunzu” e gli Strangio “Jancu”. Ad Africo, invece, i parenti dei boss della cosca Morabito-Bruzzaniti-Palamara. Sono loro che, stando agli accertamenti eseguiti dai carabinieri, si sarebbero procurati, senza averne titolo, un ingiusto profitto derivante dalla indebita percezione dei cosiddetti “buoni spesa covid-19”. Si tratta del contributo erogato, durante il primo lockdown, direttamente dai Comuni e che doveva servire per acquistare alimenti, farmaci e altri beni di prima necessità.

Per poter accedere ai buoni, nelle domande presentate alle amministrazioni comunali, gli indagati hanno dichiarato informazioni non corrispondenti al vero. Alcuni hanno attestato falsamente la propria residenza o l’indicazione dei componenti del nucleo familiare. Altri hanno nascosto di ricevere, nello stesso periodo, sussidi sociali come il reddito di cittadinanza, l’indennità di disoccupazione, periodi retribuiti di malattia dei ‘braccianti agricoli’, pensioni di invalidità e l’indennità di maternità. Tutto per non superare la soglia di reddito che avrebbe impedito ai 135 denunciati di ottenere il “buono spesa covid-19” che, nei Comuni della Locri, è stato chiesto da quasi 900 persone.

Incrociano i dati dell’Inps, di alcuni istituti bancari e le informazioni in possesso delle forze di polizia, i carabinieri hanno scoperto che la metà dei 135 indagati risiede a San Luca. Tra chi ha incassato il buono spesa c’è pure un sorvegliato speciale di pubblica sicurezza che già era percettore del reddito di cittadinanza. Ma anche la sorella di un latitante, che mentre percepiva il contributo statale per le famiglie indigenti, ha sottoscritto buoni fruttiferi per il valore di 7mila euro. Complessivamente, secondo i carabinieri, le somme indebitamente percepite hanno comportato un danno erariale pari a oltre 21mila euro.

È molto più alto, invece, il danno erariale (357mila euro) scoperto con l’operazione “Jobless Money 2” nella Piana di Gioia Tauro dove i militari dell’Arma hanno denunciato 50 soggetti ritenuti percettori irregolari del reddito di cittadinanza. Molti di questi sono familiari di elementi di spicco della cosca Bellocco-Pesce di Rosarno, ‘ndranghetisti già condannati per associazione mafiosa e figure apicali del clan. Tra i denunciati ci sono donne che, intenzionalmente, avevano omesso di segnalare agli enti competenti all’erogazione del reddito di cittadinanza ma anche la presenza, all’interno del proprio nucleo familiare, di soggetti detenuti e boss, gravati da misure cautelari personali e condannati per ‘ndrangheta. Il sistema è sempre quello delle false attestazioni riguardo la residenza e l’effettivo reddito familiare. Basta pensare che i carabinieri hanno scoperto casi di familiari conviventi che percepivano distintamente il reddito di cittadinanza. Se non fossero intervenuti gli accertamenti e la richiesta del nulla osta all’interruzione del sussidio formulata alla Procura di Palmi, al danno erariale di 357mila euro si sarebbero dovuti aggiungere altri 127mila euro.