BRINDISI – Provata, ancora visibilmente turbata e sempre bellissima, l’onorevole Paola Balducci torna in aula per ricostruire i tragici istanti in cui perse la vita il compagno Lorenzo Necci, l’ex amministratore delegato di Ferrovie dello Stato travolto da un’auto mentre passeggiava in bicicletta lungo le strade di campagna che portavano al campo da golf di San Domenico, a Savelletri di Fasano, il 28 maggio del 2006. Lei vide tutto. Seguiva Necci a un passo, e assistette impotente alla tragedia, consumata in pochi attimi senza ritorno. Con la voce rotta dall’emozione Paola Balducci ha ricostruito la dinamica dell’incidente, senza sbavature, in perfetta coerenza con i consulenti tecnici chiamati in causa dalla procura, di fronte al giudice Genantonio Chiarelli chiamato a decidere dell’ipotesi di omicidio colposo a carico dell’imputato Donato Rodio, il 52enne fasanese che guidava il fuoristrada dal quale Lorenzo Necci fu investito.
Paola Balducci prima ancora dell’ingresso a palazzo Chigi, è un avvocato, eppure delle carte del fascicolo processuale intorno alla tragedia che ha dirottato il corso della sua stessa vita, non conosce nulla. “Sono trascorsi cinque anni – ha detto -, e ricordo lucidamente tutto come fosse ieri, ma è un ricordo che fa male, tanto che non ho mai voluto leggere nulla, non ne ho ancora oggi la forza”, con queste parole è iniziata la testimonianza della donna che era la compagna di vita di uno degli uomini più potenti della Prima Repubblica, craxiano di ferro, personaggio chiave dell’industria statale, dalla chimica alle Fs. Dopo Tangentopoli aveva scelto di ritirarsi a vita privata.
Un anno prima di morire era stato chiamato all’insegnamento dalla facoltà di Giurisprudenza dell’università salentina, e soggiornava pressoché sistematicamente nell’eremo incantato di masseria San Domenico. Paola Balducci lo accompagnava, quasi sempre, era con lui anche quella domenica mattina. “Avevamo già attraversato l’incrocio – ha raccontato l’onorevole – non prima di assicurarci che l’asfalto fosse sgombro, ma non c’era nessuno. Eravamo già oltre la linea di mezzeria quando un’auto a velocità forsennata ha travolto Lorenzo Necci. L’ho visto con i miei occhi, sbalzare sul parabrezza. Quando gli sono corsa incontro non respirava praticamente più”. Un silenzio pesante è piombato nell’aula prima che al racconto carico di emotività dell’onorevole cedesse il passo alle relazioni dei tecnici chiamati in causa dall’accusa e dalla difesa. Il quesito al vaglio del giudice Chiarelli sta tutto nella discettazione andata in scena ieri nella sezione distaccata del tribunale di Brindisi, a Fasano.
Se i tecnici chiamati in causa dal giudice per le indagini preliminari, gli ingegneri Luigi Mangialardi e Alfredo Bello, sostengono che quell’auto (omologata come “autocarro”) viaggiava ad una velocità di 120 chilometri orari, quindi almeno trenta chilometri all’ora oltre i limiti consentiti, tutt’altra è la versione di Angelo Nocioni. Quest’ultimo, consulente interpellato dall’avvocato Tommaso Barile, difensore dell’imputato, sostiene invece che la velocità della Range Rover a bordo della quale viaggiava Rodio accanto alla moglie, non superava i 70 chilometri orari. La stessa tesi sostenuta dal primo consulente interpellato dal pm, Sergio Carati, che ha parlato invece della possibilità di “un concorso di responsabilità” a monte del sinistro. E’ questa l’intricata matassa al vaglio del giudice.
La prossima udienza sarà dedicata all’ascolto dei consulenti tecnici delle parti civili, oltre alla compagna di vita Paola Balducci (avvocato Fabio Valenti), la moglie di Lorenzo Necci, Paola Marconi, la figlia Alessandra (avvocato Rosanna Lania), il figlio Giulio Andrea (avvocato Renato Borzone), il nipotino, figlio di Alessandra (avvocati Vittorio Virga e Cosimo Pagliara).
In attesa dell’epilogo del processo in corso, la procura della Repubblica di Brindisi ha aperto un altro fascicolo a carico di un uomo fino a qualche tempo senza volto e senza nome. E’ Giorgio Paolini, 63 anni, di Ceccano (Frosinone), indagato per il furto della valigetta dei documenti di Necci dalla stanza d’albergo a masseria San Domenico, subito dopo la morte dell’amministratore delegato di Fs. Enigma mai sciolto, ancora oggi, intorno alla misteriosa sparizione di alcuni documenti, dei quali Paolini potrebbe rendere conto da qui a breve nelle aule di giustizia del tribunale brindisino.
Sonia Gioia
(Tratto da Brindisi Report)