Cerca

Così la vittoria di Lega e M5S rivoluziona anche la magistratura

L’Espresso, 19 marzo 2018

Così la vittoria di Lega e M5S rivoluziona anche la magistratura

I partiti usciti vincitori dalle urne avranno un peso rilevante nella nomina dei membri laici del Csm. Ma non è l’unica forma di influenza che le toghe subiranno dalla politica

DI LIRIO ABBATE

E’ un’incognita il futuro della politica giudiziaria, che rischia anch’essa di essere attraversata dal vento del populismo. Forti del consenso ottenuto, i vincitori potranno esercitare la loro influenza sul Csm – che a luglio rinnova i consiglieri togati e poi quelli laici – e riscrivere il rapporto tra politica e magistratura. Con il ritorno del controllo politico sull’attività giurisdizionale di pm e giudici.

Per tentare di capire occorre procedere per gradi. Partiamo dai programmi. Il M5S sul Csm ha proposto che i componenti laici non debbano essere parlamentari. I grillini ritengono che sia giusto avere una componente laica nel Consiglio superiore, ma la vorrebbero slegata dalle dinamiche dei partiti. Lega e M5S hanno visioni diverse della magistratura e dell’organo di autogoverno.

Nell’attuale Csm i componenti laici provengono tutti dal Parlamento, tranne il professor Alessio Zaccaria, espresso dal Movimento. Il gruppo dei laici ha votato compatto in molte occasioni, come le nomine dei vertici delle procure di Palermo, Napoli e Milano a differenza di esperienze precedenti del Consiglio in cui i laici venivano “pilotati” dalle appartenenze partitiche e dalle diverse correnti della magistratura.

La proposta dei grillini è creare un’intercapedine istituzionale, tra le dinamiche politico-parlamentari e le scelte che riguardano la giurisdizione, con la creazione di un filtro. Per ora, è una idea isolata. La Lega prevede due Csm distinti per pm e giudici. E punta a rivedere i criteri per stabilire le priorità dell’azione penale.

L’interferenza più concreta e dannosa che la politica può esercitare è il trasferimento dei magistrati sgraditi. L’allarme, anche tra diversi consiglieri del Csm, è stato acceso da recenti occasioni in cui il Consiglio ha di fatto sdoganato procedimenti “pericolosi” per l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati. Di che si tratta? Dell’uso, a volte disinvolto, delle denunce per presunta incompatibilità ambientale del magistrato ai fini del suo trasferimento. Perché è pericoloso? Perché in futuro questo strumento ordinamentale potrebbe essere usato per liberarsi di giudici che emettono provvedimenti impopolari. Un esempio arriva da una storia della scorsa estate quando un gip del tribunale di Reggio Emilia, a cui il pm aveva chiesto l’arresto di un cittadino extracomunitario accusato di aver stuprato un ragazzino, ha mandato l’indagato ai domiciliari, perché ne ha ottenuto la confessione e in base a una ricostruzione della vicenda leggermente diversa da come l’aveva descritta l’accusa.

Scoppia il caso e tutti i sindaci, anche del Pd, firmano una petizione. E un esposto arriva al Csm in cui si chiede il trasferimento per incompatibilità ambientale del giudice. Il comitato di presidenza del Csm (Vice Presidente del Csm, Primo presidente della Corte di Cassazione e il Procuratore generale presso la Corte), si riunisce a fine agosto e stabilisce di acquisire il provvedimento del magistrato e manda il fascicolo alla prima commissione per la pratica di trasferimento. Tutto ciò cosa ci fa pensare? Lo strumento dell’allontanamento del magistrato con la procedura dell’incompatibilità ambientale da un posto ad un altro può essere esercitato in maniera impropria. Per contestare un provvedimento in modo giurisdizionalmente corretto esiste lo strumento dell’impugnazione. Non può essere un organo, anche se si tratta del Csm, a sbattere da un posto all’altro un giudice solo perché quella decisione non è politicamente “gradita”.

Nel caso di Reggio nel Plenum del Csm è scoppiata una battaglia che ha rimesso le cose a posto. Ma il rischio esiste. Si pensi se al Nord qualche magistrato dovesse emettere sul tema della legittima difesa provvedimenti che non sono in sintonia con lo spirito dei tempi agitato dalla Lega. Potrebbe rischiare la petizione popolare e quindi il procedimento per trasferimento. Lo spirito dei tempi dettato dal populismo, può rapidamente attaccare l’autonomia e l’indipendenza della magistratura.

I magistrati temono dalla politica interventi che si possono prestare a operazioni demagogiche.
«Il mio auspicio è che il nuovo Parlamento, la cui composizione come è noto è così complessa e inedita, si incarichi di preservare tutte le funzioni di garanzia e tra esse quelle che la Costituzione affida al Csm. E sono convinto che ciò accadrà», dice il vice presidente del Csm Giovanni Legnini.

I temi della giustizia sono molto delicati, e il populismo rischia di far saltare i meccanismi di controllo penale, con l’introduzione di manovre intimidatorie verso quei magistrati che toccano questioni ad alto contenuto politico.

C’è poi l’aspetto retributivo dei magistrati con i Cinque stelle che guardano al passato. La progressione in carriera che hanno in mente i grillini è un passo indietro rispetto all’assetto attuale. Ritengono che per fare i passaggi di carriera il magistrato debba svolgere effettivamente la funzione che gli è riconosciuta con la retribuzione. Oggi la toga che ha la qualifica di magistrato di Cassazione, per anzianità e valutazioni professionali, che continua a fare il giudice di primo grado, riceve lo stesso stipendio di chi esercita in Cassazione. Con la proposta di M5S si ritornerebbe al meccanismo di qualche decennio fa in cui si guadagna in virtù del ruolo che si svolge.

Si è parlato poco di giustizia in campagna elettorale ma se ne parlerà molto durante la legislatura. Il prossimo Csm avrà il compito di fare importanti nomine, come il procuratore di Roma, presidenti di Corte d’appello e procuratori generali e rinominare i vertici della Cassazione. Per il nuovo Consiglio sono già pronti i candidati: il giudice Piercamillo Davigo (Autonomia e Indipendenza); il pm romano dell’inchiesta “mafia Capitale” Giuseppe Cascini (Area) e il procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita (ancora Autonomia e Indipendenza). Sono i nomi più noti in pista per le votazioni di luglio. In tutto i consiglieri togati da eleggere sono 16: 2 della Cassazione, 4 pm e 10 giudici di merito.

Rispetto a quattro anni fa il numero complessivo dei candidati si è ristretto (si è passati da 25 a 20), ma come nel 2014 restano poche le donne in campo: sono solo 6, meno della metà degli uomini in lista. L’attesa è per il risultato di Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata da Davigo e da altri fuoriusciti da Magistratura Indipendente, sui quali puntano molti esponenti a 5 stelle.